sabato 13 aprile 2024

A quale porta bussare?

Non è infrequente che, se coinvolti in esperienze interiori di malessere e sofferenza interiore, si cerchi negli altri, che siano vicini come amici, conoscenti o parenti o cercati in rete come dentro forum e spulciando in lungo e in largo opinioni, chi possa aiutare a capire e soprattutto a trattare ciò che si sta vivendo. C’è poi la tendenza a cercare sollievo nella constatazione che anche altri sperimenti o abbia sperimentato qualcosa di simile e a questi, alle loro opinioni si presta più ascolto e credito. Sembra di trarre utilità da questi apporti esterni, disarmati come si è nel mettersi autonomamente in rapporto con quanto si vive, inclini come si è prima di tutto a difendersi e a contrastare ciò che si sta provando. Va perciò aperta una riflessione su quanto possa offrire e riservare a sé cercare fuori opinioni e apporti. Raccogliere le opinioni di altri rischia di non essere una gran soluzione, perché ognuno nel trattare l’esperienza personale che gli si espone ci mette del suo di preconcetti, di modi, che gli sono abituali, di trattare la propria esperienza, tipo delegare subito la comprensione dei propri stati d'animo, questioni scottanti e esperienze alle valutazioni e teorie dell’esperto di turno o, già prima di ascoltare e di provare a capirsi, avere cura e premura anche da sé di appiccicare etichette diagnostiche alle proprie e altrui esperienze , tanto arbitrarie quando si avvicina un'esperienza interiore, complessa e unica, quanto sterili. Etichettare non significa conoscere. Se oggi si è entrati in una spirale dell'allarme per le proprie condizioni di salute, se mille dubbi si aprono sul proprio reale stato, in tutto questo un senso e uno scopo c'è di certo. E' importante saperlo cercare e riconoscere. Per far questo è necessario imparare a non ridursi a agire e a metter sopra l'esperienza ragionamenti che non hanno guida e fondamento in ciò che si sta provando, è importante smetterla di affannarsi nel fare e nel cercare soluzioni e cominciare invece a esercitare uno sguardo diverso volto a riconoscere il senso di ciò che si sta vivendo. Se sinora ci si è ignorati, se nel proprio procedere solito si è cercato tutto fuori di sè, diventando estranei o semplici ospiti abitudinari e disattenti in casa propria, per casa intendo il proprio spazio intimo, se di se stessi più profondamente non si è frequentato e conosciuto nulla, se non si è riflettuto, guardandosi come dentro uno specchio, ignorando il vero stato della propria vita, del modo di condurla, se da una parte si fa, si agisce, si confezionano ragionamenti e dall'altra si sente e non ci si cura di entrare in sintonia e di ascoltare e comprendere ciò che si sente, se si tira avanti in una modalità di vita senza apertura e confronto con se stessi, non è forse vero, non risalta che, seppur nella forma dell'allarme e del temere le più disparate incognite e sorprese sul proprio stato, qualcosa sta costringendo a occuparsi di sè, che sta segnalando con forza e con insistenza la propria lontananza da se stessi, la propria mancanza di attenzione per la conoscenza, non superficiale e distratta, ma vera e approfondita, di se stessi, di cura del rapporto con se stessi? Nulla sulla scena interiore accade mai per caso e senza un senso, senza uno scopo. La porta a cui bussare è dunque quella altrui, che non può dare se non apporti comunque impropri e fuorvianti, offrire consolazioni che aumentano la diffidenza e la distanza da ciò che si vive nel proprio intimo o la propria porta, imparando, casomai con l'aiuto di chi sappia dare contributo utile a questo scopo, a entrare in relazione aperta e capace di ascoltare la propria interiorità in ciò, che anche nella forma, che può risultare difficile e sofferta, sta cercando di dire?

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