Le paure che si pongono in mezzo al proprio cammino
sembrano un inconveniente, una limitazione, uno spiacevole intralcio. Talora
sono prepotenti, non concedono di essere ignorate, di passare oltre. Se, come
spesso capita, l'auspicio è quello di liberarsene e l'obiettivo è considerato
di beneficio ovvio, i mezzi per provarci non mancano. C'è chi predica che le
paure vanno sfidate e superate, che non bisogna indietreggiare, che bisogna
combatterle perchè altrimenti ingigantiscono, diventano una barriera ancora più
forte. C’è chi dice che viceversa non bisogna dare loro peso, che il più
possibile vanno ignorate, aggirate. Ci sono proposte d'aiuto psicologico che
vorrebbero aiutare a tenere sotto controllo e poi a smontare e a abbattere le
paure, giudicate, in buon accordo con l’idea comune e con le attese di chi
cerca aiuto, irrazionali, senza valido motivo, dannose e disfunzionali, con
l'obiettivo di dare spazio a quello che è giudicato un più sano modo di
reagire, il tutto volto a favorire un più efficace e disinvolto procedere.
Tutto pare buono e convincente, ma il rischio di prendere cantonate è assai
elevato. Se le paure, anzichè essere reazioni emotive immotivate, abnormi e
stupidi intralci fossero invece stimoli e proposte intelligenti, se
intervenissero accortamente per segnalare un problema, per favorire sviluppi
assolutamente nuovi e importanti, che non coincidono con la ripresa fluida,
senza freni e paure, del movimento solito, ma con la presa in considerazione di
ben altro di cui è importante prendere consapevolezza, ecco che l'intervento
riparatore a mettere il più possibile a tacere le paure, superarle rischierebbe
di rivelarsi tutt'altro che benefico e corrispondente ai propri interessi. La
visione che spesso si ha di se stessi cui la stessa terapia, che sia
farmacologica o psicologica, in non pochi casi dà conferma rendendola scontata,
poggia sulla persuasione di essere inseriti in un modo di procedere valido,
normale, cioè a norma di ciò che pare valido per idea e prassi comune e perciò
fuori discussione, modo che va solo favorito, rendendolo casomai più efficace e
soprattutto libero da intralci, giudicati disturbo e anomalia da correggere,
perché non rechino danno. Ma capire cosa si sta facendo di se stessi e
verificare se nel modo di condursi ci si
sta davvero facendo fedeli interpreti di se stessi, se in ciò che si fa e per
cui ci si spende si sta favorendo la propria autentica realizzazione o
viceversa, correndo dietro e assecondando altro a cui si chiede e concede la
guida e la direzione delle proprie scelte, si sta deviando dai propri veri
scopi, è interesse e questione non di
poco conto, anche se non al centro delle proprie attenzioni e preoccupazioni
abituali. Capita che la necessità, non tanto di proseguire senza ostacoli la
corsa, ma di aprire gli occhi, di imparare a riflettere, che non significa
imbastire qualche ragionamento, ma guardare in volto ciò che si sta facendo e perseguendo,
prendendo visione nitida e trasparente, senza trucchi e false attribuzioni di
significato, senza letture di comodo e deformanti il vero, di ciò che si sta
facendo di e verso se stessi, di ciò da cui si è mossi nelle proprie scelte e
modi di porsi, con quali perchè e per quali scopi, sia ampiamente trascurata e
neanche intesa come importante. Rimettere in corsa il solito, dove ci fossero
intralci, freni o paure, tutte squalificate come disturbi e anomalie da
controllare e possibilmente da mettere a tacere, è la priorità riconosciuta,
condurre una verifica attenta e approfondita è invece necessità non
riconosciuta. In realtà ne va della propria sorte, dare privilegio alla
verifica non è un di più, un che di troppo e un sovraccarico inutile. Accade però che di questa necessità della
verifica attenta, perché ci sono rischi di proseguire non felicemente in
accordo con se stessi, più in linea con modelli e aspirazioni comuni che con
ciò che dentro se stessi vuole rendersi riconoscibile come scoperta autonoma di
significati e di valori, fondamento e leva di passione e di propositi di
realizzazione originali, che rischiano
di non essere coltivati, dunque di
rimanere sepolti, incompresi e
incompiuti, nella foga e tenacia di difendere e di far vivere ciò che è più in coerenza e in
accordo con altro, con la mentalità e la pratica più comune, che con se stessi,
di tutto questo, che, come detto, non è questione da poco, accade che sia
proprio la parte profonda a farsi interprete e voce. Accade allora che le paure
messe in campo dal profondo, paure dunque di origine interna e profonda, niente
affatto dettate o condizionate dall’ambiente, dall'educazione ricevuta, da
cattiva abitudine o da altro, siano richiami e forti stimoli a aprire gli
occhi, assolutamente intelligenti, espressione di una intelligenza, che risiede
nel proprio inconscio, che è ben altra e
che sa vedere ben oltre ciò che col ragionamento si è inclini a considerare e
si è capaci di intendere. Potremmo dire che la paura spiazza la mente
razionale, perchè sposta l’attenzione in una direzione insolita e ben diversa
da quella a cui si rivolge il consueto modo di pensare, di pensarsi. Parla fuori dalla logica abituale, ma non per
questo ciò che propone e sollecita, il modo in cui lo fa è illogico e senza
senso, privo di valido motivo e significato. E’ la mente razionale, di cui la parte
conscia tanto si fida e a cui si affida, che ha visione ristretta e intende e
concepisce valido e attendibile solo ciò che sta nei suoi circuiti di pensiero
abituali, ben confortati dal pensare comune. Vediamo un esempio. Se la paura
che insorge nello stare in luoghi aperti o affollati volesse interferire e
mettere in crisi e in discussione la tendenza e l’opzione solita di cercare
tutto fuori, bloccando e rendendo
insostenibile la tendenza a mettere
sempre in primo piano la ricerca di opportunità e di vita nello stare in connessione e in unità con gli
altri, per indurre a ripiegare su di sé per entrare in una diversa dimensione,
quella raccolta e appartata dell'incontro con se stessi, dell'ascolto della
propria interiorità, dove tanto o tutto di sè possa essere finalmente compreso
e scoperto, coltivato e fatto nascere e crescere, per non condurre avanti una
vita guidata e indirizzata da altro, senza contenuto e progetto propri, quanta
insensatezza e mancanza di valido motivo ci sarebbe in questa paura? Se, in risposta a questa paura, certamente
non piacevole in prima battuta, ma tutt’altro che assurda e contraria ai propri
interessi più veri, lo scopo che ci si dà fosse, come spesso accade, di
superare e vincere la paura, giudicata e prontamente liquidata come un
impedimento, come un fattore ostile ai propri interessi, come un segno di
eccessivo timore, di insicurezza cui porre e opporre rimedio, il rischio di
prendere una cantonata e di procurarsi più danno che utile sarebbe forte e
sonoro. Bisogna stare attenti a come ci si rapporta a ciò che vive dentro se
stessi. Le paure sono una espressione della propria vita interiore, i cui
svolgimenti non sono la risultante meccanica dell'agire di fattori e stimoli
esterni e di schemi appresi e abitudini e punto, ma sono orientati e alimentati
da una parte profonda, che sa quel che vuole, che, compensando la miopia della
parte conscia, sa premere con l'arma del sentire per indirizzare le cose in una
direzione non certo sciagurata. Purtroppo l'ignoranza, non poco diffusa, del
significato della vita interiore, del suo linguaggio, delle sue espressioni,
della presenza rilevante del profondo, del ruolo decisivo dell'inconscio
nell'indirizzare la vicenda interiore, del contributo fondamentale e
imprescindibile che può dare, dove si impari a ascoltarlo nei vissuti e nei
sogni, alla conoscenza di se stessi e alla conquista della propria autonomia e della
capacità di realizzazione autentica e non a rimorchio e a copia d’altro, conquista
di cui è continuamente stimolo e promotore, fa sì che si possano prendere
decisioni sul conto di esperienze interiori, anche molto difficili, ma
significative, come le paure, decisioni che paiono di validità e di bontà
scontate, sorrette da ragioni che paiono ovvie e inconfutabili, ma che
rischiano di essere vere e proprie cantonate, con conseguenze affatto
favorevoli a se stessi e alle possibilità di crescita personale vera. Spazzare
via una paura, perlomeno dirigere gli sforzi in questa direzione, può comportare
rimanere sordi al richiamo profondo, che interferisce per aprire nuove
possibilità, privandosi della occasione di intenderle e di coglierle, di
arricchirsi di ciò che potrebbe nascere da lì. Apparentemente, abbattendo la
paura come ostacolo o come limite, si crede di darsi più libertà e ampiezza di
respiro, in realtà si rischia di menomarsi, vincolandosi ancora più
strettamente all'unica idea e prospettiva di vita e di modo di procedere
conosciuto, non necessariamente corrispondente al proprio potenziale umano.
giovedì 10 aprile 2025
Le paure e le cantonate
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