venerdì 7 giugno 2019

La ricerca del rimedio

Cercare il rimedio in presenza di una condizione di disagio e di sofferenza interiore sembra la scelta più ovvia e più favorevole. Sotto sotto nel rapporto con una simile esperienza interiore prevalgono timore e insofferenza, come di fronte a qualcosa che sembra ostile, limitante, nocivo. Provarsi a combattere e a neutralizzare ciò che è vissuto come un impedimento e una minaccia, che ai propri occhi rischia di compromettere uno stato di benessere e il perseguimento di risultati utili, sembra non possa che fare bene. Sembra ovvio reagire al dolore con il tentativo di provvedere al suo annullamento. Quell'esperienza interiore però non si è prodotta per caso e senza uno scopo, senza l'intento preciso di sollevare un problema, di rendere riconoscibile qualcosa di importante. C'è uno scopo, c'è un senso e niente affatto di poco conto o trascurabile in ciò che l'esperienza interiore, che il sentire solleva e rimarca. Si pensa in genere che a garantire buona capacità di orientamento sia la mente razionale che osserva i fatti, che ne spiega le ragioni, che indica ciò che è valido da fare o da proseguire. Affidati a una simile guida, che tende ad avere il controllo e il governo delle operazioni e a mettere da parte o in subordine altri apporti e  sollecitazioni interne, le emozioni, il sentire, considerati poco affidabili e troppo parziali per una corretta e lucida visione, si è in realtà più sprovvisti che provvisti di validi punti d'appoggio per capire. E' il sentire che garantisce di non stare sospesi, di non insistere nelle congetture, di non rimanere ciechi e senza capacità di vedere le implicazioni e il significato vero di ciò che si sta facendo e pensando, ciò che li muove. Il sentire è più cauto di quanto non pensi di essere la guida razionale, perchè non trascura ciò che sta realmente accadendo e gli sviluppi cui sta portando. Il sentire è vigile nel segnalare i punti critici del proprio modo di procedere e le conseguenze cui si è esposti dove non si aprissero gli occhi. Nella visione di se stessi si trascura spesso di considerare che i confini del proprio essere sono ben più ampi di ragione e volontà, che il sentire non è un accessorio colorito, che un pò piace se dà piacere, che poco è gradito se consegna sensazioni difficili, che va tenuto a bada perchè ritenuto cieco e viscerale, perchè conterrebbe più rischi di cedimento, di capriccio o di arbitrio che capacità di fornire apporti utili e validi per capirsi, per orientarsi. Se il sentire propone paure, esitazioni, se frena l'iniziativa e se delude l'attesa di risposte prestanti e ritenute positive, diventa subito l'espressione di un difetto, di una insufficienza da colmare, da superare, da capovolgere e raddrizzare. Nella psicologia comune come in quella propugnata da non pochi esperti della psiche e della sua cura è ricorrente e imperante  l'intento prima di tutto di superare il disagio, attribuendo  all'esperienza interiore disagevole il significato di un disturbo, di una condizione anomala, casomai da ricondurre a qualche causa o accidente, a un cattivo modo di porsi e di trattare l'esperienza, ma sempre considerandola una disfunzione e un difettoso modo, con pronto l'armamentario dei rimedi e dei suggerimenti per mettere a posto le cose, per raddrizzarle. La vita interiore in questo modo è completamente travisata nel suo significato vero, nel suo potenziale, nel suo valore. Il proprio essere include la vita interiore, la componente profonda del proprio essere è importante, anzi è imprescindibile se si vuole trovare se stessi e dare volto proprio alla propria vita, se si vuole cominciare a capire davvero qualcosa di se stessi, se ci si vuole attrezzare di strumenti di conoscenza e di orientamento fondamentali. Tutta l'esperienza interiore vuole ricondurci sul terreno vivo della conoscenza di noi stessi, di ciò che stiamo facendo di noi stessi e della nostra vita, di ciò che potremmo invece trasformare e far vivere in consonanza e nel pieno utilizzo delle nostre risorse, che il profondo vuole farci scoprire e impiegare. Stare bene non è navigare nell'ignoranza e nell'illusione di una vita valida perché conforme agli standard, senza scosse, ma anonima e senza volto, stare bene è avere piena consapevolezza e unità con se stessi, dove non si cerca il superamento di ciò che interiormente si fa sentire se disagevole, squalificandolo subito come ostacolo da abbattere, ma dove si accoglie e si valorizza l'apporto interiore sempre, perchè prezioso, perchè irrinunciabile per non perdersi e per essere se stessi. Non c'è rimedio da cercare se non alla paura di se stessi, alla diffidenza verso il proprio intimo, alla incapacità di ascoltare e di comprendere il proprio sentire.