domenica 7 marzo 2021

L'unità con se stessi

E’ molto spiacevole e, a pensarci bene, inaccettabile e tristissimo convivere con la parte intima e profonda di se stessi, che non è certo insignificante, senza trovare con lei intesa e comprensione, vivendola anzi come parte nemica, come oscura minaccia, da cui guardarsi. Le espressioni della propria vita interiore sono a volte difficili da capire, sembrano solo togliere, sconvolgere, fare danno e minare la propria sicurezza, in una parola sembrano essere nocive e basta. Non è vero. Nulla di ciò che si sperimenta interiormente è casuale e insensato, solo negativo e inaffidabile, nulla soprattutto lavora contro se stessi. Il punto decisivo, se si vuole comprendere il significato vero della propria esperienza interiore, è un altro, è che si ha dentro e nel proprio profondo capacità di visione lucida, non condizionata da illusioni e da interessi di autoconferma, di ciò che si è e che è importante capire, riconoscere, di ciò che è necessario costruire e mutare, per non perdersi, per non proseguire il proprio cammino di vita in modo in apparenza stabile e quieto, ma, casomai nella sostanza, sterile e fallimentare, infelice. Accade allora che dentro di sè questa parte, che è parte viva di se stessi (non va mai dimenticato!), prenda iniziativa, a volte forte, interiormente vistosa e sensibile, per spingere con decisione a entrare in contatto con qualcosa di meno evidente e scontato di quel che si vede e che si concepisce col ragionamento, ma che certamente ha più peso e rilevanza per sè di ogni altra cosa, di ogni ricerca della semplice continuità o del beneficio del quieto vivere. Insomma, il malessere non è mai un accidente negativo, una disgrazia, la semplice espressione di una debolezza o di un eccesso di vulnerabilità personali, non è un agitarsi scomposto, un meccanismo che impazza, è semmai il contrario, l’espressione di una ferma e lucida iniziativa interiore, per indurre a dare priorità alla riflessione su  se stessi, a portare lo sguardo su di sè, per guidare a scoprire e a costruire qualcosa di nuovo e che è profondamente riconosciuto necessario, anzi essenziale. Dal punto di vista di questa parte viva e profonda di se stessi non è prioritario stare bene in apparenza e procedere indisturbati, ma vedere con occhio attento, riflessivo la propria condizione e il proprio modo di procedere, per raggiungere consapevolezza vera, fondamento del cambiamento e della crescita personali, non di facciata, ma di sostanza, della conquista della capacità di fare propria la propria vita, di conoscere prima e poi di esprimere il meglio e il vero di se stessi. Questa parte profonda del proprio essere, non ha paura di mettere le cose in discussione e sottosopra, di creare a volte anche forte intralcio al consueto procedere, ma a fin di bene, del bene vero del conquistare qualcosa di più consapevole, di più autenticamente proprio, corrispondente a se stessi, e di più maturo. Certo la via tracciata dalla propria interiorità  risulta scomoda e non indolore, restituire a se stessi  la responsabilità, riconoscere la verità  di ciò che si è, che si è fatto e che si sta facendo, non eluderla o non ricoprirla di spiegazioni e di significati di comodo, costa e non poco. Va preso atto che, soprattutto all’inizio, fino alla scelta di avviare un serio lavoro su se stesso, c’è dissidio, forte contrapposizione tra la parte più conosciuta e frequentata del suo essere, cui nel tempo l’individuo si è sempre più legato e affidato, quella dove svolge i ragionamenti e dove prende decisioni, che è spesso affidata e prigioniera di un pensiero che si rigira su se stesso e che ricalca il convenzionalmente e comunemente concepito, e la sua parte profonda (quella che si esprime nelle emozioni, negli stati d’animo e nei sogni) che vede le cose, certamente con più disincanto e lucidità, con profondità di sguardo e con  radicamento nella esperienza vissuta, con consapevolezza dell’originale patrimonio personale e del percorso interiore e di presa di coscienza necessari per portare a compimento il proprio potenziale umano. La parte profonda, non assoggettata a vincoli di difesa e di mantenimento del già raggiunto e ottenuto e di aderenza al convenzionale, con più lungimiranza, scuote gli equilibri soliti, esercita pressioni utili a mettere in moto il cambiamento di cui conosce fondata e irrinunciabile necessità e utilità. Come fare per passare da uno stato di disunione, di paura di se stessi e di ciò che  si vive interiormente, a una condizione invece di dialogo, di comprensione del senso di tutto ciò che succede nel proprio spazio intimo, di lavoro unitario e solidale con la propria interiorità, accolta e ascoltata per intero? Questo è ciò che può consentire una buona psicoterapia, nel segno del promuovere nell’individuo l’ascolto, la capacità di avvicinarsi e di aprirsi a se stesso, imparando a rispettare e a valorizzare le proposte e a capire il linguaggio della propria interiorità, sia nei vissuti, nelle emozioni, pur intense e “tremende“ o in apparenza assurde, sia nei sogni. I sogni sono il pensiero elaborato ed espresso nel miglior modo possibile dalla parte profonda del proprio essere, che, se è intransigente e ferma nello smuovere le acque, nel creare clima di crisi e d’urgenza, è anche pronta e capace nel dare guide e indicazioni su come procedere nella riflessione e nella riscoperta di se stessi. Trovare unità con tutto il proprio essere, unità che restituisca all’individuo la sua vita, le sue vere ragioni e tutto il suo potenziale, è possibile.

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