Sembra scontato, pare una certezza incrollabile. In presenza di un'esperienza interiore difficile e sofferta ciò che pare utile e necessario è risolvere quel disagio, rimettere le cose al dritto di una condizione che lo veda risolto, superato. Ecco l'idea di cura che appare necessaria, valida, auspicabile. Ciò che interiormente, nel sentire, si ritiene non andare per il verso giusto va tolto di mezzo, superato. Lo si può fare con rimedi che cerchino di zittire o di rovesciare quel sentire come con l'impiego di farmaci, che siano antiansia o antidepressivi, l'importante che siano anti ciò che si prova e che siano nelle intenzioni capaci di correggere e lenire o condizionare il sentire perchè soddisfi l'istanza di ritrovarsi possibilmente meno limitati e presi da sensazioni e stati d'animo che paiono solo negativi, disturbanti, in qualche misura invalidanti. Lo si può fare ricorrendo a psicoterapie che prevedano l'impiego di tecniche per tenere a bada, per tentare di smontare ciò che, giudicato anomalo e disfunzionale, farebbe appunto, senza alcuna base di senso, senza alcuna valida ragion d'essere, solo danno. La cura può anche cercare di dare spiegazione del perchè di quel sentire difficile e sofferto e in questo caso il territorio di caccia, la risorsa preferita è il passato ricostruito come teatro di traumi e di infelici condizionamenti subiti, che avrebbero avuto la responsabilità, la colpa di compromettere, di guastare il sano equilibrio psichico, di lasciare una sorta di pecca che non dà tregua, che insidia, che compromette il quieto e sano vivere. E' il trionfo del cosiddetto buon senso suffragato, ben sorretto e puntellato da ciò che è considerato e che si autoproclama scienza. C'è sapore di scienza nei farmaci prescritti da specialisti. Come non considerarli atti di scienza cui dare delega in bianco e fiducia? Oltretutto sono atti che promettono di dare soddisfazione a una richiesta di cui si è portatori, di correggere e risanare ciò che già da sè, prima che lo confermi il dottore, si considera non normale, malato e fonte di danno. Se poi si sceglie la psicoterapia dell'aggiustamento, analogo è il mandato al terapeuta di aiutare a rimettere le cose a posto. Se si vanno a cercare le cosiddette cause, anche qui il presupposto che ci sia qualcosa di cui si è stati vittime nel passato preferibilmente, è già nel pensiero e nell'atteggiamento vittimistico di chi dà mandato al terapeuta di guidare l'indagine per indagare e fare presa su qualche perchè, su qualche causa. La cosiddetta scienza va in soccorso delle attese più comuni e le consolida. Tutto gira a dovere in un'unica direzione e l'idea della cura come aggiustamento e liberazione da una condizione infelicemente patita e da cui essere tratti in salvo trova piena conferma. Salvo che ciò che in tutto questo agire contro il malessere interiore nelle sue diverse espressioni, in soccorso e in rincorsa della cosiddetta normalità e di un procedere che non paghi prezzi di sofferenza e di intralcio al quieto o sano vivere, avviene senza mai dare veramente ascolto a quel sentire intimo e sofferto, senza prendere visione della natura, dei fondamenti di quell'attaccamento alla cosiddetta normalità, senza una verifica attenta di cosa sià per sè quello stato di normalità. La visione che si ha di se stessi chiude sostanzialmente i confini del proprio essere nella parte cosiddetta conscia di capacità di conoscenza fondata sul ragionamento e di capacità decisionale fondata sull'esercizio della volontà. Ci sono certo tangibili come parte di sè le emozioni, gli stati d'animo, il sentire, le spinte di desiderio, le pulsioni, ma questa è considerata una sfera inferiore, segnata, a proprio giudizio, da automatismi, da una qualche cecità, da spinte da tenere comunque sotto controllo, cui non è concesso di valere più di tanto come intelligenza e valida e affidabile intenzionalità. Si porta dentro di sè un mondo che in realtà non si conosce affatto e verso cui si impiegano solo pregiudizi comuni. Se agli inizi della propria vita si era in più stretta unità col proprio sentire, via via l'affidamento a altro del compito di istruire e modellare la propria crescita ha reso sempre meno familiare e sempre più trascurato il rapporto, l'ascolto e il dialogo con la propria interiorità, cui semmai si è sovrapposto qualche insegnamento, qualche dottrina o morale che ha preso piede come autorità regolatrice. Questa condizione di progressivo distanziamento e mancata cura del rapporto diretto e intimo col proprio sentire, l'abitudine più a dare spiegazioni e a esercitare giurisdizione di controllo su proprio sentire è la base, la premessa per ritrovarsi, nel confronto con esperienze interiori difficili, disagevoli e sofferte, nella più sfavorevole delle condizioni, di incapacità di ascolto e di dialogo, non riconosciuta però come tale, perchè si è creato il callo dell'esercizio ripetuto del pregiudizio e del controllo, dell'attitudine a gestire il dentro di sensazioni e stati d'animo vissuti piuttosto che a ascoltarne la voce, a riconoscerne l'importanza, a averne rispetto, a tenerne ben presente il valore e l'affidabilità, di cui non si è fatta ahimè esperienza e scoperta alcuna. Ricostruendo le basi del rapporto col proprio intimo e imparando, come accade in una valida esperienza analitica, a intenderne il linguaggio, a riconoscerne l'originale proposta, ecco che si possono fondare le basi del prendersi cura di sè e non nel verso del dare contro parte intima di se stessi, perchè pare che blateri o dia qualcosa di negativo da combattere e rigettare. Andando all'ascolto diventa possibile scoprire che anzi proprio quel sentire giudicato anomalo e espressione di un malo funzionamento è invece la proposta intima capace di condurre a aprire gli occhi a avvicinare al vero, a restituire capacità di sintonia con se stessi e di visione lucida che sa dare libertà e autonomia di pensiero. Ciò che si pensava dovesse essere corretto e sanato diventa viceversa la vera cura, ciò che guidato dal profondo di se stessi sa dare cura a se stessi, cura che restituisce capacità di visione e matura consapevolezza. Chi cura chi è dunque un buon interrogativo, fondamentale, valido e pertinente, anche se tanta della cosiddetta scienza e del cosiddetto buon senso sono ben lontani dall'intenderne il senso.
domenica 2 novembre 2025
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