giovedì 10 aprile 2025

Le paure e le cantonate

Le paure che si pongono in mezzo al proprio cammino sembrano un inconveniente, una limitazione, uno spiacevole intralcio. Talora sono prepotenti, non concedono di essere ignorate, di passare oltre. Se, come spesso capita, l'auspicio è quello di liberarsene e l'obiettivo è considerato di beneficio ovvio, i mezzi per provarci non mancano. C'è chi predica che le paure vanno sfidate e superate, che non bisogna indietreggiare, che bisogna combatterle perchè altrimenti ingigantiscono, diventano una barriera ancora più forte. C’è chi dice che viceversa non bisogna dare loro peso, che il più possibile vanno ignorate, aggirate. Ci sono proposte d'aiuto psicologico che vorrebbero aiutare a tenere sotto controllo e poi a smontare e a abbattere le paure, giudicate, in buon accordo con l’idea comune e con le attese di chi cerca aiuto, irrazionali, senza valido motivo, dannose e disfunzionali, con l'obiettivo di dare spazio a quello che è giudicato un più sano modo di reagire, il tutto volto a favorire un più efficace e disinvolto procedere. Tutto pare buono e convincente, ma il rischio di prendere cantonate è assai elevato. Se le paure, anzichè essere reazioni emotive immotivate, abnormi e stupidi intralci fossero invece stimoli e proposte intelligenti, se intervenissero accortamente per segnalare un problema, per favorire sviluppi assolutamente nuovi e importanti, che non coincidono con la ripresa fluida, senza freni e paure, del movimento solito, ma con la presa in considerazione di ben altro di cui è importante prendere consapevolezza, ecco che l'intervento riparatore a mettere il più possibile a tacere le paure, superarle rischierebbe di rivelarsi tutt'altro che benefico e corrispondente ai propri interessi. La visione che spesso si ha di se stessi cui la stessa terapia, che sia farmacologica o psicologica, in non pochi casi dà conferma rendendola scontata, poggia sulla persuasione di essere inseriti in un modo di procedere valido, normale, cioè a norma di ciò che pare valido per idea e prassi comune e perciò fuori discussione, modo che va solo favorito, rendendolo casomai più efficace e soprattutto libero da intralci, giudicati disturbo e anomalia da correggere, perché non rechino danno. Ma capire cosa si sta facendo di se stessi e verificare se nel  modo di condursi ci si sta davvero facendo fedeli interpreti di se stessi, se in ciò che si fa e per cui ci si spende si sta favorendo la propria autentica realizzazione o viceversa, correndo dietro e assecondando altro a cui si chiede e concede la guida e la direzione delle proprie scelte, si sta deviando dai propri veri scopi, è interesse e questione  non di poco conto, anche se non al centro delle proprie attenzioni e preoccupazioni abituali. Capita che la necessità, non tanto di proseguire senza ostacoli la corsa, ma di aprire gli occhi, di imparare a riflettere, che non significa imbastire qualche ragionamento, ma guardare in volto ciò che si sta facendo e perseguendo, prendendo visione nitida e trasparente, senza trucchi e false attribuzioni di significato, senza letture di comodo e deformanti il vero, di ciò che si sta facendo di e verso se stessi, di ciò da cui si è mossi nelle proprie scelte e modi di porsi, con quali perchè e per quali scopi, sia ampiamente trascurata e neanche intesa come importante. Rimettere in corsa il solito, dove ci fossero intralci, freni o paure, tutte squalificate come disturbi e anomalie da controllare e possibilmente da mettere a tacere, è la priorità riconosciuta, condurre una verifica attenta e approfondita è invece necessità non riconosciuta. In realtà ne va della propria sorte, dare privilegio alla verifica non è un di più, un che di troppo e un sovraccarico inutile.  Accade però che di questa necessità della verifica attenta, perché ci sono rischi di proseguire non felicemente in accordo con se stessi, più in linea con modelli e aspirazioni comuni che con ciò che dentro se stessi vuole rendersi riconoscibile come scoperta autonoma di significati e di valori, fondamento e leva di passione e di propositi di realizzazione originali, che rischiano  di  non essere coltivati, dunque di rimanere sepolti, incompresi  e incompiuti, nella foga e tenacia di difendere e di  far vivere ciò che è più in coerenza e in accordo con altro, con la mentalità e la pratica più comune, che con se stessi, di tutto questo, che, come detto, non è questione da poco, accade che sia proprio la parte profonda a farsi interprete e voce. Accade allora che le paure messe in campo dal profondo, paure dunque di origine interna e profonda, niente affatto dettate o condizionate dall’ambiente, dall'educazione ricevuta, da cattiva abitudine o da altro, siano richiami e forti stimoli a aprire gli occhi, assolutamente intelligenti, espressione di una intelligenza, che risiede nel proprio inconscio, che  è ben altra e che sa vedere ben oltre ciò che col ragionamento si è inclini a considerare e si è capaci di intendere. Potremmo dire che la paura spiazza la mente razionale, perchè sposta l’attenzione in una direzione insolita e ben diversa da quella a cui si rivolge il consueto modo di pensare, di pensarsi.  Parla fuori dalla logica abituale, ma non per questo ciò che propone e sollecita, il modo in cui lo fa è illogico e senza senso, privo di valido motivo e significato. E’ la mente razionale, di cui la parte conscia tanto si fida e a cui si affida, che ha visione ristretta e intende e concepisce valido e attendibile solo ciò che sta nei suoi circuiti di pensiero abituali, ben confortati dal pensare comune. Vediamo un esempio. Se la paura che insorge nello stare in luoghi aperti o affollati volesse interferire e mettere in crisi e in discussione la tendenza e l’opzione solita di cercare tutto fuori,  bloccando e rendendo insostenibile la tendenza a  mettere sempre in primo piano la ricerca di opportunità e di vita  nello stare in connessione e in unità con gli altri, per indurre a ripiegare su di sé per entrare in una diversa dimensione, quella raccolta e appartata dell'incontro con se stessi, dell'ascolto della propria interiorità, dove tanto o tutto di sè possa essere finalmente compreso e scoperto, coltivato e fatto nascere e crescere, per non condurre avanti una vita guidata e indirizzata da altro, senza contenuto e progetto propri, quanta insensatezza e mancanza di valido motivo ci sarebbe in questa paura?  Se, in risposta a questa paura, certamente non piacevole in prima battuta, ma tutt’altro che assurda e contraria ai propri interessi più veri, lo scopo che ci si dà fosse, come spesso accade, di superare e vincere la paura, giudicata e prontamente liquidata come un impedimento, come un fattore ostile ai propri interessi, come un segno di eccessivo timore, di insicurezza cui porre e opporre rimedio, il rischio di prendere una cantonata e di procurarsi più danno che utile sarebbe forte e sonoro. Bisogna stare attenti a come ci si rapporta a ciò che vive dentro se stessi. Le paure sono una espressione della propria vita interiore, i cui svolgimenti non sono la risultante meccanica dell'agire di fattori e stimoli esterni e di schemi appresi e abitudini e punto, ma sono orientati e alimentati da una parte profonda, che sa quel che vuole, che, compensando la miopia della parte conscia, sa premere con l'arma del sentire per indirizzare le cose in una direzione non certo sciagurata. Purtroppo l'ignoranza, non poco diffusa, del significato della vita interiore, del suo linguaggio, delle sue espressioni, della presenza rilevante del profondo, del ruolo decisivo dell'inconscio nell'indirizzare la vicenda interiore, del contributo fondamentale e imprescindibile che può dare, dove si impari a ascoltarlo nei vissuti e nei sogni, alla conoscenza di se stessi e alla conquista della propria autonomia e della capacità di realizzazione autentica e non a rimorchio e a copia d’altro, conquista di cui è continuamente stimolo e promotore, fa sì che si possano prendere decisioni sul conto di esperienze interiori, anche molto difficili, ma significative, come le paure, decisioni che paiono di validità e di bontà scontate, sorrette da ragioni che paiono ovvie e inconfutabili, ma che rischiano di essere vere e proprie cantonate, con conseguenze affatto favorevoli a se stessi e alle possibilità di crescita personale vera. Spazzare via una paura, perlomeno dirigere gli sforzi in questa direzione, può comportare rimanere sordi al richiamo profondo, che interferisce per aprire nuove possibilità, privandosi della occasione di intenderle e di coglierle, di arricchirsi di ciò che potrebbe nascere da lì. Apparentemente, abbattendo la paura come ostacolo o come limite, si crede di darsi più libertà e ampiezza di respiro, in realtà si rischia di menomarsi, vincolandosi ancora più strettamente all'unica idea e prospettiva di vita e di modo di procedere conosciuto, non necessariamente corrispondente al proprio potenziale umano.

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