mercoledì 10 aprile 2024

E' possibile cambiare?

Si è quello che si è e nella sostanza è difficile cambiare o c'è possibilità di cambiare veramente e profondamente? Portiamo dentro di noi le possibilità del cambiamento, anzi di un cambiamento radicale nel nostro modo di essere e di pensare, portiamo nel nostro profondo tutta la volontà oltre che la capacità di alimentarlo, di condurci a produrlo. Il problema è che molto spesso non c'è intesa e convergenza tra il volere del profondo, la strada che propone e la mentalità e le pretese della parte conscia. Quest'ultima si illude che i cambiamenti siano ottenibili con l'inventiva del ragionamento, assumendo e professando nuovi credi, abbracciando nuovi principi di valore e di comportamento, oppure consegnando l’attesa del cambiamento a cambi di situazioni, prendendo da fuori, utilizzando il corredo di risorse esterne già pronte e confezionate, mutando abitudini e luoghi, frequentazioni o partners, come se da lì possa sgorgare nuova vita. La proposta interiore, che traduce la volontà del profondo di coinvolgere l'individuo e di condurlo al cambiamento vero, è viceversa del tutto ignorata e incompresa nel suo significato e valore. La vicenda interiore, ciò che l'interiorità propone nel sentire, nei vissuti, che in avvio di processo di cambiamento e proprio allo scopo di aprirlo assume frequentemente carattere di crisi, di esperienze interiori, di vissuti che possono risultare disagevoli e sofferti, non è riconosciuta dall'individuo che la vive come forte richiamo e come primo segnale valido di avvicinamento a se stesso e spinta al cambiamento vero, anzi è guardata con preoccupazione, con timore e diffidenza. Sembra ai suoi occhi minacciosa e avversa ai suoi interessi e con i suoi parametri di giudizio, presi da senso comune, prontamente la parte conscia dell'individuo giudica la proposta interiore, ciò che interiormente si fa così acutamente vivo dentro di lui nel sentire, un che di inaffidabile, volto più a fargli danno, a togliergli potenzialità, a debilitarlo e a invalidarlo che a dargli opportunità. Come credere da parte di chi è abituato alla regola del presto sistemato e soddisfatto, di chi ha come faro ciò che per i più è valido e desiderabile, che ad esempio ansia, senso di fragilità, caduta di interesse e di fiducia in se stessi, possano racchiudere delle opportunità, possano valere come terreno di presa di coscienza e come primo passo sulla via del cambiamento? Tutto lo sforzo della parte conscia è di tenere da subito alto il tono dell'umore, la sicurezza, convinta di alimentare così lo "star bene", la capacità di non perdere terreno, di non privare se stessi di ciò che pare normale e naturale possedere. Se tutto del proprio modo di pensare e di concepire la vita si è formato andando a rimorchio, seguendo l'educazione del così fan tutti, facendosi dire e spiegare, facendosi bastare nei propri ragionamenti di ripetere nella sostanza la lezioncina appresa, pur con qualche pretesa di originalità, badando solo a stare al passo con gli altri, la reazione a ciò che interiormente in realtà, se fedelmente e ben compreso, segnala con forza non i sintomi di una poco valida capacità di procedere e di essere adeguati, bensì la mancanza di aderenza a se stessi, l'assenza di radice nel proprio procedere e pensare, la sostanziale mancanza di visione propria e di autonoma guida e capacità di condursi, è di giudicare tutto questo che si muove interiormente come guasto e pericolosa deriva, come disturbo da combattere, come patologia da aggiustare. Ciò che interiormente, in modo assolutamente sensato e intelligente, coinvolge e investe senza tregua con i vissuti d'ansia di un senso di  fragilità, di precarietà, di apprensione e di smarrimento, di allarme e di pericolo, chi procede incautamente senza aderenza e intesa profonda con se stesso, ciò che interiormente avvilisce e disarma con i vissuti di scoramento e di mancanza di fiducia e di stima di se stesso, chi, al di là delle apparenze (che possono convincere l'opinione comune, ma non la parte profonda se stessi), non si è provvisto dell'essenziale, di un bagaglio di conquiste proprie e di autonome scoperte, è tutt'altro che l'espressione di un disturbo e il segno di un guasto, di un anomalo modo di sentire. La proposta interiore, anche se difficile e dolorosa, contro ogni facile pregiudizio che la considera nociva e malata, segno evidente di cedimento, è viceversa guida provvida e intelligente per prendere contatto col vero, con se stessi. Se ci si lavora con cura e seriamente, se ci si fa aiutare a farlo, come accade dentro un percorso di analisi ben fatta, lo si scopre, lo si verifica, lo si comprende. L'iniziativa interiore, pungolando nel vivo, non concedendo tregua, persegue uno scopo assolutamente positivo, vuole spingere a vedere senza trucchi e senza veli il significato e il fondamento del proprio modo abituale di procedere e di pensare, spesso sostenuti e confermati più da fuori che da dentro se stessi, a riconoscere lo stato del rapporto con se stessi, spesso segnato da lontananza e da estraneità al proprio mondo interiore, per muovere da lì alla costruzione di qualcosa di autentico, allo sviluppo di un pensiero e alla scoperta di una progettualità che abbiano origine e radice dentro se stessi. L'incomprensione del senso, del significato di ciò che interiormente si svolge e preme, non è casuale, è conseguenza della mancata formazione e crescita della capacità di relazione col dentro, visto che tutto l'impegno nel proprio corso di vita fino al presente è stato destinato a prendere da fuori, a istruirsi, a interagire con l'esterno e con gli altri, a prendere da lì le opportunità, a apprendere dalla fonte esterna contenuti, guide e capacità di orientamento. L'esperienza interiore, il rapporto con sensazioni, emozioni, stati d'animo non è stato oggetto di cura, non ha preso forma, non è stata coltivata e sviluppata la capacità di ascolto e di dialogo con la propria interiorità, anzi via via si è creata lontananza, distanza e distrazione, disaffezione verso il dentro, sminuito, visto solo come eco banale e piatto delle vicende esterne e come un seguito che doveva armonizzarsi e seguire docilmente le petizioni di principio e i calcoli e le attese della parte conscia razionale, chiamata a essere il motore trainante, la guida. Partendo da queste premesse, rimasta incolta la parte che riguarda il rapporto con se stessi, col proprio intimo, capaci solo di forte connessione col fuori e scollegati e estranei alle vicende interiori, sottovalutate e messe semmai sotto tutela della parte conscia, ecco l'incapacità di intendere cosa la proposta interiore vuole e sa offrire. Il cambiamento di cui proprio la parte profonda può essere promotrice e guida capace e che ha nel profondo di ognuno, nell'inconscio il suo promotore, non è certo considerato possibile dalla parte conscia, non è nell'ordine delle sue idee e aspettative, che la rendono più incline e pronta a bloccarne l'avvio e lo sviluppo, invalidando come anomalo e da correggere ciò che la proposta interiore avanza, che di riconoscerlo come guida valida su cui fare conto. L'inerzia e la chiusura della parte conscia, la sua incapacità di intendere le vicende interiori e di comprenderne il valore, la sua ottusa salvaguardia del solito a cui affida tutta se stessa, il suo dirsi persuasa di avere e di sapere già, il suo dar credito solo alle risorse esterne e già pronte, il suo affezionarsi solo alle conquiste spendibili per dare buona prova di sè agli altri, per riscuoterne l'apprezzamento, finisce per stroncare e far cadere i richiami interiori, la proposta e l'opportunità del cambiamento vero mosso dall'intimo, dal profondo. E’ dato invece credito a ipotesi ingenue e sterili di cambiamento fondate sul niente, su soluzioni esterne e mal concepite, che non possono che riportare sempre all'uguale. Non si cambia per procura, affidando il cambiamento di sé a altro, non si cambia con un cambio di abitudini e di pratiche esterne, non si cambia per petizioni di principio. L'unica possibilità di cambiamento è legata al profondo di sè, che non intende certo offrire un cambio d'abito. Cambiare significa seguire la traccia viva segnata dalla propria interiorità, facendo un lavoro di presa di coscienza, di verifica senza risparmio, lucida e onesta, imparando a coltivare con la guida del profondo scoperte e idee fondate. La parte profonda di se stessi, l'inconscio ha talento e capacità di indirizzare la ricerca, di guidare il processo vivo di trasformazione mettendo in campo il sentire e tutta la trama dei vissuti, che vogliono far fare esperienza viva per conoscere nell'intimo la verità delle cose, mettendo a disposizione i sogni, insostituibili fari per vedere dentro se stessi, per formare nuova visione, non artefatta ma aderente, strettamente aderente al vero. Se i cambiamenti fatti di invenzioni e di acrobazie della mente conscia e razionale, affidati a cambi di ingredienti esterni sono solo ingenui diversivi e illusori, cambiare veramente si può. Si può, cambiando profondamente se stessi, diventando se stessi, assecondando la spinta profonda a aprire gli occhi, a generare il proprio pensiero, a trovare le proprie risposte e la propria visione della vita, a comprendere le proprie ragioni d'esistenza. Il cambiamento vero e radicale non è un frutto già maturo e pronto da cogliere e da consumare come si è abituati a fare, è un cambiamento da coltivare, è una trasformazione graduale da condividere col proprio profondo, è una nuova vita da generare e da cui essere rigenerati.

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