mercoledì 8 gennaio 2025

Com'è facile, ma...

Com'è facile interpretare e condurre la propria vita in modo passivo dipendente, esonerati dal compito di trarre da sé, in accordo e in unità col proprio intimo, la scoperta dei significati, dei perché, delle potenzialità di cui si dispone, la comprensione degli scopi che si vogliono perseguire consoni e connaturati a sé! Com’è facile, pur credendo di essere artefici di scelte, di aspirazioni e di idee che le sostengono, muoversi dentro le guide, le definizioni e le soluzioni offerte da un sistema condiviso e organizzato che già offre le risposte e che fissa i modi e i percorsi per dare realizzazione a se stessi! Com'è facile assumere e svolgere la parte designata, farsi istruire e applicare le istruzioni senza renderselo manifesto, quanto è facile e gradito fare propria l'illusione che nei modi ben appresi ci sia espressione originale e valida di sè, segno di capacità, di conquista di valore, di movimento di crescita! Tutto pare filare liscio, i fili, che da fuori, da autorità del già concepito, organizzato e diffusamente pensato e praticato, muovono ogni movimento, tenuti nascosti al proprio sguardo, la meccanica della vita e della espressione di sè così regolata pare funzionare a meraviglia. Ma, c'è un ma. Può succedere, non è così raro che accada, che qualcosa dentro se stessi non collabori come si vorrebbe. Qualche intralcio, un sentire che non si armonizza, che anzi sembra fare dispetto alla riuscita del procedere consueto, che mette in campo timori, impacci, cadute di tensione e d'umore inaspettate, un senso di malessere e di insoddisfazione, qualche ombra di infelicità, segnali improvvisi di smarrimento e di mancanza di un terreno d'appoggio saldo, insomma il dentro che non combacia col fuori e con ciò che si vorrebbe, rende quella meccanica del vivere tutt'altro che fluida, rende la conduzione difficoltata. Impreparati a interrogarsi, a riconoscere la priorità e l'imprescindibilità della ricerca del senso, a riportare a sè la necessità di capire, di interrogare ogni espressione di sè senza darla per scontata, senza rivestirla di retorica, di spiegazioni di comodo e di sostegno perchè il tutto sia riconfermato e stia in piedi, ma cercando di ciò che si vive e che si mette in atto il vero, il confronto con i segnali interiori che danno risalto all'intimo significato, a ciò che muove e che implicano i propri modi di procedere, segnali che vogliono  spingere a prenderne visione, a farne verifica, non sono affatto riconosciuti come tali, ma prontamente liquidati come segni di disturbo, come segnali di insufficienza, di incapacità di far girare le cose nel verso abituale e comunemente giudicato normale. Quando, come nel modo di pensare e di procedere consueto, è imperante e fuori discussione, perciò fuori dal proprio campo di ricerca di consapevolezza, l'abitudine a muoversi su binari già segnati, a tenere il pensiero ben ritmato e regolato dal senso ovvio e comune, casomai cercando di fargli contrasto, ma sempre in appoggio e in relazione a qualcosa di già concepito, ecco che, se da dentro se stessi arrivano i segnali di un atteggiamento ben diverso da quello passivo e condiscendente, tutto ciò che interiormente non si rende omogeneo alle attese e che dissona è vissuto solo come una complicazione sgradita e il giudizio, senza appello, è di trovarsi in presenza di ostacoli da superare. Non c'è disponibilità a ascoltarsi, a dare credito e a rispettare il proprio intimo, perchè le cose devono procedere, non possono che procedere sui binari soliti e dunque ciò che interiormente non concorda va tenuto a bada, va sistemato e corretto. Nelle sue espressioni discordi, tutt'altro che stupide e senza senso, ciò che vive e si propone interiormente è giudicato prontamente, perentoriamente come disturbo, come malfunzionamento, bollato come segno di inadeguatezza, come anomalia da correggere, casomai da spiegare nel suo insorgere e persistere cercandogli qualche motivo esterno contingente o più spesso qualche remota causa, che so qualche cattiva influenza o inadempienza dei genitori, qualche trauma patito. Quel che conta è che lo si possa piegare al proprio ottuso modo di intendere, che vuole, che ha prestabilito che quel modo di procedere, equivocato come autonomo, in realtà tutto in appoggio a altro e che esonera dal cercare risposte e dal costruire basi di pensiero e di consapevolezza veramente proprie, sia fuori discussione e che vada salvaguardato. Salvaguardarlo spinge, con la persuasione di tutelare il proprio bene, a fare macello di ciò che dentro se stessi, mosso da una parte tutt'altro che di poco conto del proprio essere, solleva obiezioni, dà spunti validi e puntuali di ricerca, colpevole però di inceppare il meccanismo solito. Forti del bagaglio del senso comune, ben assistiti da mentalità comune e da voci di presunta scienza psicologica e provvida di cure, di terapie, scienza che vede l'umano in modo conforme al presunto umano ben declinato nella meccanica del procedere dentro e su binari già segnati, che non riconosce all'individuo di avere in sè l'istanza e la necessità irrinunciabile di vedere con i propri occhi, di concepire da sè, di generare ciò che invece è già lì pronto, definito, organizzato e reso sacrosanto  come "la realtà" dentro cui stare, da cui non è possibile prescindere e dai cui confini non è pensabile uscire se non per qualche anomalia o per ingenuità, forti di tutto questo armamentario del consenso si è pronti a mettere a tacere, a dare battaglia contro ciò che interiormente vuole riaprire i giochi, mettere in discussione tutto l'insieme della meccanica del vivere consueto. E' facile facile riprodurre, recitare la parte, convincersi che apprendere e sapere, che appiccicarsi cultura equivalga a sviluppare conoscenza, che indossare un ruolo cui fa seguito una qualche considerazione comune significhi possesso di capacità e espressione di merito, che mettere assieme ciò che è ritenuto valido e necessario per darsi completamento normale e felice sia la vera realizzazione di se stessi e un passaggio di crescita della propria vita. Il movimento docile e ammaestrato appare al proprio e all'altrui sguardo come un movimento autonomo, la semplificazione nell'intendere e interpretare la propria vita sono a pronta disposizione e il fatto che tutto attorno concordi fa da persuasore occulto. Consegnarsi il compito di capire cosa si sta facendo di se stessi, come ci si sta muovendo pare compito superfluo, anzi proprio inconcepibile. E' un compito impegnativo, molto di più del farsi portare e dello svolgere la parte in una sceneggiatura, assumendo un copione dell’esistenza già bell'e combinato e scritto, è impegnativo e però è a misura dell'umano, che non può ridursi alla riproduzione inconsapevole, spacciata per idea e impresa propria. E' un compito ben più impegnativo coltivare, trarre da sé le risposte e la capacità di concepire. Dentro se stessi è proprio questo che non è oggetto di rinuncia. Tutto il divenire dell'esperienza interiore è finalizzato a riaprire dove tutto pare a senso unico, scontato, considerato persino ovvio, naturale, normale come si ama dire, ben sigillato. L'inconscio non è docile e addomesticato, non è piegato al senso di cosiddetta realtà, che è un imperativo a concepire le cose in quell'unica maniera, l'inconscio non è ottuso, è ben sveglio, interroga, cerca il senso e il perchè di ogni movimento e scelta che si compie, cerca e riconosce la verità delle cose senza veli e di questo vuole parlare sia attraverso i vissuti che attraverso i sogni. La parte interiore e profonda, non un'appendice che si vorrebbe gregaria, ma la parte di se stessi che sa con intelligenza non rendersi conforme e omogenea alla meccanica del vivere dentro guide e su binari ben segnati, ci prova con puntiglio, con ostinazione a riaprire i giochi, i giochi dell'esistenza che vorrebbe essere finalmente costruita e tradotta come libera e consapevole, autonoma e matura, come spetterebbe all'essere umano non meccanizzato. E' una proposta non di facile e pronto uso, come lo è quella di muoversi e di cercare soluzioni dentro le guide e i percorsi già segnati, è una proposta che, se assunta e condivisa dalla totalità dell'individuo, può portarlo all'inimmaginabile, alla capacità, in unità e con la guida del proprio profondo, senza sostegni e suggerimenti esterni, di generare e di sviluppare il proprio originale pensiero, di riconoscere il proprio autentico progetto e di farlo vivere.

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