Ciò che abitualmente è considerato sano, positivo e
desiderabile è spesso parte e scaturisce da una visione di se stessi, delle
proprie esperienze, che, appoggiandosi e fondendosi col senso comune e con la
lettura convenzionale, non ne cerca il fondamento, la verifica, il significato
vero. La comprensione attenta di ciò che lega alle proprie convinzioni e agli
scopi voluti è trascurata, li si dà per scontati e si insiste nella conferma di
ciò che si ama credere, per comodità oltre che per inerzia. Accade allora che
tutto ciò che interiormente col malessere nelle sue possibili diverse
espressioni, che sia ansia, panico o
sfiducia e caduta di autostima o altro, interviene a scuotere e a aprire
crepe nei propri convincimenti, a intralciare il cammino solito, per spingere a rivedere tutto, cercando non
il significato apparente e di comodo, ma quello vero, sia oltre che incompreso,
perentoriamente osteggiato e squalificato come disturbo, come malfunzionamento
da correggere, come malattia da combattere e risanare. Proprio la componente di
sè che in modo sano, provvidenziale e intelligente vuole far emergere il vero,
spingendo oltre l'attaccamento all'usuale, che rischia di affossare qualsiasi
processo di crescita e di conquista di autonomia, di capacità di farsi
interpreti fedeli di se stessi e della propria vita, è combattuta e denigrata
come un fastidio, come una anomalia, come una patologia. Un capolavoro di
cecità e di mistificazione a proprio danno, spesso col conforto e col suggello
di qualche terapia che pretende di definirsi utile e capace di risolvere i
problemi, di ridare il beneficio dello star bene. E' un danno che passa sotto
silenzio, che il senso comune non intende, che la parte profonda dell'individuo
non ignora di certo, che non può accettare, tant'è che il malessere, anche se
osteggiato e in vario modo preso di mira e frainteso, torna a più riprese a
farsi avanti. La musica però non cambia e in questi casi il pregiudizio, che
non arretra, definisce e liquida il tutto come una ricaduta di malattia. La
parte profonda vuole promuovere il cambiamento, vuole che si veda in cosa si è
infilati. Ha a cuore che non si sciupi tutto di se stessi, rimanendo nel buio
del preconcetto, di una visione che non concede al vero, che illude di esserci
nelle proprie idee e modalità di procedere, di perseguire i propri scopi, che
sbarra in realtà la strada a un diverso e originale modo di concepire la vita,
coerente con se stessi, alimentato dal proprio intimo. Battaglia persa quella
del profondo? Non sempre. A volte l'alleanza dell'individuo col proprio intimo
diventa una scelta voluta e portata avanti con tenacia, con passione e con
coraggio. Nulla è più felice di una intesa con se stessi, dando fiducia e
condividendo la visione capovolta, che all'inizio da solo il proprio profondo
sostiene, che rompe le illusioni solite, che dell'abituale modo di pensare
svela equivoci e restringimenti, che apre a nuova e viva conoscenza, che
costruisce e fonda tutto sul vero, che apre strade prima sconosciute,
inconcepibili.
venerdì 2 agosto 2019
La visione capovolta
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento