domenica 31 gennaio 2021

Il governo della propria vita

E' la questione centrale. Il problema, l'interrogativo posto dal proprio profondo e che sta all'origine della crisi che movimenta, del malessere interiore che l'inconscio genera e alimenta, è proprio questo: cosa governa la propria vita? Su quali basi e seguendo quali guide prende forma e si articola il proprio pensiero e ciò che ne scaturisce come scelte e modi di procedere? Presi dalla foga di far procedere le cose e infastiditi da tutto ciò che pare intralciare la corsa, si trascura e si è molto lontani dall'interesse di aprire una simile riflessione e verifica. Confortati dal pensiero e dagli orientamenti comuni e prevalenti nell'idea che tutto vada bene e che non ci sia necessità e urgenza di capire il senso e il fondamento dei propri convincimenti e intenti, si è pronti a reagire ai richiami interiori, ai segnali di allarme e di crisi, ai vissuti di malcerto e inquieto animo, alle complicazioni interiori che non danno via libera, che anzi azzoppano il solito procedere, come a fastidi, a malaugurati impedimenti, a segni di malfunzionamento da contenere, da mettere a tacere, eventualmente, anche attraverso una psicoterapia ad hoc, da rimettere in riga e da sostituire con adattamenti più consoni e funzionali allo stare in corsa, nella solita corsa e rincorsa. Si crea così o persiste, visto che i richiami interiori durano da tanto tempo, la divergenza tra il punto di vista e l'intenzione profonda dell'inconscio di sollevare la questione di che cosa governi la propria vita e l'atteggiamento della parte conscia che, convinta che tutto vada indiscutibilmente bene nel proprio procedere, che solamente vada cercata l'efficienza o il quieto vivere. I richiami del profondo, i sommovimenti e le complicazioni interiori volte a inceppare la corsa e a renderne tangibili i punti critici, non quelli da oliare per correre meglio, ma quelli di fondo che denunciano un procedere che non sta in piedi, che non si regge su se stessi, che va dietro regole e grammatica che nulla hanno a che fare con ciò che si potrebbe da sè comprendere, avvalorare e porre al centro della propria vita, non sono intesi dalla parte conscia, che anzi è pronta a bollare come segni di inefficienza, se non di patologia, ciò che è lontanissima dal rispettare, dall'ascoltare e dal capire. La mentalità e l'orizzonte angusto della parte conscia, che solamente vuole darsi conferma che tutto va bene e che non va persa l'opportunità di fare centro su obiettivi, che sembrano ovvi e irrinunciabili  al traino di idee e di modelli comuni, si misurano con il ben diverso animo e sguardo della parte profonda che non rinuncia a sollevare la questione di fondo. Cosa sa vedere il proprio profondo e quale sguardo cerca di far condividere dalla parte conscia? Sa vedere che scelte e obiettivi sono sorretti e resi scontati e irrinunciabili dal comune modo di intenderli e di erigerli a mete e traguardi desiderabili e prioritari. I modi di affermare se stessi sono incardinati su modi di intendere ciò che nell'idea comune e prevalente, resa ovvia e assoluta, costituisce prova di essere individui capaci, validi, realizzati. In apparenza si è padroni e arbitri della propria vita e delle scelte che si compiono, ma in realtà si va dietro e si è regolati da altro, assunto passivamente e riprodotto automaticamente. La questione del governo della propria vita, di cosa la guidi e la regolamenti è centrale e rilevantissima, non è questione superflua, astratta o filosofica. Senza attento riesame e verifica dei propri modi procedere si rischia di consegnare la propria sorte a qualcosa che ne decide e ne limita i movimenti e le prospettive. Il rischio è che nulla si generi da se stessi e in conformità al proprio essere e alle proprie vere potenzialità, nulla sostenuto da proprie ragioni e scoperte. In sostanza il governo della propria vita è ceduto a altro, che della propria vita ne fa copia e riproduzione di un'idea e di un assetto già deciso e consolidato. E' il furto del proprio che non vivrà, del proprio progetto che sarà affossato per far vivere qualcosa di regolato e concepito da altro preso in prestito, assunto a guida e riprodotto. Generare e creare, formare e coltivare le proprie idee e dare al mondo le proprie risposte, cadranno nel nulla, nel limbo dell'impossibile per cedere il passo all'immediato e a pronto uso, al possibile della cosiddetta realtà, aderendo e consumando le soluzioni già pronte e consuete del così fan tutti e del cercare sempre fuori di sè ogni risorsa e conferma, senza cercarle e portarle a maturazione dentro se stessi. Non essere arbitri della propria vita, pur convinti di esserlo per coscienza frettolosa e chiusa su se stessa, sorda a verifiche, a ricerca del vero, è il motore del fallimento della propria esistenza, pur se a norma e ben confortata da idee e da modelli comuni, fallimento sostanziale che la parte profonda del proprio essere contrasta e combatte con pervicacia, mettendo in campo la crisi e il malessere interiore, dando segnali che vorrebbero indurre a sostare e a riflettere per trovare finalmente la propria vera rotta, per prendere davvero in mano il governo della propria vita.

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