Spesso il cambiamento è cercato fuori, affidato a soluzioni esterne da cui ci si aspetta che mutino il proprio stato, in genere pensando che siano le condizioni esterne a provocare disagi. Mutare il giro di relazioni, cambiare luogo da frequentare o dove vivere, aderire e condividere con altri un nuovo credo, sono esempi di cambiamenti che sembrano racchiudere la promessa di una vita diversa, fatta di nuovo respiro di libertà, di fruizione di opportunità migliori, di risveglio di consapevolezza, di leggerezza da pesi e carichi interiori sgraditi, di senso di benessere. Da cosa parte questa istanza di cambiamento? Spesso c'è un senso di restrizione di possibilità, di vuoto e di mancanza, di irrigidimento di abitudini, di malessere che segnala e rende acutamente disagevole e sofferta una sensazione di stasi e di oppressione, di illibertà e di insoddisfazione. Sono tutte sollecitazioni interiori, che vogliono portare a stare e non a andare via, a coinvolgersi sul terreno della scoperta del vero. Purtroppo è tale la mancanza di legame e di familiarità con la vita interiore, l'incomprensione del suo significato e valore, che, quando accade che la propria interiorità eserciti una presa più decisa e consegni vissuti capaci di indurre con più forza a fermarsi e a riflettere, senza pretesa di liquidare la questione in pochi istanti, la risposta è di insofferenza. Come si fosse vittime di un torto, di una pena indebita, la reazione è di cercare di uscire al più presto da quelle sensazioni, anzichè rendersi disponibili a rimanere, visto che è voce intima quella che sta parlando attraverso e dentro quegli stati d'animo. Anzichè ascoltare questa propria intima voce per cominciare a trovare sintonia con la propria interiorità e visione più veritiera di se stessi e del proprio modo di procedere, consapevolezza dei nodi decisivi e delle questioni importanti, che richiedono un lavoro riflessivo su stessi e non una critica e una reazione ad altro visto come causa di un malessere a cui trovare rimedio, si mobilita subito il dispositivo razionale, che tutto pensa di poter fare in orgogliosa solitudine, meno che congiungersi al sentire e da lì trarre guida e occasione per aprire gli occhi. Il dispositivo di pensiero razionale cerca cause fuori e prende a inventarsi soluzioni, sempre cercando all'esterno la via del cambiamento. Così come attinge a idee comuni per spiegare le cause, così il pensiero razionale assorbe idee e suggerimenti da mentalità e da esempio comune per individuare le vie d'uscita e le soluzioni possibili. Questo lascia già prevedere quanto incongruo, inappropriato e lontano da sè, da corrispondenza con la propria intima verità e da ciò che aprirebbe e spingerebbe a realizzare come vero cambiamento, possa mettere in campo il proprio dispositivo di pensiero razionale. False strade, illusori cambiamenti, copia d'altro preso a modello dalla pratica e dal pensato comuni, finiranno per lasciare incompreso e immutato ciò che il richiamo interiore voleva portare a vedere, a trovare come terreno di ricerca e occasione, questa sì felicemente appropriata, di trasformazione personale, tutto sulla base di scoperte di validi punti di riferimento ritrovati e di prese di consapevolezza ben fondate e verificate e non di belle pensate, ispirate da fuori e in adesione a altro, che sia un credo o un altro poco cambia. Il cambiamento messo assieme e impacchettato dalla mente razionale non farà che garantire visione miope, ma soprattutto distorta, che non potrà che prolungare e ingarbugliare ulteriormente gli equivoci, che allontanare ulteriormente da chiarimenti e da intese valide con se stessi. Solo la valorizzazione e l'attento ascolto e comprensione delle proposte interiori, nella forma in cui sono e in cui si manifestano interiormente, mai casuale o sbagliata, sempre mirata e intelligente, anche se disagevole e sofferta, potrà permettere di comprendere le ragioni vere del disagio, più legate a modi di procedere e di rapportarsi a se stessi e alla propria esperienza, che risalenti al fuori, di coltivare le basi vive e di portare a maturazione le premesse valide del cambiamento di se stessi e dell'apertura di percorsi non di fuga e di illusoria novità, ma di vera e affidabile nuova vita.
domenica 29 ottobre 2023
domenica 8 ottobre 2023
I sogni son desideri?
E' proprio vero che i sogni sono desideri? Mi riferisco ai sogni fatti dormendo. E' idea diffusa, seguendo le orme del pensiero psicoanalitico originario freudiano, che i sogni racchiudano, che diano espressione a desideri non riconosciuti o non ammessi dalla parte conscia, desideri dunque insoddisfatti. Sono facilmente intesi come desideri traducibili in cose o iniziative o modi cui sinora sarebbe stata negata aperta ammissione e soddisfazione. E' proprio questo che i sogni vogliono portare a far emergere? C'è in realtà un desidero di fondo non riconosciuto dalla parte conscia, che ne fa e di cui farebbe volentieri a meno, che non considera affatto necessario e irrinunciabile. E' il desiderio di fare chiarezza, di cercare il vero di se stessi e del proprio modo di interpretare la propria vita, di condurla. La parte conscia, malgrado non ignori del tutto le fragilità o le incongruenze del suo modo di pensare, di pensarsi e di procedere, cui mancano basi salde, cui non si fa sentire la convalida e il sostegno della parte intima, che spesso nelle sensazioni e negli stati d'animo che ingenera non dà conferma e solidarietà a quanto essa persegue e a come se la spiega e se la racconta, non ritiene sia il caso di dubitare più di tanto dei suoi convincimenti e propositi. La parte conscia cui l'individuo si affida, ritenendola la più capace, non ritiene sia necessario e prioritario dare rilievo e soddisfazione all'esigenza, al desiderio di vederci chiaro, per accertarsi con scrupolo e apertamente dello stato delle cose della propria vita, con piena disponibilità a mettere la ricerca della verità al primo posto, per non correre il pericolo di procedere ciecamente o illusoriamente, per non rischiare di commettere errori capitali circa la comprensione e la realizzazione dello scopo della propria vita. L'inconscio sul desiderio di fare chiarezza, di aprire gli occhi, di evitare l'illusione e il fraintendimento, il rischio di muoversi a rimorchio di idee e di ideali presi in prestito da esempio e da mentalità comune, di proseguire più preoccupati di darsi conferma, di rinforzare e di blindare i convincimenti soliti e persistenti che di interrogarsi e di capirsi nelle proprie scelte e responsabilità, senza alibi, senza impiego di schemi di preconcetti e di sentito dire, su questo desiderio l'inconscio c'è e non demorde. L'inconscio non fa altro che sollecitare la presa di visione di cosa c'è nel proprio modo di pensare abituale e di procedere, di cosa gli fa da appoggio e con quale intento, sollevando il velo della falsa coscienza, dei pensieri che razionalmente chiudono e non svelano, che valgono più a darsi conferme che a chiedersi cosa si sta dicendo, in forza di che cosa, con quale vera e fondata comprensione e per ottenere quale scopo. L'inconscio è attentissimo a mettere le cose in chiaro, a far riconoscere le falle del sistema di pensiero di cui ci si fa forti, non con spirito inquisitore o per far male, ma per trarre in salvo, per affrancare lo sguardo dell'individuo dalla passività, dall'inerzia del dire sempre, gira e rigira, le stesse cose, del non chiedersi mai cosa ci sia davvero dentro la propria esperienza e cosa sveli di se stesso. L'inconscio ben svela all'individuo che non ha possibilità e mai avrà capacità di vedere, fino a che starà, come gli è abituale, arroccato nei ragionamenti, alla larga dal suo sentire e da ciò che gli si muove interiormente, che diversamente dalle congetture razionali, dice e dà traduzione, rappresentazione la più fedele e fondata, la più affidabile del vero. Al sentire è tendenza assai diffusa dare poco peso o relativo, giudicandolo poco affidabile, tant'è che è ritornello dato per buono che per avere visione lucida è necessario tenere da parte le emozioni, il sentire. Quando finalmente ci si degna o si ha urgenza, se le cose interiormente si fanno inquiete o turbolente, di occuparsi di ciò che si sente, si tende, spacciandosela come riflessione, che di riflessivo non ha nulla, a mettergli sopra con la parte razionale spiegazioni e interpretazioni, anziché imparare a ascoltare e a farsi condurre e dire da ciò che l'intima esperienza ha capacità e intenzione di comunicare, di far vedere, di far toccare con mano e intendere. C'è anche chi si riconosce o si vede facilmente riconoscere familiarità col sentire, più spesso donne, si ritiene nel pensato comune per natura e per educazione tramandata, ma ci sono anche uomini che si attribuiscono spiccata sensibilità. In tutti i casi è da vedere quanto ci sia di apertura, di ascolto fedele e di valorizzazione di ciò che il sentire, quello autentico, senza filtro e selezioni, senza artefatti, vuole condurre a conoscere di se stessi e quanto invece ci sia di interesse e di tendenza a fargli dire ciò che piace, che si vuole credere e far apparire. L'inconscio in ogni caso, né si lascia dissuadere dalla presa di distanza e dall'arbitrio razionale, né si lascia incantare dai tentativi di rappresentarsi sensibili, ricettivi e profondi per proprio agio e vantaggio, a proprio uso e consumo. L'inconscio agisce senza discontinuità e parla, suggerisce e stimola la presa di visione e di consapevolezza attraverso il sentire che anima, attraverso emozioni e stati d'animo, spinte e freni che induce e che, passo dopo passo lungo l'esperienza, si fanno avvertire interiormente, di cui è promotore e regolatore, che sono terreno vivo, sempre e senza distinzione di sensazioni positive o negative, per portarsi vicino a se stessi e alla visione del vero. Magnificamente l'inconscio dice e suggerisce ricerca di consapevolezza e di puntuale verità attraverso i sogni, preziose guide e insostituibili per conoscersi, di acume e intelligenza impareggiabili. I sogni sono sì desideri dunque, che si riassumono nel desiderio del profondo di far crescere l'individuo in consapevolezza, di coinvolgerlo nella passione per la verità, senza altro vincolo che questo.