La via per conoscere se stessi è quella dell’incontro col
proprio intimo e profondo, dell'ascolto della propria interiorità, non quella
basata sull'impiego unilaterale del pensiero razionale, che, senza stretto
legame col sentire e senza la sua guida, illude chi ne fa uso di conoscersi
attraverso qualche costruzione logica, in apparenza coerente. E' frequente in
questi casi cercare sostegno e guida in libri e in teorie varie, nutrendo la
persuasione di trovare sicuro fondamento per la conoscenza di se stessi nella
autorità di qualche presunto esperto o maestro, che sul terreno della
psicologia sia il capostipite o il discepolo di un indirizzo classico o l’esponente
di nuove scuole non fa differenza, considerato capace di garantire spiegazioni
valide e attendibili, come ci fosse attorno all’esperienza e alla realtà
interiore un sapere capace di anticipare, ovunque e per chiunque, le risposte,
un sapere che sa già, valido per tutti ed esauriente. Senza rapporto con se
stessi, senza ricerca viva, senza ascolto e dialogo con la propria interiorità,
senza sviluppo di capacità riflessiva che permetta, non di parlargli sopra, ma
di aprire gli occhi su ciò che il proprio sentire rende tangibile e
riconoscibile, nessuna conoscenza fondata e affidabile è possibile. La vicenda
interiore di ogni individuo è singolare, sa dove condurre, è capace, ben
guidata dal profondo, di offrire la base viva di una conoscenza unica e mai
scontata. Col sentire, col succedersi, mai casuale, di emozioni, di stati
d'animo, di spinte interiori, che, momento dopo momento, accompagnano
l'esperienza e, in modo superlativo, con i sogni, il profondo, magistralmente,
sa tracciare il cammino di ricerca e offrire il nutrimento, che ovviamente va
saputo fedelmente intendere, fare proprio e assimilare, alla conoscenza di se
stessi, che, così vera e consona a se stessi, non può essere raggiunta in
nessun altro modo e attinta a nessuna altra fonte. Anzi, il rischio, prendendo
da altra fonte le risposte, incamerandole e rimasticandole col ragionamento, è
di produrre lontananza da sè, incomprensione con se stessi. Questa di porre al
centro e a fondamento della conoscenza intima e personale il rapporto e
l'ascolto della interiorità, del profondo, è la scelta che prima di tutto ho
fatto con me stesso. Senza la mia personale esperienza analitica, senza il
lavoro su di me, senza ricerca viva continua e esercizio di riflessione e di
dialogo con la mia interiorità, non avrei potuto e non potrei offrire nulla, se
non costruzioni artificiali, casomai apprezzate, ma sterili e avulse dalla
verità intima e viva, non avrei portato nella mia vita e nel mio lavoro se non
chiacchiera o tecnica presa e appresa da qualche parte e mestiere. Mi sono
proposto nell’esperienza analitica con l’altro, di non dire e di non introdurre
nulla che non si rendesse riconoscibile nel vivo della sua vicenda interiore.
In ogni momento cerco di passare attraverso esperienza viva e ascolto, per evitare
che prenda il sopravvento il pensiero preso da altra fonte e riplasmato col
ragionamento, pensiero ingannevole che oscura e che non lascia accogliere e
valorizzare ciò che, passo dopo passo, il corso della vicenda interiore sa e
vuole proporre e dire. Propongo all’altro di avvicinarsi a se stesso, di
rivolgersi sempre alla sua esperienza interiore come sicura base e veicolo di
incontro con se stesso e di scoperta del vero, incoraggio la fiducia nella sua
interiorità come guida e maestra, dandogli modo di scoprire e di toccare con
mano che tale è e sa essere. Se non avessi aperto e se non aprissi di continuo
agli svolgimenti e alla dialettica interiore, se non mi fossi educato a questa
apertura e valorizzazione dell’interiorità, partendo dal rapporto e dal dialogo
con la mia interiorità, sarei finito e finirei fatalmente per esportare, per
girare sull'altro e per rinsaldare in lui un atteggiamento manipolativo, spesso
già presente in lui, nei confronti delle vicende e delle vicissitudini
interiori, di impaziente bisogno di tenerle a bada e di risolverle, di
spiegarle col ragionamento e non di imparare riflessivamente a raccoglierne
ogni volta, in ogni momento la proposta e l'intelligenza insita. E’ un
atteggiamento manipolativo che rischia di essere presente e di porsi a
fondamento di non poche psicoterapie, tanto in apparenza benevolo e soccorrevole,
tanto in apparenza rivolto a intendere e a capire l’esperienza intima, quanto
in realtà capace di segnare lontananza e rottura con l’interiorità, che non è
oggetto da indagare, su cui esercitare un lavorio di spiegazioni e di
interpretazioni, che ancora meno è oggetto da correggere e da risistemare con
pregiudizio circa ciò che sarebbe valido e funzionale ottenere, ma soggetto
vivo che, sapientemente e accortamente, in tutte le sue espressioni anche le
meno piacevoli e facili, comunica e dice
ciò che è di vitale importanza comprendere di se stessi, che è l’unica fonte capace
di formare, di indirizzare e nutrire la conoscenza di se stessi, la scoperta
del vero. Il rischio è, pur con la parvenza di un lavoro di presa di
consapevolezza, di rendere ancora più forte una sostanziale incomunicabilità
con se stessi. Senza scoperta di verità e di significati passando attraverso se
stessi, attraverso vero e rispettoso ascolto e dialogo con la propria
interiorità, si finisce fatalmente, sia facendo da sé, sia non poche volte con
l’aiuto di una psicoterapia, per avvalersi e per far valere preconcetti,
risposte automatiche e preconfezionate, non riconosciute come tali, accreditate
invece come valide, intrappolandosi nella ricerca di risposte e di spiegazioni
pronte o artificiali del ragionamento e non profondamente e originalmente
proprie, non fondate sul proprio sentire. Senza stretto vincolo con l'esperienza
interiore e senza riconoscere e valorizzare la sua funzione guida, è fatale nel
rapporto con le difficoltà interiori la rincorsa a cercare antidoti e soluzioni
liberatorie, che in realtà sono atto liberatorio verso e contro se stessi,
altro dalla ricerca dell‘incontro e del dialogo con ciò che vive dentro se
stessi, dall’ascolto e dalla scoperta di ciò che il proprio profondo sta
proponendo e promuovendo, che, anche quando arduo e sofferto, è il solo capace,
consono a se stessi e da se stessi profondamente originato, di dare contenuto
vero e senso alla propria vita.
domenica 26 gennaio 2025
Conoscere se stessi
mercoledì 22 gennaio 2025
L'intento dei sogni
Non è raro che un sogno tocchi particolarmente la
sensibilità del sognatore e lasci in lui una traccia, un seguito, capace di
influenzarne l'umore, la giornata. Che vogliano incidere è nelle intenzioni dei
sogni, di tutti i sogni, anche di quelli che non hanno così forte impatto. C'è
in ogni caso volontà di coinvolgere, di persistere, di ottenere ascolto. Perché
possano incidere davvero è necessario però che i sogni siano compresi e
acquisiti in ciò che intendono comunicare e dire, cosa non facile, poco
probabile purtroppo per come vengono abitualmente intesi e letti. Dei sogni si
pensa spesso ciò che non sono. I sogni non sono fantasie, non sono espressione
di desideri inappagati, sono pensiero, di cui l'inconscio è capace, acutissimo
e calzante, il più adatto a descrivere la situazione interiore di chi sogna, a
porgli questioni di capitale importanza e di estrema attualità per lui. Se si
leggono i sogni in chiave concreta e banale, riferendo tutto sempre al rapporto
con l’esterno, con gli altri, adagiandosi su modi di pensare e di intendere i
significati convenzionali, cosa che capita frequentissimamente, non li si
comprende affatto. I sogni usano il linguaggio simbolico, il più adatto e
valido per guardare dentro se stessi, per
riconoscere la propria realtà oltre la crosta di superficie dei fatti e portandosi
oltre la logica comune, oltre la barriera del proprio pensare solito, in larga
parte chiuso su se stesso e preconcetto. Ad esempio la presenza nel sogno di
una persona non significa che si sta parlando di lei concretamente, della sua
incidenza nella propria vita, della relazione con questa persona e delle
problematiche che ne derivano. La presenza della persona nel sogno, andando a
cercare e tenendo conto di ciò che la caratterizza agli occhi del sognatore, dà
volto e serve a ritrarre una modalità, un atteggiamento, un’espressione che in
quella persona è più marcato e più facilmente riconoscibile, ma che appartiene
alla personalità del sognatore. L'inconscio non vuole parlare di quella persona
là fuori e delle questioni di rapporto con lei, ma, inserendo la sua presenza
nel sogno, vuole dare volto, rendere riconoscibile una modalità, un aspetto
della personalità del sognatore e far comprendere il modo in cui agisce all’interno
di se stesso e in cui è trattata sempre all’interno di se stesso. Lo scopo che
persegue l’inconscio nei sogni è sempre la conoscenza di se stessi, di ciò che
si svolge interiormente, che è proprio ciò che è fuori dallo sguardo abituale
del sognatore, tutto puntato all’esterno di sé e fortemente incline a far
discendere e dipendere tutto da cause e
da fattori esterni. Per intero in tutti i suoi componenti, siano persone,
animali, luoghi o cose, il sogno descrive simbolicamente parti vive del
sognatore. I sogni non sono affatto caotici e privi di costrutto, non sono un
insieme disorganico e casuale di frammenti di ricordi, di fatti della giornata
che ritornano e che l'inconscio registra e rilancia passivamente, non sono produzioni
fantasiose, sono elaborazioni di pensiero estremamente attento, affatto vago e
buttato lì in modo sparso e disordinato. Il pensiero che l'inconscio vuole
comunicare e guidare a formare attraverso il sogno è lucidissimo e di estrema
precisione, nulla è inserito nel sogno, fin nei più minuti particolari, per
caso. Tutto organicamente all'interno di un sogno compone un pensiero, un
significato, che certamente non è di immediata comprensione e riconoscibile con
la presa razionale, perchè non è omogeneo e parte di ciò che il sognatore è
abituato a pensare, ma viceversa segna la conquista di una visione più
approfondita e vera. Il sogno ha capacità, se inteso fedelmente e compreso, di
aprirgli gli occhi in modo nuovo, non condizionato da preconcetti e da
interessi che non siano di riconoscere il vero. Il sogno non arriva mai per
caso, non arriva sotto la spinta e l'urgenza di un movente esterno, di un
accadimento, di una causa capace dall’esterno di determinarlo. Il respiro e
l'orizzonte del sogno vanno ben oltre l’incidenza e la contingenza dei fatti
quotidiani, semmai l'inconscio sa valorizzare momenti dell'esperienza, che sa
richiamare nel sogno, per ciò che sanno rivelare di se stessi, inserendoli
dentro una trama di riflessione e di pensiero che vanno ben oltre. Non c'è
sogno che non sia capace di dare risalto a ciò che è importante e decisivo da
riconoscere per il sognatore, che non sappia porre al centro la riflessione su
se stesso, l'individuazione dei nodi fondamentali della sua vita da chiarire e
da sciogliere. Non c'è nulla di più vero, reale e rispondente alle necessità di
presa di coscienza e di crescita di un individuo, dei suoi sogni in ciò che
vogliono rendergli riconoscibile di se stesso, nelle questioni che vanno a
rischiarare. Il pensato o meglio il preconcetto comune è che se da un lato c’è
la realtà con i suoi temi, con le sue necessità e urgenze, dall’altro ci sono i
sogni che parlano d’altro un po' fuori dal mondo, un po' etereo e senza base e
rispondenza con ciò che più conta e tocca da vicino la sorte di ognuno. Nulla
di più falso, di meno corrispondente a ciò che i sogni sono e hanno capacità e
intento di dire e di dare. Semmai rispetto a una visione quotidiana della
cosiddetta realtà, che non rivela ciò che è implicato per ognuno, ciò che è
cruciale, i sogni vanno proprio a toccare i punti vitali, a svelare ciò che
ognuno sta facendo di se stesso, i suoi modi di procedere, le questioni insolute,
le implicazioni vere. Il racconto che ognuno fa di se stesso e della propria
esperienza poggia su idee e fa suo l’impiego di schemi, di attribuzioni di
significato convenzionali, che non corrispondono affatto alla verità insita
nella propria esperienza. C’è poi la tendenza a sorvolare, a aggiustare i significati
dell’esperienza che si vive e di ciò di cui si è autori e responsabili, a
renderlo conforme a ciò che più rassicura. I sogni non seguono questa tendenza,
viceversa portano lo sguardo nell’intimo vero e non rinviano la presa di
coscienza di ciò che è conseguente a scelte e a modi di procedere abituali.
Niente di astratto e etereo, niente di fantasioso, il pensiero promosso dai
sogni è il più vicino e reale possibile. Se in ogni singolo sogno è racchiusa
intelligenza di ciò che sta accadendo all’individuo, non c’è discontinuità o estemporaneità
di iniziativa dell’inconscio di sogno in sogno. Ci sono sogni che a volte
insistono e si ripetono nel tempo, sogni ricorrenti che se battono e ribattono
sullo stesso tasto significa che quello è un punto fondamentale da affrontare e
da acquisire. Al di là di questo,
scorrendone tutta la produzione, i sogni fatti di seguito nel tempo, questo
anche considerando l’intero arco di vita, sono tutti interconnessi, non c'è un
susseguirsi di sogni casuale, c'è un filo che li lega, c'è uno sviluppo di
ricerca che li vede uniti e in consonanza tra loro. I sogni, in concordanza con
tutto ciò che si svolge interiormente sul terreno del sentire, di entrambi,
sogni e sentire, è ispiratore l’inconscio, contribuiscono in modo decisivo a
chiarire le ragioni e il senso del malessere interiore, della crisi che ha
investito l’individuo, a farne comprendere e a promuoverne lo scopo. Il
percorso di avvicinamento a se stessi, di scoperta e di conoscenza di se
stessi, di presa di visione del vero, di profonda trasformazione che ne deriva,
come accade nel corso dell’esperienza analitica, di una valida e ben condotta
esperienza analitica, è indirizzato, alimentato con grande maestria e saggezza
dai sogni, che esercitano un ruolo guida fondamentale e imprescindibile. Non ci
sono sogni negativi o brutti, che, al di là dell’apparenza, se compresi, si
rivelino tali, anzi incubi e sogni cosiddetti brutti hanno un alto potenziale
comunicativo, racchiudono una capacità di illuminare, di dare consapevolezza,
senza nulla tacere o addomesticare per comodo nella ricerca del vero, che non
ha eguali, perciò, se intesi e fatti propri nel loro autentico significato,
sono prezioso alimento per la propria crescita. Quando nel vivo di un’esperienza
vissuta in sogno ci si trova a vivere un che di angoscioso, di tremendo, di inquietante
anche in forma estrema, capita che presto al risveglio ci si dica che per
fortuna si trattava solo di un sogno, con ciò provando o rischiando di
cancellare ciò che l’inconscio ha voluto e saputo rendere così tangibile e
coinvolgente. Non si è trattato di una falsa percezione, di una paura
irrazionale, di una angoscia dettata da un momento di particolare debolezza o
stress, come si usa dire, ma nel sogno ha voluto rendersi riconoscibile
qualcosa di assolutamente vero, che va saputo intendere non nella chiave
concreta, ma per ciò che significa nella verità del proprio modo di condurre la
propria vita e il rapporto con se stessi. Se si impara a intendere, a rendersi
familiare e a fare proprio il linguaggio interiore, come accade dentro e
attraverso l’esperienza analitica, se si smette di guardare solo l’esterno, di rimasticarne
la logica e di leggere tutto con le
lenti del preconcetto, i sogni sanno essere le guide e l’alimento più valido
per capire, per conoscersi, per leggere la propria vita e il cammino che si sta
facendo.
domenica 12 gennaio 2025
La normalità
E' normalità, segue cioè un corso, tutt’altro che
insolito e infrequente, considerato e celebrato
come valido e normale, fondare la fiducia in se stessi sul dare prova secondo
un codice prestabilito e condiviso, è normalità riconoscersi valore nel
riscuotere apprezzamento, soddisfacendo aspettative e pretese, ricevendone in
cambio convalida, è normalità stare dentro la visione condivisa, nei suoi
confini, nelle sue argomentazioni, riducendo la propria libertà di espressione,
di pensiero e di critica nel dire la propria dentro e su argomenti e temi
predefiniti. Gli elementi costitutivi più importanti della propria personalità,
della conoscenza di sè, della scoperta della propria identità e della
formazione e dell'esercizio del proprio pensiero, si formano su queste basi, in
appoggio a altro che suggerisce e detta e che in cambio della buona resa
certifica, apprezza e garantisce. Altro provvede a dare le guide. Assumerlo come guida e come autorità garante
facilita, dà immediate soluzioni e soddisfazioni alle necessità di conoscenza, di scoperta di significati e di scelte di indirizzo della propria vita, ma, anche se su questo
cala “normalmente” il velo dell’inconsapevolezza, devia da sé, esautora se stessi dalla
prerogativa di vedere e di accertare da sè cosa sia valido e perché, altera
profondamente il processo di crescita personale. Il normale corso, su supporto
e guida presi da fuori, produce un processo di formazione e di crescita
personale apparente, nella sostanza infedele e fasullo, che di fatto si
sostituisce al lavoro di ricerca e di scoperta proprio e originale, il solo che
può escludere artefatti, che può garantire genuinità e corrispondenza,
concordanza con le proprie vere qualità e appartenenze, con le proprie
originali potenzialità. Il lavoro di ricerca e di conoscenza di se stessi fatto,
coltivato e generato da sè non è di immediata traduzione come lo è
disciplinarsi e dare prova, che richiedono solo capacità di adattamento, di
imitazione e di assecondamento di un che di già definito. Ammaestrarsi
certamente limita e mortifica le reali possibilità e necessità di crescita
personale, oltre a rendere bisognosi di attingere sempre da fuori risorse e
occasioni, dentro un legame di dipendenza che si autoalimenta. Il danno
sostanziale è di diventare riproduzione di altro anzichè capaci di autonoma
visione e di autogoverno nel comprendere e decidere le finalità congeniali
della propria vita e nel saperle perseguire. Creature d'altro non si può che
tornare a ogni passo a cercare in altro le guide, i sostegni, le conferme,
espropriati della capacità di concepire da sè e di avere nell'intesa con se
stessi in cardine e la bussola della propria esistenza. Il tutto costruito ad
arte e considerato non un che di alieno, ma trattato e difeso come se fosse
vero, come se fosse patrimonio e opera propria, non un artefatto, non un
sostituto di ciò che di originale e vero ancora attende di essere coltivato e
compreso. Se l’inconscio ha la capacità di vedere e di distinguere tra il simil
vero e l’autentico, se ha capacità di riconoscere il danno che ne deriva, la
rinuncia a sé e a generare e a far vivere qualcosa di proprio, è comprensibile
che intervenga e non certo per compromettere il proprio bene, ma per trarlo in
salvo. Il malessere interiore è il primo necessario passo per scuotere
l’edificio fasullo e l’inerzia nel tenerlo in piedi, per aprire una crisi che
vuole diventare occasione di presa di coscienza e punto di partenza per
invertire la rotta e aprire una stagione di rinascita vera in cui da sé e nel
rapporto con se stessi possa formarsi l’originale e non l’artefatto, perché torni
e si collochi saldamente nelle proprie mani
la guida della propria vita.
mercoledì 8 gennaio 2025
Com'è facile, ma...
Com'è facile interpretare e condurre la propria vita in
modo passivo dipendente, esonerati dal compito di trarre da sé, in accordo e in
unità col proprio intimo, la scoperta dei significati, dei perché, delle
potenzialità di cui si dispone, la comprensione degli scopi che si vogliono
perseguire consoni e connaturati a sé! Com’è facile, pur credendo di essere
artefici di scelte, di aspirazioni e di idee che le sostengono, muoversi dentro
le guide, le definizioni e le soluzioni offerte da un sistema condiviso e
organizzato che già offre le risposte e che fissa i modi e i percorsi per dare
realizzazione a se stessi! Com'è facile assumere e svolgere la parte designata,
farsi istruire e applicare le istruzioni senza renderselo manifesto, quanto è
facile e gradito fare propria l'illusione che nei modi ben appresi ci sia
espressione originale e valida di sè, segno di capacità, di conquista di
valore, di movimento di crescita! Tutto pare filare liscio, i fili, che da
fuori, da autorità del già concepito, organizzato e diffusamente pensato e
praticato, muovono ogni movimento, tenuti nascosti al proprio sguardo, la
meccanica della vita e della espressione di sè così regolata pare funzionare a
meraviglia. Ma, c'è un ma. Può succedere, non è così raro che accada, che qualcosa
dentro se stessi non collabori come si vorrebbe. Qualche intralcio, un sentire
che non si armonizza, che anzi sembra fare dispetto alla riuscita del procedere
consueto, che mette in campo timori, impacci, cadute di tensione e d'umore
inaspettate, un senso di malessere e di insoddisfazione, qualche ombra di
infelicità, segnali improvvisi di smarrimento e di mancanza di un terreno
d'appoggio saldo, insomma il dentro che non combacia col fuori e con ciò che si
vorrebbe, rende quella meccanica del vivere tutt'altro che fluida, rende la
conduzione difficoltata. Impreparati a interrogarsi, a riconoscere la priorità
e l'imprescindibilità della ricerca del senso, a riportare a sè la necessità di
capire, di interrogare ogni espressione di sè senza darla per scontata, senza
rivestirla di retorica, di spiegazioni di comodo e di sostegno perchè il tutto
sia riconfermato e stia in piedi, ma cercando di ciò che si vive e che si mette
in atto il vero, il confronto con i segnali interiori che danno risalto
all'intimo significato, a ciò che muove e che implicano i propri modi di
procedere, segnali che vogliono spingere
a prenderne visione, a farne verifica, non sono affatto riconosciuti come tali,
ma prontamente liquidati come segni di disturbo, come segnali di insufficienza,
di incapacità di far girare le cose nel verso abituale e comunemente giudicato
normale. Quando, come nel modo di pensare e di procedere consueto, è imperante
e fuori discussione, perciò fuori dal proprio campo di ricerca di
consapevolezza, l'abitudine a muoversi su binari già segnati, a tenere il
pensiero ben ritmato e regolato dal senso ovvio e comune, casomai cercando di
fargli contrasto, ma sempre in appoggio e in relazione a qualcosa di già
concepito, ecco che, se da dentro se stessi arrivano i segnali di un
atteggiamento ben diverso da quello passivo e condiscendente, tutto ciò che
interiormente non si rende omogeneo alle attese e che dissona è vissuto solo
come una complicazione sgradita e il giudizio, senza appello, è di trovarsi in
presenza di ostacoli da superare. Non c'è disponibilità a ascoltarsi, a dare
credito e a rispettare il proprio intimo, perchè le cose devono procedere, non
possono che procedere sui binari soliti e dunque ciò che interiormente non
concorda va tenuto a bada, va sistemato e corretto. Nelle sue espressioni
discordi, tutt'altro che stupide e senza senso, ciò che vive e si propone
interiormente è giudicato prontamente, perentoriamente come disturbo, come
malfunzionamento, bollato come segno di inadeguatezza, come anomalia da
correggere, casomai da spiegare nel suo insorgere e persistere cercandogli
qualche motivo esterno contingente o più spesso qualche remota causa, che so
qualche cattiva influenza o inadempienza dei genitori, qualche trauma patito.
Quel che conta è che lo si possa piegare al proprio ottuso modo di intendere,
che vuole, che ha prestabilito che quel modo di procedere, equivocato come
autonomo, in realtà tutto in appoggio a altro e che esonera dal cercare
risposte e dal costruire basi di pensiero e di consapevolezza veramente
proprie, sia fuori discussione e che vada salvaguardato. Salvaguardarlo spinge,
con la persuasione di tutelare il proprio bene, a fare macello di ciò che
dentro se stessi, mosso da una parte tutt'altro che di poco conto del proprio
essere, solleva obiezioni, dà spunti validi e puntuali di ricerca, colpevole
però di inceppare il meccanismo solito. Forti del bagaglio del senso comune,
ben assistiti da mentalità comune e da voci di presunta scienza psicologica e
provvida di cure, di terapie, scienza che vede l'umano in modo conforme al
presunto umano ben declinato nella meccanica del procedere dentro e su binari
già segnati, che non riconosce all'individuo di avere in sè l'istanza e la
necessità irrinunciabile di vedere con i propri occhi, di concepire da sè, di
generare ciò che invece è già lì pronto, definito, organizzato e reso
sacrosanto come "la realtà"
dentro cui stare, da cui non è possibile prescindere e dai cui confini non è
pensabile uscire se non per qualche anomalia o per ingenuità, forti di tutto
questo armamentario del consenso si è pronti a mettere a tacere, a dare
battaglia contro ciò che interiormente vuole riaprire i giochi, mettere in
discussione tutto l'insieme della meccanica del vivere consueto. E' facile
facile riprodurre, recitare la parte, convincersi che apprendere e sapere, che
appiccicarsi cultura equivalga a sviluppare conoscenza, che indossare un ruolo
cui fa seguito una qualche considerazione comune significhi possesso di
capacità e espressione di merito, che mettere assieme ciò che è ritenuto valido
e necessario per darsi completamento normale e felice sia la vera realizzazione
di se stessi e un passaggio di crescita della propria vita. Il movimento docile
e ammaestrato appare al proprio e all'altrui sguardo come un movimento
autonomo, la semplificazione nell'intendere e interpretare la propria vita sono
a pronta disposizione e il fatto che tutto attorno concordi fa da persuasore
occulto. Consegnarsi il compito di capire cosa si sta facendo di se stessi,
come ci si sta muovendo pare compito superfluo, anzi proprio inconcepibile. E'
un compito impegnativo, molto di più del farsi portare e dello svolgere la
parte in una sceneggiatura, assumendo un copione dell’esistenza già bell'e
combinato e scritto, è impegnativo e però è a misura dell'umano, che non può
ridursi alla riproduzione inconsapevole, spacciata per idea e impresa propria.
E' un compito ben più impegnativo coltivare, trarre da sé le risposte e la
capacità di concepire. Dentro se stessi è proprio questo che non è oggetto di
rinuncia. Tutto il divenire dell'esperienza interiore è finalizzato a riaprire
dove tutto pare a senso unico, scontato, considerato persino ovvio, naturale,
normale come si ama dire, ben sigillato. L'inconscio non è docile e
addomesticato, non è piegato al senso di cosiddetta realtà, che è un imperativo
a concepire le cose in quell'unica maniera, l'inconscio non è ottuso, è ben
sveglio, interroga, cerca il senso e il perchè di ogni movimento e scelta che
si compie, cerca e riconosce la verità delle cose senza veli e di questo vuole
parlare sia attraverso i vissuti che attraverso i sogni. La parte interiore e
profonda, non un'appendice che si vorrebbe gregaria, ma la parte di se stessi
che sa con intelligenza non rendersi conforme e omogenea alla meccanica del
vivere dentro guide e su binari ben segnati, ci prova con puntiglio, con
ostinazione a riaprire i giochi, i giochi dell'esistenza che vorrebbe essere
finalmente costruita e tradotta come libera e consapevole, autonoma e matura,
come spetterebbe all'essere umano non meccanizzato. E' una proposta non di
facile e pronto uso, come lo è quella di muoversi e di cercare soluzioni dentro
le guide e i percorsi già segnati, è una proposta che, se assunta e condivisa
dalla totalità dell'individuo, può portarlo all'inimmaginabile, alla capacità,
in unità e con la guida del proprio profondo, senza sostegni e suggerimenti
esterni, di generare e di sviluppare il proprio originale pensiero, di
riconoscere il proprio autentico progetto e di farlo vivere.
giovedì 2 gennaio 2025
L'ansia: l'allarme per ritrovarti
Alle prese con un'esperienza interiore sempre più ardua e
sofferta, con un'ansietà che non ti dà tregua, che non ti permette di procedere
se non con questo peso interno, sei tentato prima di tutto di costruire un
argine, pensandoti come assediato da una forza nemica e deleteria, di
rincorrere da qualche parte un rimedio. Forte è la spinta a cercare opinioni e
risposte fuori, casomai per scoprire per tuo sollievo e rassicurazione che
anche altri ha provato o sperimenta qualcosa di simile, augurandoti che qualcuno
o qualcosa possa darti una via e un mezzo di uscita (di uscita e non di entrata
in ciò che di intimo stai vivendo, che richiede non capacità di fuga, ma
sviluppo di capacità di incontro e di ascolto). Raccogliere opinioni e
suggerimenti di altri può non essere una gran soluzione, ognuno nel trattare
ciò che, unico e originale, vive dentro di te ci metterebbe del proprio di
preconcetti, di modi pari pari a quelli che è abituato a impiegare nel trattare
la propria esperienza, tipo cercare spiegazioni di ciò che vissuto, perchè
spiacevole e insolito, sembra da subito anomalo, facendolo risalire a cause
esterne, tipo suggerire modi per provare a metterlo sotto controllo, tipo
rifarsi e delegare subito la comprensione dei propri stati d'animo, delle ardue
esperienze vissute alle teorie e alle tecniche sostenute dall’esperto di turno
o, già prima di ascoltare e di provare a capirsi, avere cura di appiccicare
sull’esperienza sofferta un’etichetta diagnostica, tanto arbitraria quando si
avvicina un'esperienza interiore, complessa e unica, quanto sterile, perchè
etichettare non significa conoscere. Decisamente più utile e appropriato ai
tuoi interessi e alle tue necessità cominciare a riflettere, concentrando
l'attenzione sul tuo singolare, sullo specifico della tua esperienza, su ciò
che ti appartiene e su cui per diretta esperienza puoi meglio di chiunque
altro, che sparerebbe i suoi pareri e consigli, lavorare e comprendere con
rispetto per le particolarità di ciò che stai provando, casomai pensando, dove
lo sentissi necessario e utile, di farti aiutare a questo scopo, da chi sappia
farlo, non per trattare, spiegare o superare, ma per avvicinare, ascoltare e
comprendere ciò che la tua intima esperienza vuole dirti. Se oggi sei entrato
in questa spirale dell'allarme per le tue condizioni di salute, se mille dubbi
si aprono in te sul tuo reale stato, in tutto questo un senso e uno scopo c'è
di certo. Se ti sei ignorato sinora, se nel tuo procedere solito hai cercato
tutto fuori di te, sia le opportunità che le strade da seguire, diventando
estraneo o semplice ospite abitudinario e disattento in casa tua, per casa
intendo il tuo spazio intimo, se di te più profondamente non frequenti e non
conosci nulla, se non rifletti e ignori il vero stato della tua vita, del tuo
modo di condurla, credi che su queste basi tu stia davvero salvaguardando te
stesso e la tua sorte? Se da una parte fai, agisci e ragioni e dall'altra senti
e non ti preoccupi della loro
discordanza, se non ti sei sinora curato e non ti curi di entrare in sintonia e
di ascoltare e comprendere ciò che senti, se tiri avanti nella tua modalità di
vita senza apertura e confronto con te stesso, non credi che, seppur nella
forma dell'allarme e del temere le più disparate incognite e sorprese sul tuo
stato, qualcosa ti stia costringendo a occuparti di te, che ti stia segnalando
con forza e con insistenza la tua lontananza da te stesso, la mancanza da parte
tua di attenzione per la conoscenza, non superficiale e distratta, ma vera e
approfondita, di te stesso, di cura del rapporto con te stesso? Nulla sulla
scena interiore accade mai per caso e senza un senso, senza uno scopo. Se la
tua risposta all'assillo e al disagio interiore che insistono dentro di te è di
volerli superare, di spiegarli come
conseguenza di qualche causa di sovraccarico e di oppressione esterna, come
residuo e conseguenza di situazioni sfavorevoli e di traumi vissuti nel
passato, di considerarli come segno di qualche tuo deficit o ritardo di
prestazione e di capacità di adattamento e di resa, il fraintendimento di
questa tua intima preziosa voce interiore potrebbe farti più che un danno. Ciò
che senti ti dice l'insostenibilità di un modo di procedere in cui sei persuaso
che quella che ti è abituale sia la strada da seguire e nello stesso tempo sei
ignaro di cosa sia ciò che ti ci lega e soprattutto senza verifica se davvero
tenga conto di te e di ciò che di autentico ti appartiene. Il richiamo a provvedere
in termini di avvicinamento a te, di verifica attenta, di ascolto del tuo
intimo, di scoperte essenziali di cui manchi, non per rincorrere i traguardi
già segnati, ma per capire qual'è il vero traguardo che concordemente con tutto
te stesso potresti scoprire e riconoscere senza farti portare da altro, oggi ti
vede per nulla incline a recepirlo, persuaso come sei che tutto ormai ti sia
chiaro e scontato come marcia da seguire, come legami e altro di conosciuto e
solito, che prima di tutto sei preoccupato di
salvaguardare. Sei alle prese con un confronto, che non riconosci come
tale, della cui presenza non ti capaciti, tra parte di te profonda che vuole
richiamarti a cercare il vero e a trovare unità di intesa con tutto te stesso e
te che vuoi spingere avanti le cose nel modo solito senza dubbi e senza
intralci. Il dubbio e il senso di incerto e di pericolo la tua ansia te lo
agita dentro, ma tu ne dai lettura come fosse una anomalia da tenere a bada, un
disturbo da sanare e da togliere di mezzo. Cauto e saggio è il tuo profondo a
esercitare il forte richiamo a preoccuparti di te e a impegnarti per procurarti
ciò di cui manchi, incauto è fraintenderne la voce e bistrattarla.