lunedì 11 marzo 2019

Il rapporto col dolore

Il rapporto con l'esperienza interiore dolorosa è questione decisiva. Spesso il dolore è vissuto come pena indebita, come afflizione immeritata, come danno patito. Prontamente lo si riconduce a cause esterne, lo si tratta come segnale e indice di situazione a sè sfavorevole, che opprime e lede, come carico esagerato che toglie serenità, che non offre il dovuto (tale è considerato) agio o il meglio. Allontanare l'insieme che pare responsabile di arrecare dolore, vuoi il legame con una o più persone, vuoi un luogo o una situazione concreta e cercare altrove tregua, sollievo o miglior fortuna e beneficio sono risposte frequenti al dolore. Smorzare o soffocare, zittire con ogni mezzo, psicofarmaci, alcol, cibo, distrazioni varie o altro, il dolore come fosse il peggio da cui trarsi in salvo, a cui non concedere spazio, da cui evadere è risposta non certo rara. Sfogarsi con qualcuno, casomai inanellando spiegazioni sommarie miste a recriminazioni, a atti d'accusa rivolti a altri e a altro, a autocompiangimento è un altro mezzo frequentemente usato per provare a scaricare il dolore. Il dolore però, ben lungi dall'essere una pena inflitta da causa esterna e una sciagura, preme interiormente, sostenuto da iniziativa del proprio profondo, assai lucida e niente affatto maligna, per dare pungolo e occasione di aprire gli occhi e di lavorare prima di tutto, senza risparmio e senza veli, su se stessi, per rivedere quanto vissuto, per ripercorrere non nella superficie dei fatti ma all'interno il cammino fatto dentro l'esperienza, collocando se stessi, i perchè delle proprie scelte, i modi e le risposte date, al centro dell'attenzione. Cosa nel dolore si muove, cosa il dolore svela e acuisce è ciò che merita di essere riconosciuto, che chiede di essere ascoltato, valorizzato e compreso. Non farlo significa non raccogliere il messaggio della propria interiorità, la proposta di riflessione attenta e puntuale tracciata dal proprio sentire doloroso, che incalza, che non dà tregua, significa passare oltre e andar via immutati, sprovvisti di una guida utile e indispensabile, di una intesa nuova con se stessi, di una scoperta di verità e di significati che il passaggio critico e doloroso vuole far trovare. Riversare su altro la causa e i perchè, provare a superare in fretta o a evadere dal dolore significa, pur pensando di aver ben risposto al proprio disagio, tornare fatalmente a riprodurre altrove le stesse modalità e implicazioni proprie non riconosciute, in definitiva significa ricreare la stessa situazione da cui si proviene e di cui ci si è voluti liberare. Il dolore interiore non è sciagura, è voce, è occasione di approfondito sguardo, che è necessario imparare a esercitare su di sè principalmente, con attenzione e con pazienza. La riflessione combinata a capacità di tener dentro il malessere, di reggere l'esposizione al dolore, accettando il coinvolgimento nell'esperienza disagevole, è indispensabile. La riflessione non è, come spesso si fraintende, esercizio di ragionamento che cerca di spiegare, ma è capacità di ascolto e di vedere cosa l'intimo sentire delinea e sottolinea, disegna e dice. Nulla va spiegato o interpretato spingendosi oltre ciò che il sentire dice, perchè ogni elaborazione che non poggi e che non stia nella traccia viva del sentire rischia di essere spiantata e di dare occasione solo alla voglia di chiudere in fretta, casomai mettendo al riparo se stessi da ammissioni difficili. E' di fondamentale importanza non squalificare l'esperienza interiore vissuta, comunque sia, non pretendere di cancellare, di superare subito ciò che invece preme interiormente, pur dolorosamente, per dare occasione di presa di visione e di consapevolezza. Scopo di una buona  psicoterapia è proprio di favorire e di far crescere la capacità di entrare in rapporto con l'intima esperienza, anche se dolorosa, imparando a comprendere il linguaggio della propria interiorità, a non commentare o spiegare ma a ascoltare il proprio sentire, scoprendo che quanto si sta provando nell'intimo, anche se assai difficile, non è una minaccia o uno stato anomalo da correggere, non è la spiacevole conseguenza di qualche danno o trauma subiti, bensì la guida preziosa per conoscere e per capirsi, per trovare profonda sintonia e vicinanza con se stessi. Capire, capirsi è assai più proficuo che fuggire dal dolore e apre a se stessi strade, che la scelta di alleggerirsi e di procurarsi qualche soluzione o rimedio, lasciando tutto intatto, non aprirà mai.

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