sabato 31 dicembre 2022

A scuola dall'inconscio

E' convinzione comune che gli unici mezzi per consentire e per nutrire conoscenza e crescita personale siano quelli messi a disposizione dall'offerta culturale nelle sue svariate forme, che da se stessi nulla possa prodursi di accettabile e degno che non sia comunque nel solco di insegnamenti esterni. Si ignora la capacità che possiede il profondo di ognuno di promuovere, di guidare a formare e a sviluppare conoscenza e vera crescita personale assolutamente autonome e originali, oltre che di pregevolissima fattura. L'esperienza analitica, quando ben intesa come il luogo dell'incontro e del dialogo col proprio profondo, consente a chi la intraprenda di scoprire la capacità che ha l'inconscio di generare conoscenza e di condurlo a traguardi di consapevolezza e di crescita del tutto inattesi e inconcepibili prima dell’inizio del suo percorso di analisi. L'idea comune è che dall'inconscio possa solo venire la riproposizione di accadimenti personali, particolarmente di quelli dolorosi o traumatici, di verità omesse o rimosse, che comunque la struttura del discorso, il suo impianto logico e i codici di significato siano quelli che la parte conscia ha imparato già a apprendere e a utilizzare. Ci si aspetta che le scoperte possibili si iscrivano dentro un sapere già costituito, che gli siano corrispondenti. Si pensa ad esempio che le scuole di pensiero psicoanalitico, che i suoi maestri abbiano già chiarito e fissato verità che ogni singola esperienza analitica non farebbe che in qualche modo confermare. E' fatale che, se nel percorso analitico ci si avvale di schemi e di guide interpretative prese da sapere dato e da insegnamento di scuole, ciò che si andrà a scoprire non sarà che il risultato del rimbalzo nello sguardo di chi è coinvolto nella ricerca di simili schemi, sguardo irrigidito, oscurato e incapace di cogliere altro, di dare fedele seguito alla proposta originale dell'inconscio. E' un rischio non da poco e tutt'altro che infrequente. L'inconscio è genesi di pensiero, il più attento e calzante la conoscenza, unica e senza precedenti, di se stessi, il più evoluto e penetrante. L’inconscio non è, come spesso si pensa, parte poco evoluta o primitiva della psiche, non è parte segnata da automatismi o da risposte di limitato respiro e orizzonte, da spinte volte a cercare soddisfacimento immediato con incuranza per la complessità delle questioni e la realizzabilità delle cose, dove invece, sempre secondo la persuasione dei più, la capacità di cogliere il senso più ampio e di riconoscere la realtà e la realizzabilità sarebbe prerogativa della parte conscia. Semmai è vero che la parte conscia è abituata a stare dentro una visione data e conforme al pensato comune e abituale, che pretende di definire come reale e realizzabile solo ciò che è interno a quel modo imperante di pensare. L'inconscio è volontà e capacità di disvelare il vero, di rendere riconoscibili, rompendo ogni illusione e spiegazione di comodo, i vincoli, i veri motivi e le implicazioni dei propri  modi di procedere abituali, di portare a vedere con i propri occhi e alla radice, valendosi come guida e traccia viva del sentire, che l’inconscio orienta e dirige,  il perché e il significato autentico di ogni propria espressione e movimento dentro l’esperienza, affrancando lo sguardo dal preconcetto, dalla tendenza a ignorare ciò che risulta scomodo, dalla inerzia e dalla dipendenza dal pensiero scontato e preso in prestito. La capacità di visione dell'inconscio circa le questioni e i nodi della propria vita, circa ciò che va rimesso in discussione e circa ciò che originalmente proprio va invece coltivato e fatto crescere, è straordinariamente più affidabile, lungimirante e valida di qualsiasi idea e iniziativa che la parte conscia possa mettere in campo, di qualsiasi spiegazione o guida desumibile, che si possa prendere da insegnamento esterno. L'inconscio è maestro autorevole. L’esperienza del sentire, di emozioni,  di spinte e di stati d’animo, che vivono e che si susseguono dentro ognuno, che, come dicevo, è orientata e plasmata dall’inconscio, è terreno vivo e base sicura di scoperta del vero, un terreno da cui il pensiero razionale è abituato a tenersi lontano e su cui ha pretesa, senza disciplinarsi all’ascolto, di agire, confezionando tesi e spiegazioni che finiscono per farlo rigirare su se stesso e sulle sue convinzioni di comodo, per fargli ripetere e ricombinare stereotipi di significato, presi da uso corrente. I sogni sono la migliore testimonianza delle capacità, dell’affidabilità e dell’autorevolezza dell’inconscio. I sogni sono capolavori di intelligenza, sono il riscatto della propria capacità di pensiero, non istruito e conforme a nulla di comunemente inteso o da altri concepito, sia pure da personaggio o da pensatore insigne. Il percorso analitico, parlo di quello che conosco, che propongo e di cui faccio fare esperienza da quarant'anni, non poggia su nulla che non sia la guida di ricerca e l'alimento del pensiero che viene dal profondo. Non c'è episodicità, ma forte nesso e continuità tra i sogni, che, passo dopo passo, guidano il percorso di conoscenza di sè e di trasformazione e crescita personale. A scuola dal proprio inconscio è possibile sviluppare un pensiero dentro cui ci si ritrova, in cui pensato e sentito concordano pienamente, di cui si comprende via via ogni passaggio. Niente a che vedere con l'apprendimento scolastico convenzionale, con la conoscenza comunque mutuata da letture e da studi, è una conoscenza, questa sostenuta e alimentata dall’inconscio, tutta di produzione propria e originale, tutta farina del proprio sacco. Nulla di ingenuo o di parziale, l'insegnamento dell'inconscio è di qualità eccellente. L'inconscio non concede salti, è meticoloso nel portare a verifiche, nel condurre a illuminare il campo della propria ricerca senza omissioni di comodo. L'inconscio è il miglior maestro possibile e meravigliosamente lo si può trovare dentro se stessi.

giovedì 8 dicembre 2022

Significato e valore dei sogni

Il significato dei sogni  è generalmente frainteso, il loro valore, ciò che sanno dire e dare, è ampiamente sottovalutato. La parte profonda della nostra psiche ha una capacità di sguardo sulla nostra esperienza e di elaborazione di ciò che racchiude e implica, che non ha pari e corrispondenza nella elaborazione e nella modalità di sguardo e di pensiero della nostra parte conscia. I sogni non sono residui e tracce in ordine casuale e sparso di esperienze diurne, non sono fantasiose creazioni, non solo incuranti di rispettare la logica e la coerenza dei processi di pensiero razionali, ma pure senza pretesa e capacità di puntuale e approfondita ricerca di significati e di verità. Al contrario i sogni sono l'espressione di una capacità di osservazione e di approfondimento senza pari. Non c'è approssimazione, non c'è salto logico, c'è viceversa nei sogni minuzia e completezza di analisi dell'esperienza, di ricerca rivolta a capire noi stessi, capacità di individuare e di dare risalto ai nodi e alle questioni cruciali e vere, che, quando adeguatamente compresa e onorata, non può che suscitare ammirazione fortissima oltre che sorpresa. I sogni sono la guida insostituibile in un percorso di analisi, sono il veicolo della conoscenza, rigenerano su basi fondate e affidabili, senza forzature e manipolazioni indebite e di comodo, il pensiero di chi ha scelto di aprirsi alla ricerca della verità di se stesso. Rompono l'abitudine al pensiero senza contatto e fedele corrispondenza col sentire, all'impiego di attribuzioni di significato prese dall'uso comune e il cui credito deriva non da scoperta e da verifica proprie ma da consuetudine e da garanzie date da autorità altra da sè, per condurre a vedere su base viva e di esperienza vissuta, a conoscere con scoperte di significato fondate e interamente riconosciute con i propri occhi alla radice e verificate. I sogni sono guida maestra di pensiero, nascono da una matrice di umano, il più evoluto, che portiamo dentro di noi, che non rinuncia mai a aprire gli occhi e a voler far vivere espressione genuina e originale di ciò che ci è connaturato e possibile. I sogni lavorano per riscattarci da visione opaca e contraffatta, da modi di intendere la nostra vita all'insegna dell'adattamento e del passivo impiego di ciò che è comune e già concepito, confondendo la nostra realizzazione con la capacità di percorrere strade già segnate e di comune credito. I sogni sono l'espressione della spinta insopprimibile, che profondamente ci appartiene, a cercare di comprendere e a far vivere il nostro, senza rinuncia a avvicinare e a prendere visione anche di ciò che può risultarci scomodo vedere. I sogni sono anima saggia e intelligente, che ci dà occasione di prendere contatto con la vita vera, di rendere vivo e sentito il valore dell'intesa con noi stessi, della scoperta fatta con le nostre forze e con i nostri occhi e del far nascere creatura di pensiero e di progetto nostri, ben più appassionanti e di pregio della gratificazione di apparire bravi o meritevoli agli occhi altrui. I sogni sono maestri di umanità vera e matura.

sabato 3 dicembre 2022

Confrontarsi con la crisi

 L  La scelta più deleteria, quando si è alle prese con sofferenza e crisi interiori, è porsi da subito in combattimento con quanto interiormente si sta provando, che, anche se spiacevole, debilitante e compromettente la propria consueta modalità di procedere, non per questo è una calamità, un che di ostile a sè e di nocivo. Tutto interiormente prende forma in un modo niente affatto inconsulto, il sentire pur doloroso e arduo, non è la conseguenza o l’espressione di un meccanismo guasto. C'è una parte intima e profonda del nostro essere che ha consapevolezza di quanto si debba capire e trasformare di se stessi. Questa parte di se  stessi ha capacità di visione ben superiore e più lucida di quella messa a disposizione dalla parte razionale, cui in genere ci si affida per la formazione dei propri abituali convincimenti e modi di pensarsi e di pensare. Le crisi non si aprono mai per caso, sempre hanno una necessità d'essere e perseguono uno scopo di cambiamento assolutamente utile, oltre che indispensabile. Si ignorano in genere il significato e lo scopo degli eventi interiori, non solo nella mentalità comune, ma anche in quella di non pochi terapeuti, pronti da subito a aggredire l'esperienza interiore sofferta e disagevole come fosse una patologia da sanare e comunque un ostacolo da superare e non un fermo invito a avvicinarsi a se stessi, a conoscersi, a ripensarsi, a portare a compimento un processo di crescita personale sinora ignorato o malinteso come semplice adattamento e allineamento a schemi e parametri comuni. Ognuno ha necessità di trovare le proprie ragioni d'esistenza, le proprie risposte, il proprio modo di vedere e di concepire la propria vita, pena il rischio di perdersi nell'apparentemente buono e giusto delle strade già segnate dalla cosiddetta normalità. Entrare creativamente nella propria crisi interiore, imparare a capire cosa il proprio sentire dice, mettersi in contatto e in dialogo con la propria interiorità, capace di dare, di dire e di comunicare tanto di utile e prezioso, sia attraverso le emozioni, gli stati d’animo, non importa se difficili e poco piacevoli, che attraverso i sogni, sorgente di pensiero e guida di ricerca e di scoperta del vero di formidabile intelligenza e affidabilità, anzichè combatterla come fosse presenza ostile, inaffidabile e malata con farmaci e quant'altro, cominciare a fidarsi, a trovare intesa con il proprio intimo, scoprire che la crisi si è aperta per dare opportunità e non per toglierne, è cammino non facile da percorrere in cui serve un aiuto valido e capace. Curare, aiutare l'altro a prendersi cura di sè per favorire l'incontro e l’intesa con se stesso, con la parte intima e profonda di se stesso che inizialmente mette in crisi il procedere solito per aprire una stagione di cambiamento è una cosa, curare per spegnere e zittire ciò che interiormente è considerato anomalo e nocivo, per riportare allo stato solito, da cui è nata la crisi e l'urgenza di un profondo rinnovamento, è tutt’altra cosa. Questa seconda modalità di cura, purtroppo non poco diffusa, rischia di creare divisione con se stessi, di alimentare e rafforzare sfiducia nel proprio intimo, vissuto come meccanismo guasto, oltre che impedire di raccogliere tutto il nuovo e il positivo che il cambiamento sollecitato e innescato dalla crisi interiore vorrebbe produrre. Entrare dunque nel confronto e nel dialogo con se stessi, compiere il cammino di ricerca, di scoperta del vero e di trasformazione guidato dal proprio profondo, facendosi aiutare per questo scopo, per uscire più forti e coesi con se stessi, arricchiti di ciò che la crisi ha saputo promuovere, questo è possibile oltre che auspicabile.

martedì 2 agosto 2022

Cosa ti stai facendo?

Alle prese con un'esperienza interiore critica e sofferta, sembra che tu ti rapporti alla parte intima di te stesso, al tuo sentire come se fosse una cosa estranea, un oggetto da tenere a bada, persino da temere e da combattere e non l'espressione più autentica e la voce più profonda del tuo essere da avvicinare e ascoltare. Impegnato a cercare qua e là qualche spiegazione, accorgimento o stratagemma per riuscire a contrastare il tuo sentire, a liberartene in ciò che di disagevole ti propone, ti tieni a distanza da ciò che provi, non lo accogli, non lo ascolti. C’è una questione centrale relativa al soffrire, al dolore. Se il tuo sentire, che ti accompagna in ogni istante, ansie e cadute di umore compresi e non esclusi, tu lo sapessi far tuo, se lo riconoscessi come tua esperienza e cammino interiore, come tuo modo aperto di percepire, come tua volontà di addentrarti e di prendere rapporto vivo col vero che ti riguarda, proprio come ti accade nell’esperienza concreta quando tocchi con mano un oggetto per conoscerlo da vicino o come quando, camminando a piedi nudi, senti al meglio e riconosci il terreno, come esponendo la pelle al contatto, come aprendo gli occhi e il cuore…ecco che non potresti certo rifiutarti a nulla di ciò che vivi intimamente, nemmeno al dolore, a esperienza sofferta, perché la verità non tollera che ci siano preclusioni, perché la conoscenza di te stesso non può piegarsi alla regola o alla petizione che tutto debba svolgersi dentro di te, in conformità a modelli astratti e convenzionali, in modo facile, prevedibile e lineare, che debba uniformarsi a presunti svolgimenti normali dell’esperienza. Se vuoi “essere” e fedelmente a te stesso, se vuoi conoscere fondandoti su tua esperienza viva, passando attraverso te stesso e non facendoti dire, non puoi mettere dinnanzi a tutto la regola del dover essere secondo gradimento e senso comune, pretendendo che il tuo corso interiore debba svolgersi secondo aspettative e principi comuni, che debba essere “normale“. La cosiddetta normalità è una petizione di principio concepita da menti corte, che vedono come possibile e ovvio solo l'adattamento a condizioni date e che assumono il conformismo, l’andar dietro a pensieri e a modi di procedere comuni, come norma e guida, che dell’interiorità vera e dell’essere individui originali, fedeli al proprio essere e pensanti in proprio, non sanno vedere e concepire nemmeno l’ombra. Mi riferisco non solo al modo comune e diffuso di pensare le questioni e le vicende interiori, ma anche a quello di non pochi, di troppi presunti esperti e curanti della psiche. Qui torniamo alla questione di partenza: quante volte senti dire e ti ripeti che l’ansia è immotivata, che toglie, che limita, che non dovrebbe esserci, che altro dovrebbe esserci! L’esperienza interiore viva dice, rivela, disegna nel vivo le questioni da vedere, rende tangibile e cocente una verità via via da raccogliere e da saper riconoscere. Serve imparare a vedere dentro e attraverso l’esperienza viva, serve dare fiducia alla propria interiorità e aprire gli occhi su ciò che propone e che sollecita, imparando la riflessione, che è capacità di vedere dentro l’esperienza, di vedere cosa dice nell’intimo un vissuto, un’emozione. Anziché imparare a congiungersi al sentire, che come piede nudo messo a terra dice dove si è e cosa si sta percependo in quel dove della propria esperienza, si comincia invece a sparare contro presunti cattivi modi di sentire, a parlare di ansie immotivate ed eccessive, di risposte interiori disfunzionali, patologiche, oppure si va altrove dal luogo vivo dell’esperienza per cercare nel passato qualche triste o problematica esperienza, qualche trauma psichico, con l’attesa di trovare là la fonte di tutti i mali, come se ciò che si sta provando nel presente fosse la conseguenza di qualche pena nascosta o spina dolorosa che perdura. Sempre a credere che la normalità di presunti equilibri immobili sia e debba essere la regola, sempre a pensare che se c’è disagio si sia vittime di un fastidio o di un torto, che si patiscano gli effetti sfavorevoli di un danno, di una distorsione subita, casomai di origine remota! Quando inizia e prende piede un malessere, un disagio, una crisi, quando tutto interiormente si smuove e si complica è assai più probabile che tutto ciò accada perché il profondo sta spingendo, con lucidità d’intenti e con determinazione, per un serio recupero di capacità di vedere e di capire, di spaccare il guscio vuoto di un modo di vivere solo tirato e regolato da adattamento e imitazione, senza nulla di sé, piuttosto che si sia malcapitati, per effetto di qualche evento o causa esterna avversi, in un brutto episodio o parentesi da superare o che si stia riaccendendo una ferita del passato. Purtroppo la miopia e l’ignoranza del significato e degli scopi che persegue la vita interiore sono oltremodo diffusi, malamente sostituiti da facili pregiudizi o da cervellotiche teorie e spiegazioni che nascono all’interno e che riportano tutto nell’alveo dei principi e delle comuni concezioni. Nulla però è irreversibile. Il recupero della tua piena e totale capacità di sentire, il recupero della tua capacità di avvicinarti a te, di non negarti a ciò che vive in te, imparando a vedere dentro e attraverso ciò che provi, che il tuo sentire ti offre, senza esclusioni, includendo proprio tutto, è scopo possibile e perseguibile. Conquistare, coltivare e far crescere la tua capacità di ascolto e di intesa con la tua interiorità è la questione centrale da intendere, è il cambiamento cruciale da perseguire, se vuoi superare la disunione con te stesso, se vuoi conoscere davvero chi sei e realizzare te stesso. E’ utile, anzi indispensabile che tu venga aiutato a renderti disponibile a ciò che senti, senza preclusioni, a dotarti di capacità riflessiva, che ti renda possibile attingere alla tua esperienza intima. Ciò che manca, l’ho detto in molti miei scritti, è proprio questo: la capacità riflessiva (che non c’entra nulla col ragionare e confezionare spiegazioni sul conto di ciò che accade interiormente), che permette di dialogare con l’esperienza interiore, di ascoltarla e di intenderla fedelmente in tutto ciò che dice, incluse quelle che si chiamano e catalogano freddamente come ansie, attacchi di panico, fobie, umor depresso o altro. Trarre dalla tua esperienza interiore viva il suo intimo significato, ciò che disegna e dice, che non è mai sciagurato o malato, bensì valido a prendere coscienza del vero, a formare la tua visione di te stesso e della vita, questo urge e ti serve, questo può farti crescere e darti intesa profonda e unità con te stesso. Questo ti farebbe uscire dalla paura di te stesso, di ciò che vive in te, di ciò che senti. Sparare contro il tuo sentire con farmaci o con altro o fare del tuo sentire solo il pretesto per fare lunghi giri di indagine e di ragionamento per trovare ipotetiche cause con l’intento comunque di smontare ciò che ancora non comprendi di te stesso è ipotesi infelice. Combattere e pretendere di mettere a tacere il tuo sentire, mezzo validissimo e risorsa preziosa per avvicinarti a te, per vedere e per capirti, non è certo il meglio che tu possa desiderare per te stesso.

mercoledì 15 giugno 2022

Conoscere se stessi

La via per conoscere se stessi è quella dell’incontro col proprio intimo e profondo, dell'ascolto della propria interiorità, non quella basata sull'impiego unilaterale del pensiero razionale, che, senza stretto legame col sentire e senza la sua guida, illude chi ne fa uso di conoscersi attraverso qualche costruzione logica, in apparenza coerente. E' frequente in questi casi cercare sostegno e guida in libri e in teorie varie, nutrendo la persuasione di trovare sicuro fondamento per la conoscenza di se stessi nella autorità di qualche presunto esperto o maestro, che sia un classico o l'esponente di nuove scuole non fa differenza, considerato capace di garantire spiegazioni valide e attendibili, come ci fosse attorno all’esperienza e alla realtà interiore un sapere capace di anticipare, ovunque e per chiunque, le risposte, un sapere che sa già, valido per tutti ed esauriente. Senza rapporto con se stessi, senza ricerca viva, senza ascolto e dialogo con la propria interiorità, senza sviluppo di capacità riflessiva che permetta, non di parlargli sopra, ma di aprire gli occhi su ciò che il proprio sentire rende tangibile e riconoscibile, nessuna conoscenza fondata e affidabile è possibile. La vicenda interiore di ogni individuo è singolare, sa e vuole dare forma e generare una conoscenza unica e mai scontata. Col sentire, col succedersi, mai casuale, di emozioni, di stati d'animo, di spinte interiori, che, momento dopo momento, accompagnano l'esperienza e, in modo superlativo, con i sogni, il profondo, magistralmente, sa tracciare il cammino di ricerca e offrire il nutrimento, che ovviamente va saputo intendere, fare proprio e assimilare, alla conoscenza di se stessi, che, così vera e consona a se stessi, non può essere raggiunta in nessun altro modo e attinta a nessuna altra fonte. Anzi, il rischio, prendendo da altra fonte le risposte, incamerandole e rimasticandole col ragionamento, è di produrre lontananza da sè, incomprensione con se stessi. Questa di porre al centro e a fondamento della conoscenza intima e personale il rapporto e l'ascolto della interiorità, del profondo, è la scelta che prima di tutto ho fatto con me stesso. Senza la mia personale esperienza analitica, senza il lavoro su di me, senza ricerca viva continua e esercizio di riflessione e di dialogo con me, non avrei potuto e non potrei offrire nulla, se non costruzioni artificiali, casomai apprezzate, ma sterili e avulse dalla verità intima e viva, non avrei portato nella mia vita e  nel mio lavoro se non chiacchiera o tecnica e mestiere. Mi sono proposto nell’esperienza analitica con l’altro, di non dire e di non introdurre nulla che non si rendesse riconoscibile nel vivo della sua vicenda interiore. In ogni momento cerco di passare attraverso esperienza viva e ascolto, per evitare che prenda il sopravvento il pensiero preso da altra fonte e riplasmato col ragionamento, pensiero ingannevole che oscura e che non lascia accogliere e valorizzare ciò che, passo dopo passo, il corso della vicenda interiore sa e vuole proporre e dire. Propongo all’altro di avvicinarsi a se stesso, di rivolgersi sempre alla sua esperienza interiore come sicura base e veicolo di incontro con se stesso e di scoperta del vero, incoraggio la fiducia nella sua interiorità come guida e maestra, dandogli modo di scoprire e di toccare con mano che tale sa essere. Se non avessi aperto e se non aprissi di continuo agli svolgimenti e alla dialettica interiore, se non mi fossi educato a questa apertura e valorizzazione dell’interiorità, partendo dal rapporto e dal dialogo con la mia interiorità, sarei finito e finirei fatalmente per esportare, per girare sull'altro e per rinsaldare in lui un atteggiamento manipolativo, spesso già presente in lui, nei confronti delle vicende e delle vicissitudini interiori, di impaziente bisogno di tenerle a bada e di risolverle, di spiegarle col ragionamento e non di imparare riflessivamente a raccoglierne ogni volta, ogni momento la proposta e l'intelligenza insita. Sono questi ultimi degli atteggiamenti che rischiano di essere presenti e a fondamento di non poca psicoterapia, tanto in apparenza benevoli e soccorrevoli, quanto in realtà capaci di segnare rottura e di rinsaldare una sostanziale incomunicabilità con se stessi. Senza scoperta di verità e di significati  passando attraverso se stessi, attraverso ascolto e dialogo con la propria interiorità, si finisce fatalmente per avvalersi e per far valere preconcetti, risposte automatiche e preconfezionate, anche se, stando con lo sguardo alla superficie, non ben viste e riconosciute come tali, intrappolandosi nella ricerca di risposte e di spiegazioni pronte o artificiali del ragionamento e non profondamente e originalmente proprie, non fondate sul proprio sentire. Senza vincolo all'esperienza interiore e alla sua funzione guida, è fatale la rincorsa di antidoti e di soluzioni liberatorie verso e contro se stessi, altro dalla ricerca dell‘incontro e del dialogo con ciò che vive dentro se stessi, dall’ascolto e dalla scoperta di ciò che il proprio profondo sta proponendo e promuovendo, consono a se stessi e da se stessi profondamente originato, capace di dare contenuto vero e senso alla propria vita.

mercoledì 1 giugno 2022

L'inatteso

E' in genere considerato desiderabile l'ingresso nella propria vita dell'inatteso capace di rigenerarla, di offrire novità e opportunità. Desta però sorpresa negativa e timore, spesso provoca risposta diffidente e ostile, l'inatteso che prende forme sgradite e giudicate prontamente sfavorevoli e minacciose, tanto da negargli da subito apertura e curiosità. Mi riferisco all'inatteso del malessere interiore, di una crepa nell'umore, di una tensione fatta di paura e di forte apprensione, che insiste, che non concede quiete e sicurezza. In questi casi l'inatteso è giudicato subito una minaccia, un disturbo, un accidente nemico. Va però capito il senso di questo inatteso sgradito, il suo significato e scopo, anche se il senso comune, che ha stanza anche dentro se stessi, gli è da subito schierato contro e con giudizi senza appello. Se il proprio modo di procedere, saputo leggere nella sostanza vera, portando lo sguardo oltre l'abbaglio dell'illusione, è un procedere su percorsi già segnati, facendosi guidare nel proprio modo di intendere e di volere da esempio e da modelli comuni, da altro già organizzato e strutturato, facendosi dire, assecondando in modo docile e gregario, cosa seguire, cosa pensare e come intendere le cose, può farsi sentire dentro se stessi imperiosa e dura, fastidiosa quanto pervicace la presa di un sentire che ha ben preciso intento, che, seppure visto come un impiccio, un inciampo, un cedimento di forze e di stabilità, vuole imporre uno stacco, perchè è tempo di aprire gli occhi su ciò che si sta facendo di se stessi, sul proprio stato, di  cominciare a vedere da sè, a concepire da sè, senza affidamento cieco. E' tempo di capire se nella vita, nella propria vita, si ha del proprio da svolgere e da realizzare, che casomai non è un prodotto già pronto da usare come un oggetto che si può trovare fatto e confezionato al supermercato. E' un proprio, il proprio sguardo sulla vita e la scoperta del suo significato, il proprio intimo progetto, che, senza pretese di immediata comprensione e definizione, va avvicinato, coltivato, stavolta non andando dietro e facendo il verso a qualcun altro, ma imparando a ascoltare ciò che si sente, imparando a seguire ciò che la propria interiorità traccia come percorso vivo di stati d'animo e di emozioni, di vissuti da abitare, seguire, intimamente comprendere, senza fare gli schizzinosi, senza lagnarsi e senza maledire la sorte se sono vissuti scomodi o poco piacevoli, quel che conta è che in quella forma sappiano dire, far capire. L'intera proposta interiore va saputa avvicinare, intendere e  valorizzare, fatta di sentire e di sogni notturni. Non sono solo preziosi, ma anche insostituibili nella ricerca i sogni, autentici fari per comprendere direzione e senso dell'intera vicenda interiore di cui si è portatori. Si è abituati a pensare che la “realtà” sia il sistema di cose, di pensato e organizzato che sta là fuori, che si viva la vita solo aderendo e stando infilati in quella fiera, dimenticando o ignorando che reale può diventare ogni conquista di consapevolezza, ogni pensiero nuovo che nasce dentro e con se stessi. Intimamente concepito, senza ingenuità e senza impazienza, ma coltivando quel rapporto con se stessi e con la propria interiorità, che pochi sanno rispettare, considerare importante, davvero valorizzare, ogni pensiero intimamente e profonadamente originato e ispirato, ogni scoperta, guidata dal profondo, diventano base e leva di nuova realtà possibile. Sulla strada della ricerca interiore, spesso all'origine non voluta e non cercata, bensì spinta e imposta da malesseri e da crisi interiori, che, inaspettatamente, spingono con forza a dare più peso al dentro sè che al fuori, è possibile che si vada incontro all'inatteso, che davvero ha capacità di rigenerare e di offrire novità importanti e opportunità prima incredibili, che venga incontro e si renda comprensibile ciò che prima era inconcepibile, soprattutto perchè si continuava a dar retta ad altro, a sintonizzarsi col fuori piuttosto che col dentro. Andare verso se stessi, indugiare nell'ascolto e nel dialogo con la propria interiorità, non è un preoccupante o insano ripiegare, come spesso si pensa, tant'è che la sollecitazione prevalente è quella di uscir fuori, di investire e di rilanciare verso l'esterno le attese. Andare verso se stessi è la vera e unica occasione per rinascere protagonisti della propria vita e non gregari. Bisogna far le cose bene, trarre il meglio di occasioni di crescita dall’incontro e dal dialogo con la propria interiorità, senza paura dello spazio dato al contatto con se stessi. Dove spesso si teme ci sia solo pericolo di isolamento e di sradicamento dal reale, c’è la possibilità dell’esatto contrario. Senza aver trovato radici dentro sé, senza accordo con se stessi, senza visione propria, senza bagaglio proprio di idee vive e pienamente consapevoli, non si va da nessuna parte. Senza non rimane che continuare, un po’ illusi e un po’ rintronati, a farsi portare in fiera. 

martedì 31 maggio 2022

Esistenze fragili

E' dentro forme di vita in apparenza salde e valide, al di sotto dell'apparenza fragili per mancanza di coesione, di fondamento di unità con se stessi, che nel tempo e ripetutamente si rende percettibile la paura, a volte con intensità conclamata, altre volte in modo più sfumato o attutito dalla distanza interposta nei confronti del proprio intimo da chi ne è interiormente coinvolto. Si tratta di una paura affatto immotivata e stupida, di certo non malamente e proditoriamente immessa da traumi pregressi o da vicissitudini sfavorevoli, come si è soliti ritenere. E' viceversa il segnale intelligente e testimone di verità prodotto dalla parte profonda di se stessi, che non tace l'insostenibile inconsistenza e aleatorietà dell'essere, quando malamente formato nello stampo del comune modo di intendere e di procedere, quando in nulla frutto e figlio di un legame con se stessi, di una maturazione vera. Questa paura, che già in passato poteva prendere una simile piega, ha di recente trovato più facilmente e su più larga scala occasione di incanalarsi nella paura di malattia, un binario rigido dentro cui la paura pare trovare scarico e soddisfazione, controllo e sistemazione stabile, quasi irremovibile. Difendersi da virus e da minacce invisibili, rafforzare le protezioni sembra il miglior modo di prendersi cura di sè, ristabilendo con sè una sorta di premuroso contatto, offrendo a se stessi una tutela che sembra, anche per insistita raccomandazione e per benedizione di schiere di sedicenti esperti e tutori del bene pubblico, benefica, oltre che prudente, accorta, intelligente. In realtà la distorsione è compiuta. La paura, che già da tempo serpeggiava e incalzava, aveva come scopo di segnalare che lo stato abituale del proprio modo di essere e di procedere era (pericolosamente) inaffidabile, inadeguato, non consono a se stessi, improprio, fondato più su consenso altrui e su assecondamento d'altro e comune che su consapevolezza e su autonoma capacità di orientamento e di scelta, una costruzione fragile, segno di incompiutezza e di mancata crescita vera. Ora la paura, tradotta e risolta come incentivo a procurarsi scudo per tenere intatto e immune il proprio stato, è tradita nel suo intento, fraintesa completamente nel suo significato e scopo originario e vero. Regressiva questa difesa della propria integrità a oltranza, regressivo l'investimento nella protezione dell'esistenza vigilata e cullata nel suo elementare stato di conservazione e di persistenza. Esistenze fragili blindate e protette.

giovedì 26 maggio 2022

Il rischio vero

Ogni individuo porta dentro sè una ricchezza, una fonte vitale di conoscenza e di libertà, una leva di crescita e di autonomia, di cui in genere non è consapevole. Facendo conto solo su una parte di se stesso, cosiddetta razionale, che, scissa dal legame e dal rapporto con la propria interiorità, di cui ignora il potenziale e che relega nel ruolo subalterno, non può che risultare impotente nel generare pensiero originale e fondato e che abbia senso vero. In queste condizioni l'individuo, da un lato si pone da subito e persiste in un atteggiamento ciecamente operativo, proteso a darsi prontamente, senza concedersi il tempo e l'occasione di ascoltarsi e di capire, soluzioni e risposte, dall'altro queste risposte, privo com'è, senza l'apporto fondamentale del suo profondo, da cui è scisso e lontano, della capacità di generarle, le va fatalmente a prendere in prestito da altro e da altri eretti a autorità che sa e che può istruire. Modellando il suo pensiero e le sue risposte su un sapere, su un modo di concepire e di attribuire significati già codificato, di cui non è artefice e che non ha verifica alcuna da parte sua, l'individuo si abitua a coniugare e a comporre idee e propositi, che traggono incentivo e forza persuasiva più da fuori che da dentro se stesso, privi come sono di relazione e di fondamento vivo con e dentro se stesso. Volgendo a senso unico lo sguardo all'esterno, l'individuo prende da lì, già disegnati e definiti,  i temi e i binari di ricerca. Assumendo come modello e guida ciò che già è allestito, concepito e disponibile all'uso e al consumo, cerca e rincorre  lì le sue occasioni di autorealizzazione, le sue fortune. La propria identità, la definizione di chi si è, l'espressione di sè passano così attraverso il filtro e le convalide comuni, diventano assunzione e esecuzione di ruoli, di parti riprodotte e recitate, diventano ciò che comanda, che rimanda e che si aspetta l'esterno, il senso comune e il sapere costituito, cui è dato il potere di sorreggere, confermare e premiare come di correggere, disciplinare e bocciare. La dipendenza da ciò che da fuori tiene le fila e regge tutto l'impianto, diventa il fulcro dell'esistenza, dipendenza camuffata, occultata ai propri occhi, per darsi l'illusione di essere artefici e protagonisti della propria vita recitata e eterodiretta. L'interiorità non sta zitta, accompagna con i suoi commenti nel sentire, con le sue elaborazioni e approfondimenti nei sogni, un simile percorso di presunta realizzazione, nella sostanza di perdita di se stessi, di inconsistenza pur dentro una messe di proclami e di apparenti successi. L'interiorità mette sul terreno dell'esperienza, attraverso sensazioni e vissuti, intralci, segni di scricchiolii, paure, sensazioni di malcerto animo, ansia che non recede, senso di vuoto e di scoramento, segnali indicatori di quanto non corrispondente a sè e gratuito, sorretto solo da guide e da conferme esterne, non sta su, non ha fondamento, non ha affidabilità, non ha consistenza alcuna. Il fallimento, il bluff, l'illusoria autorealizzazione preoccupa non poco il proprio profondo, che perciò non cessa di interferire. La risposta è di trattare questi segnali accorti e intelligenti, tutt'altro che improvvidi o ostili, come robaccia, come scorie e difetti di funzionamento da tenere a bada, come limiti da superare, come disturbi da correggere, come disfunzioni che si è pronti a spiegare, anche con l'aiuto di qualche esperto, come conseguenza di una qualche causa esterna condizionante e sfavorevole o di qualche remoto trauma. L'elaborazione più comune del malessere interiore, così come la sua cura, fanno sì che ciò che dal profondo reclama ascolto, vuole aprire una crisi, perciò un profondo cambiamento, un'inversione di tendenza nel modo di pensare e di condurre la propria vita, dove finalmente si affermi la necessità di fermarsi, di capirsi, di riconoscere il vero del proprio modo di procedere, di non darlo per scontato, di trovare ben diverso fondamento, dentro e in stretto legame e scambio con la propria interiorità, alle proprie idee e aspirazioni, non venga compreso, anzi che venga travisato e rigirato nella solita direzione del marciare dritti nel verso della dipendenza, persuasi in questo e confortati dall'idea che così fan tutti o la maggioranza. La ricchezza che si porta dentro di sè, l'intelligenza del proprio profondo, che spinge e che sollecita la verifica, che vorrebbe coinvolgere e aprire la strada del proprio ritrovarsi e della propria libertà di pensiero e di scelta, continua a essere a rischio di non essere compresa.