sabato 30 agosto 2025

Ingenuità e incanto

Com'è facile la presa, la capacità di persuasione e di coinvolgimento di quanto nella realtà esterna è  organizzato e predisposto a indirizzare e a dare soluzione a necessità di crescita e di realizzazione personale, quando, ignari di sè, digiuni di scoperte proprie, si è pronti a farsi istruire e dire, stimolare e variamente condurre e soddisfare! Ogni potenziale espressione di se stessi, prima ancora di essere autonomamente compresa, prima di riconoscerne dentro e in unità con se stessi il volto e il significato, trova pronta traduzione in un sistema organizzato, in un modo di concepire l'individuo, le sue necessità, i modi della sua crescita e della sua realizzazione, in uso e ampiamente condiviso. Scatta così, come fosse ovvia e naturale, l'adesione a altro da sè che offre l'aggancio, che mette a disposizione la definizione, le guide e la soluzione pronta, oltre che le verifiche e le convalide, che diventa la base e il volano per espressioni di se stessi, per il perseguimento di traguardi, che non sembrano richiedere altro che capacità di selezione tra opzioni già definite e capacità di esecuzione. Non sembra esserci necessità e possibilità di riservare  a sè il compito e la facoltà di generare alla radice le risposte, ma solo di applicare ciò che già è definito, che è già concepito. Nel modo di procedere più comune e abituale le espressioni di sè nel verso dell'intelligenza, delle abilità varie, della sensibilità, dei sentimenti e degli affetti e di quant'altro vanno dimostrate, applicate, messe in campo, non hanno necessità di essere trattenute a sè per essere intimamente riconosciute, per essere con pazienza coltivate fino a prendere volto originale e forma consona, corrispondente a sè. Essere sprovvisti di forza di legame e di intesa con se stessi, conseguente al non avere trovato dentro e attraverso di sè risposte originali e congeniali, al non averle cercate e coltivate, fa da slancio a abbracciare in un moto di irresistibile attrattiva ciò che sembra dare occasione di espressione e di realizzazione propria, che anzi sembra esserne la traduzione  più ovvia e naturale. E' una risposta ingenua, che vede il cortocircuito della intelligenza, la rottura del vincolo a vedere con i propri occhi, a concepire da sè, a convalidare per presa di visione propria e verificata un'idea, un'affermazione, un proposito, che non è una pretesa di troppo o fantascienza, ma  che è ciò che spetterebbe all'individuo umano perchè possa considerarsi tale. Accade invece che il movimento passivo e senza riserve a aderire, a farsi portare e dire, si compia e non raramente, che non sia riconosciuto come tale, anzi che appaia come prova di intraprendenza, come corso ovvio e naturale, nella normalità, finendo per trovare nel "così fan tutti" ancora più forza di persuasione. Tutto finisce per declinarsi e per muoversi dentro dei canali stretti, pur dentro un'apparente quadro di libere scelte e variopinte. Conoscere diventa a senso unico istruirsi, acculturarsi, casomai viaggiare per ampliare i propri orizzonti, gioire diventa fruire di uso e consumo di piattaforme del divertimento, di quanto è offerto di godibile, di quanto è esaltato di feste organizzate, di appuntamenti da non perdere e di legami da afferrare e di cui non essere privi, la realizzazione personale e la conquista di traguardi significativi diventano la corsa alla carriera, alle promozioni e agli attestati vari e a quanto dà segno di merito e di raggiungimento di qualche traguardo o primato. Senza dimenticare che c'è poi, per alcuni a complemento, per altri a consolazione, la conquista mediata e per procura abbracciando una bandiera, tifando per un qualche eroe sportivo, sposando un credo, una ideologia con ben imbanditi valori e ideali. Senza scordare che, per uscire dalla noia dell'appiattimento del gusto e dell'interesse, c'è la tv o la rete, c'è la vita dei famosi da spiare a compensazione di una vita, la propria, lasciata nelle secche dell'inconsapevolezza e dell'abbandono. Com'è bello e seducente il mondo, che offre tante risposte e soluzioni pronte e che diventa e si autoproclama come la realtà, la realtà in assoluto, riconosciuta e celebrata come imprescindibile e elettivo luogo dove stare per stare nella vita, tenendo lì ben attiva la presenza e l'attaccamento, come se null'altro possa esistere e essere riconosciuto come reale e degno di essere abitato, coltivato, amato e fatto vivere e crescere! Certo, in questo modo di condursi e di interpretare la propria vita non c'è il motore della passione autentica, non c'è la gioia e la persuasione profonda, che non ha bisogno di conferme e di attestati di merito esterni, di far vivere qualcosa di intimamente riconosciuto come proprio e di valore. La contropartita diventa allora il far bella mostra di ciò che ai più piace, la rassicurazione di essere ben dotati secondo ciò che è ammirato e considerato giusto e degno. In sostanza avviene una sorta di baratto implicito, anche se inconsapevole, tra il valore e il gusto della autonomia, del far vivere qualcosa di tratto, di generato da sè e che si ama sinceramente e disinteressatamente, tra la realizzazione di sè autentica e la realizzazione pilotata e venduta al consenso, trainata dalla convalida e dall'approvazione comune, cosa che riesce a incantare, a sedurre, a convincere. Ingenuità e incanto sono dunque le leve di un modo di intendere e condurre l'esistenza di cui ci si può considerare soddisfatti. C'è una parte di se stessi che però non si fa incantare, che non cade nell'irretimento delle false persuasioni e di comodo dentro cui spesso si trincera la parte conscia, c'è una parte che sa vedere e distinguere il vero dal fasullo, l'autentico dal posticcio, l'apparente autorealizzazione da ciò che è e che vale realmente, che sa riconoscere il risucchio dell'umano nel programmato e già plasmato. E' la parte intima e profonda del proprio essere, è l'inconscio, che non ha intenzione di rinunciare a rendere acutamente visibile il vero, che non intende desistere dal proporre e dal promuovere altro dall'andare dietro e dal farsi governare da soluzioni e da risposte pronte, che rilancia con insistenza  l'idea "folle" di cercare dentro sè risposte e punti chiave di orientamento, di portare a maturazione autonoma visione, di non concedere a altro di menare le danze. E' l'idea folle di diventare creatori di un proprio pensiero e scopritori di una idea di vita e di un progetto autonomi e forti di sostanza, di lucida consapevolezza e di  risorse proprie. Questa parte non desiste, dà segnali continui nel sentire e offre con i sogni, preziosissima risorsa, pensiero vero che guarda dentro e in profondità, non ammaestrato e non fotocopia del comune pensato. E' la parte intima e profonda, è l'inconscio che spinge verso la consapevolezza, che non asseconda ingenuità e incanto, leve e garanzie del perdersi nel realizzarsi dentro e secondo stampo. Non ha altra ragione e altro senso il malessere interiore, che il profondo anima e acutizza, non ha altro scopo, anche se stravolgerne la lettura e il significato e considerarlo disturbo o patologia da sanare è operazione assai frequente, normale. Ci si potrebbe chiedere perchè l'inconscio fa tante storie, perchè interviene in modo così forte. Ne vale la pena? Perchè non lascia che la vita scorra senza intralci così com'è? E' così importante la questione che solleva? Se si esce dall'idea che stare in pace e proseguire come d'abitudine sia la cosa più desiderabile e si comprende che il rischio è di diventare e ciecamente  solo copia d'altro, spegnendo ogni possibilità di aprire gli occhi sul vero, di cercare e di far scaturire da sè le risposte, le ragioni e gli sviluppi della propria vita e non di farsele consegnare e dettare, si può cominciare a comprendere, a condividere l'intento e la spinta del profondo. Più frequentemente però la lettura data al malessere interiore è di ben altro tipo e percorre altre strade. Non è certo raro che la terapia, che sia quella farmacologica o che sia una psicoterapia, spesso poco cambia, incapace e mal disposta a comprendere il significato di ciò che si svolge interiormente, soprattutto nelle sue espressioni più ardue e dolorose, facendo leva su criteri di giudizio circa ciò che sarebbe motivato o immotivato, disfunzionale o valido e funzionale, sano o  patologico, concepisca solo il recupero, il riassesto. E' un prendersi cura che ignora l'origine profonda, che non concepisce e non riconosce lo scopo del malessere, ciò a cui tende. Non è raro, ne è la fatale conseguenza, che l'azione di rabbercio di terapie varie, che le scoperte, date per decisive e illuminanti, delle presunte cause della sofferenza  interiore, frutto in realtà dell'idea preconcetta che la sofferenza, che il malessere interiore sia la conseguenza di un guasto da danno psicologico patito, che la fiducia data alla bontà e all'efficacia del lavoro di riaggiustamento, lascino intatto il quadro di insieme, che confermino l'incomprensione di ciò che il profondo voleva e insiste nel dire e smuovere. La risposta, in presenza di nuovi e ripetuti segnali di malessere, che spesso non mancano di riproporsi, l'inconscio infatti non desiste, è in genere di serrare i ranghi, di provare a combattere le presunte "ricadute" di una presunta patologia che non recede, non comprendendo che il riproporsi del malessere interiore segnala con forza che non ci sono stati ascolto, corrispondenza e comprensione delle questioni e delle necessità rilanciate dal profondo del proprio essere, che non ignora, che sa vedere ciò che la parte conscia non sa e non vuole riconoscere. Il profondo non rinuncia infatti, pur dopo tentativi di risoluzione della crisi che ha promosso e alimentato, crisi mal intesa e travisata, non compresa nelle sue ragioni e non assecondata nei suoi scopi, a spingere con forza, smuovendo il sentire, tornando a agitare il quadro interiore. Il suo scopo, non certo malefico e irragionevole, è di far aprire gli occhi dell'individuo sulla verità del proprio stato e del proprio modo di procedere, è di smuovere il suo pensiero dalla inerzia delle certezze prese in prestito, è di porre in primo piano la necessità di trarre da sè, di costruire in unità con tutto il proprio essere (l'inconscio è pronto a dare il contributo che più conta) le fondamenta della personale realizzazione autentica e non artificiale e illusoria, modellata e tenuta su da altro.

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