domenica 12 maggio 2019

Le nostre paure

Le nostre paure prima di tutto vanno tenute e avvicinate nel loro spazio, nello spazio intimo, non vanno scaricate, non vanno a priori combattute e trattate come corpo estraneo, messe a distanza e giudicate, non vanno commentate senza dare loro ascolto. Le nostre paure ci prendono, ci stringono a noi stessi. Le nostre paure ci vogliono dire e la difficoltà è quella di ascoltarle, di raccoglierne il messaggio, la proposta. Non sono esperienza solita. Non è impiegando il senso comune o chiudendosi nei ragionamenti che si dialoga con le paure. Paure "irrazionali" si dice assai spesso e, dicendo questo, si pretende di ridimensionarle e di negare loro dignità e valore. Certamente sono fuori dal quadro, dal modo di esprimersi e di operare razionale. Non per questo le paure sono insensate, incapaci di dire, inespressive, anzi! Sono testimoni di qualcosa di intimamente valido e vero, non sono mai infondate, sono non solo testimoni e segno, ma anche luogo di esperienza, di incontro e di riconoscimento di qualcosa di ignorato e sviato nel modo di condursi abituale, sono luogo di elaborazione e di ricerca. Sono dunque tramite e occasione per avvicinarci al vero che ci riguarda, che ci compete, per dare volto chiaro, per ritrarre efficacemente ciò che abbiamo necessità di riconoscere, di fare nostro, di capire. Il problema è la difficoltà, spesso l'incapacità di esercitare la riflessione, la riflessione vera, mezzo e modo di porci in rapporto rispettoso, di aprirci cioè all'incontro, al dialogo con la parte di noi stessi intima, che vive, che sente, che accoglie, che elabora l'esperienza. Trattare in partenza come nemico, come molesto, come ospite indesiderato, perchè spiacevole, perchè inatteso e incoerente o dissonante con la visione e col programma razionali, ciò che invece è parte di noi più sensibile, viva, attenta e partecipe, può essere un grave errore. Ciò che sentiamo è ciò che ci è più vicino, più aderente a noi stessi. Spesso invece siamo tentati di trattarlo come un ostacolo, come un assurdo, come faccenda da regolare e da sanare al più presto, da soli o con l'aiuto di qualcuno che inventi o ci faccia applicare strategie per ricondurci nel solito rassicurante senso-andazzo comune. Se è comprensibile che ciò che è ignoto e inusuale faccia paura, assai meno comprensibile è che qualcosa di così intimo e proprio lo si tratti con pregiudizio, che lo si voglia liquidare e estromettere senza appello. E' parte viva di noi stessi, parte tutt'altro che superflua o nociva. Il nostro sentire in genere, quello che ci risulta molesto o che ci appare patologico ancora di più, punta dritto a noi, ci parla di noi, non ci dà chiacchiera e non ci incoraggia all'evasione, ci dà indicazioni molto vere, importanti. Le nostre paure segnano il percorso da seguire se vogliamo davvero conoscere, conoscerci. Se ci si cala sul terreno vivo segnato dalle paure, se si regge la tensione di un sentire non facile e non piacevole, se stando in rapporto e lasciandosi coinvolgere le si ascolta e comprende, ci si accorge che non sono limitanti, che non sottraggono possibilità, che non conducono alla deriva. Ci si può rendere conto che, a dispetto delle diffidenze iniziali, riescono a portare vicino alla consapevolezza che rende più vicini e in sintonia piena con se stessi, che rafforza. Ci si rende conto che, ben comprese e valorizzate, le paure non invalidano, non bloccano e non fanno smarrire la strada, ma ridanno orientamento e fanno trovare il proprio cammino, cammino di scoperte vitali e utili, cammino di ricerca, vivo, coerente con se stessi, sensato. E finalmente si arriva a vedere con i propri occhi, a scoprire, a pensare non astrattamente e, se su queste nuove basi si dice, si sa cosa si sta dicendo, perché si sta dicendo ciò di cui si è fatta intima esperienza e conoscenza.

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