sabato 26 aprile 2025

Gestire l'ansia

Quante volte capita di sentir dire frasi come queste: vorrei una tecnica per gestire l'ansia oppure adesso ho imparato a gestire l'ansia. Cosa significa gestire l'ansia? Tenere a bada, sapere in qualche modo arginare e moderare, non esserne in balia, sapersi difendere da questo sentire così impervio? Casomai per non subirne l'assalto e per non andare in ambascia e in confusione ci si avvale di un lavoro fatto in psicoterapia che all'ansia ha trovato una (presunta) causa o che ha chiarito che è una risposta disfunzionale, frutto di errata visione e percezione, cui non dare perciò peso, seguito e credito, perchè si tratterebbe di una sorta di errore del sentire, di un sentire senza senso e privo di valido motivo, da cui si può solo trarre danno, un sentire che in modo diverso dovrebbe declinarsi per essere funzionale e sano. Insomma l'ansia, questa voce del proprio sentire rimane in ogni caso una minaccia da cui difendersi, una distorsione da non drammatizzare e da imparare possibilmente a smontare e comunque a tenere sotto controllo. Il proprio sentire rimane dunque sotto vigilanza, anzi sotto diffida. Che questo confermi la separazione e la tenuta a distanza e sotto giudizio delle espressioni della propria vita interiore, che riconfermi la non unità del proprio essere, il predominio della parte conscia di cui, con la sua strumentazione di pensiero razionale e di volontà, soltanto ci si fida, su cui si fa conto  per capire e per indirizzare il proprio procedere, di cui ci si può avvalere per non cadere nella temuta trappola dell'esposizione al proprio sentire, soprattutto quando, a proprio giudizio, rischia, con l'ansia che sale, col malessere interiore, di sballare, tutto questo pare ben voluto e più che accettabile. A ben vedere non sembra proprio una meraviglia vivere con una parte di se stessi che si continua a tenere sotto controllo, sul cui conto scatta con grande disinvoltura il discredito e il ripudio quando nelle sue proposte, tipo timidezza o insicurezza, è senza appello giudicata manchevole e inadeguata, a cui è concessa in generale solo una fiducia condizionata al suo dare conferma e soddisfacimento alle proprie attese. E' una fiducia condizionata e in bilico, che facilmente, come in presenza di ansia e di altre espressioni di malessere interiore, può saltare, tramutandosi in paura ostile e in necessità di alzare i muri, di mettere in atto difese, tecniche di tamponamento e di gestione, controffensive varie. La stessa psicoterapia è intesa e spesso di fatto si traduce nel tentativo o di correggere il presunto guasto, casomai cercandogli una presunta causa in qualche condizionamento negativo, in qualche manchevole o distorto contributo educativo o affettivo, oppure in qualche trauma patito che avrebbe sconvolto l'assetto interno. Insomma c'è sempre da mettere o da rimettere a posto le cose sul conto di una parte di sè, che a proprio giudizio, già quando sensazioni e stati d'animo inattesi e sgraditi si fanno strada, ancor di più quando il malessere ingrossa, sembra solo non funzionare come dovrebbe, fino a manifestare, sempre a proprio giudizio, anomalie più preoccupanti, fonte per sè solo di insidia e di danno, parte di sè che dunque va tenuta sempre a bada. E' ben accetto e ideale per sè questo stato del rapporto con se stessi, con una  parte tutt'altro che irrilevante del proprio essere? Se anzichè andare a cercare le distorsioni e i guasti, i malfunzionamenti nel proprio intimo, nel proprio sentire, si cominciasse a vedere, è proprio sotto il proprio naso, che se c'è una distorsione è proprio in questo stato del rapporto con se stessi eretto a norma? E' da confermare e da dare per scontata, all'occorrenza da difendere con le unghie e coi denti, anche con il ricorso a terapie ad hoc farmacologiche e non, o è finalmente da mettere in discussione e tutta da verificare la validità e l'ineluttabilità di questa condizione di convivenza armata con la parte di sè intima, così viva e presente nella propria esperienza e di cui in fondo non si conosce nulla, di cui si pensa solo che dovrebbe girare a favore e  non compromettere il proprio equilibrio (a ben vedere piuttosto fragile e precario) e il proprio quieto vivere? Se questa condizione, che definire di dissociazione nel proprio essere è più che appropriato, piace e si ritiene vada bene, si prosegua così, ma se comincia, aprendo uno spiraglio di vera riflessione, a apparire ai propri occhi tutt'altro che esaltante e tutt'altro che accettabile, allora il proposito di metterci mano può diventare ben più importante che dotarsi di capacità di gestire l'ansia e di altre tecniche e accorgimenti per tenere in valida efficienza l'armamentario di difesa e di protezione da minacce interne. L'intimo di sè, il proprio mondo interiore, questa parte del proprio essere che si rende continuamente vicina e presente nel sentire, nel sentire tutto senza distinzione e contrapposizione di positivo e negativo, di piacevole e spiacevole, nelle emozioni e  negli stati d'animo, nelle spinte che si avvertono, nei sogni, dove si riconosca di avere necessità e desiderio di conoscerlo, imparando, se per fare e sviluppare questo serve aiuto va cercato in chi abbia capacità di darne, a capirne linguaggio, a comprenderne le espressioni e le proposte, ansia inclusa, tutte da scoprire, da riconoscere nel loro insito e vero significato, in ciò che rivelano, mettendosi in ascolto, aprendo lo sguardo, evitando di mettere loro sopra ragionamenti, interpretazioni e spiegazioni, comunque improprie, che non c'entrano nulla, questa parte intima e profonda potrebbe rivelarsi essere tutt'altro che parte del proprio essere da tenere in subordine e da vigilare. Senza conoscenza non si può che rimanere fermi nel preconcetto e fare propria la logica della gestione e del controllo sulle espressioni e sulle proposte di una parte vitale del proprio essere, da cui si rischia di continuare a rimanere infelicemente disgiunti e lontani. Conoscere questa parte di sè tutt'altro che insignificante, con cui è innaturale e assurdo tenere in piedi un rapporto, che è un non rapporto, di diffidenza, di controllo e di pregiudizio, è decisivo. Quando si impara a entrarci in rapporto e ci si dà l'occasione di conoscere e di riconoscere in ciò che è per davvero questa parte di se stessi intima e profonda, si può scoprire quanto di prezioso e di utile sa trasmettere e donare a se stessi.

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