domenica 21 aprile 2024

La scienza e la pseudoscienza

La scienza nel suo significato più autentico si nutre di pensiero critico, del rigore della ricerca, che, non imbrigliata nel già concepito e consolidato, libera da preconcetti, da impazienza e da bisogno di trovare risposte pronte e di comodo, vuole vedere chiaro e verificare ogni cosa, senza limitazioni e riduzioni, senza approssimazioni, senza semplificazioni, senza concedere all'idea dell'ovvio e dell'inconfutabile mai. Tutto questo senza posa. La ricerca di verità e di conoscenza non è una prerogativa e una esclusiva di nessuno, per ognuno la possibilità e il compito di esercitare pensiero critico e attento, impegnato nella ricerca del vero, la facoltà di sviluppare conoscenza. Non è accettabile, è in totale contrasto con ciò che è e che persegue, sacralizzare la scienza, chiudendola nel santuario delle verità definitive e che non ammettono dubbi, rese tali dalla supposta autorevolezza e dall’ossequio a loro concesso di esperti, che pretendano e cui sia attribuita l’autorità di dettare cosa sia l'indiscutibile della conoscenza. Sul terreno psicologico non sono poche le insidie della scienza, sarebbe meglio dire della pseudoscienza, che si auto consacra come autorevole fonte di teorie, spiegazioni e soluzioni, che si pretendono scientificamente provate, da applicare a questo individuo e a quello. E' in gioco per ognuno la sorte della propria vita, la conoscenza di se stesso e la scoperta del senso e del potenziale della propria vita sono il fulcro, la bussola e sono il patrimonio vero di una vita, su cui fare conto per non lasciarsi portare da altro, sono qualcosa di singolare non equiparabile a altro, sono scoperte da coltivare con cura, col massimo di apertura  a se stessi, di disponibilità all’ascolto della propria interiorità, sono scoperte originali e inedite, non riportabili, se non attraverso forzature e manipolazioni, nello stampo di questa teoria o di quell’altra. Le esperienze interiori, le verità da scoprire, i modi e i percorsi per raggiungerle sono unici, diversi per ognuno, non rientrano in niente di già detto e spiegato e concepito. Non ci si può permettere di essere passivi e al traino di pensieri altrui, anche dei presunti accreditati esperti, di essere illusi o creduloni, ne va della propria sorte e del valore compiuto e soprattutto ancora incompiuto della propria vita. Nulla va dato per scontato. L'esperienza interiore di ognuno è patrimonio e risorsa di straordinario valore, unica e originale, merita perciò attenta considerazione e verifica il modo in cui è considerata e trattata. L'esperienza interiore è esposta infatti troppo spesso al rischio di essere oggetto di spiegazioni e di trattamenti a dir poco inappropriati. Lo è nel modo comune di pensare e di trattare l'esperienza e il disagio interiore, lo è non di meno e non raramente nel modo professionale dei cosiddetti esperti e delle scuole di pensiero a cui si affidano. La sofferenza interiore è specchio di se stessi, è lievito di verità e pungolo alla presa di coscienza, senza più rimandi e fughe, senza rifugio nell'abitudinaria lontananza da se stessi. L'esperienza interiore sofferta e che non concede agio e distensione, quieto vivere e andamento indisturbato e sciolto al passo con l'insieme, è crogiolo di verità da riconoscere, è presa decisa sull'individuo esercitata dal suo intimo e profondo, che non gli  concede più rinvii, che non vuole stare in ombra e alla periferia del suo essere, che vuole consegnargli e mettergli in primo piano sotto gli occhi non la cronaca e le invenzioni del ragionamento, ma il suo stato e modo di procedere, i nodi veri e insoluti della sua vita. Il profondo, che con decisione smuove la situazione interiore, che la orienta e plasma, vuole sostenere e promuovere, non la corsa per dare buona prova, non la tenacia del rimanere incollati agli eventi esterni, pronti a rimasticare i discorsi in auge, a non farsi sfuggire ciò che in genere si giudica importante e irrinunciabile, ma la necessità della personale crescita, non di immagine, ma di sostanza, del cambiamento per non essere solo un ruolo, una parte ben svolta e una parvenza d'essere, ma un'identità definita e originale, vera. Ebbene, se la tribolazione interiore è espressione dell'iniziativa di una componente intima e profonda dell'individuo che vuole, senza se e senza ma, dargli occasione di vedere chiaro in se stesso, per non proseguire incurante di verifiche attente e serie, accontentandosi del corso dell’esistenza secondo cosiddetta normalità, perdendo di vista la necessità di aprire gli occhi, di formare pensiero proprio e ben piantato sull'intima esperienza, di realizzare davvero se stesso per non fare sciupio della propria vita, pago soltanto di essere ben conforme all'insieme e confermato da sguardo e da giudizio comune, è sconfortante vedere come una simile esperienza interiore, così carica per chi la vive di significati e di potenzialità importanti e decisive, è spiegata e trattata abitualmente. La difficile e sofferta esperienza interiore è spesso letta come segno di malfunzionamento da correggere, come disturbo che nuoce da mettere a tacere, come patologia da sanare, come malaugurata conseguenza di questo o di quello che nel passato o nel presente avrebbe fatto danno. Ogni espressione della vita interiore, tutt'altro che secondaria a un danno patito, ben altro che espressione di malfunzionamento, sa e vuole dire e rendere tangibile una questione vera, rendere riconoscibile il modo d'essere e di procedere, di condurre la propria vita, di cui si è attori e responsabili verso se stessi, rendere più che fondata e comprensibile la necessità di adoperarsi per un profondo cambiamento. Nulla di ciò che si prova e si patisce interiormente, anche se difficile, doloroso e spiacevole, è privo di senso, anzi è carico di capacità di svelare, di far capire, non in modo freddo come con i ragionamenti, ma tangibile e toccante, acuto, qualcosa di centrale di se stessi, che riguarda il proprio stato e modo di procedere. Sia che, per fare qualche esempio, con l'ansia, dove si abbia la pretesa di procedere, anche se totalmente privi di conoscenza vera e fondata di se stessi e delle vere ragioni e implicazioni per sé del proprio modo di condurre la propria vita, segnali la verità di un traballante equilibrio, di un terreno fragilissimo e per nulla affidabile su cui si sta poggiando e muovendo i propri passi, sia che col vissuto depressivo spinga alla percezione cruda e dolorosissima del vuoto e dell'inconsistente, dell'anonimo e incolore, del volto spoglio di una vita, ora quasi insopportabile e opprimente, costruita solo sulla dipendenza da altri, sul far proprio ciò che altro da fuori, nell’esempio e nel pensato comune, ha indicato come strada da seguire e come realizzazione da cercare, senza nulla di generato e tratto da sè capace di dare alla propria vita volto, ricchezza e luce proprie, sia che con l'incastro ossessivo dei mille e disparati ragionamenti e dei controlli minuziosi, delle azioni preventive per tenere tutto in ordine e sotto controllo sveli impietosa che l'istanza di stare ben al sicuro e al riparo dalle proprie incognite e da se stessi ha fatto da fulcro dell'intera vita, tutto ciò che l'esperienza e la sofferenza interiore dice è significativo. Dare addosso al disagio, al malessere interiore per metterlo sotto cura e trattamento, affinché taccia e si normalizzi, facendo proprio il contributo di una pseudoscienza pronta a dare sostegno, credito e  manforte a simili propositi, anziché imparare, casomai con l’aiuto di chi sia capace di dare valido contributo in tal senso, a ascoltarlo, a farne tesoro, a riconoscerlo come terreno fertile seppur impegnativo per coltivare conoscenza di se stessi e nascita di qualcosa di proprio e di autentico, svela solo l'ignoranza di cui si è vittime, l'ottuso e pervicace attaccamento a far girare le cose nell'unico verso conosciuto e ritenuto normale e dovuto, reso scioccamente indiscutibile e assoluto.

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