martedì 31 luglio 2018

L'importanza di non travisare

L'interiorità si fa in quattro per coinvolgere la parte cosiddetta conscia, che spesso di consapevolezza vera ne cerca e ne forma assai poca, per farle capire che c'è necessità vitale di prendere visione attenta di come si è e di provvedere a costruire, a formare quanto manca per essere all'altezza di individuo con propria identità e progetto. L'interiorità non vuole chiudere gli occhi e preme facendo capire che non c'è urgenza di fare e di proseguire come sempre, senza perdere colpi, che l'urgenza è ben altra. Ostinatamente lancia l'allarme, il profondo dell'essere strattona anche con forza la parte di sopra, ponendo intralci alla sua pretesa di quieto vivere, alla sua propensione a gettarsi fuori, come se il fuori fosse l'unica risorsa e riferimento, l'unico habitat possibile, rifuggendo il luogo intimo, dello stare in contatto con se stesso, col proprio sentire, come fosse irrilevante e senza promessa, un niente da evitare, dentro cui non sostare, perchè ci sarebbe sempre bisogno d'altro per vivere e, per dirla giusta, per non perdere il passo con qualcosa che non si sa bene perchè, ma che tutti dicono essere normale. L'interiorità non recede e insiste nella volontà di porre al centro dell'attenzione non le illusioni, non la voglia matta, questa sì matta, di proseguire e basta, ma non c'è verso, le capita solo di essere oggetto di improperi (del tipo di: maledetta ansia!), di giudizi senza ascolto, di sentenze senza appello, casomai sotto forma di diagnosi, di prese di misura curativa che altro non sono che purghe per spazzare via ciò che è inteso solo come disturbo e patologia. Il quadro è questo, ma i travestimenti in forma di cura di risposte sorde e ostili all’interiorità e i travisamenti sono infiniti e ferrei. Ne sono esempi, ben sostenuti dall'ideologia dello star bene purchessia, casomai nel segno del non aver di mezzo dubbi e domande, la cura che vuole mettere a posto e a tacere l’interiorità con i farmaci, quella che vuole risanare e correggere con tecniche per eliminare ciò che considera anomalo e disfunzionale. E poi ancora la cura che, con pretesa di essere introspettiva e analitica, vuole spiegare i presunti perchè di ciò che, interiormente impegnativo e difficile, non sa ascoltare in ciò che vuole dire e far capire, cui soltanto va a cercare con lunghi giri le presunte cause per levarselo di torno, per liberarsi dell’incomodo di qualcosa, che in partenza terapeuta e paziente giudicano l'esito infelice di un danno patito, di un passato sfavorevole, una sofferenza residua frutto di condizionamenti negativi, di traumi subiti, travisando, travisando. Con ostinata sicumera si travisa come disturbo da togliere e guasto da sanare ciò che l'interiorità vuole, a ragion veduta, dire e dare, la consegna, che certamente impegnativa, ma a misura e a altezza di essere umano, vuole portare a cambiare profondamente, a diventare soggetti consapevoli e artefici della propria vita e non passivi traduttori di un'idea di vita già scritta, con parte da interpretare e sceneggiatura belle che pronte. Il profondo ha capacità di vedere vuoti e assenze, vuoti di sè, di pensiero proprio, di capacità di leggere nell'intimo e senza veli il proprio modo di essere e di procedere. Se ancora non si sono trovate le proprie risposte alla propria vita e se ancora non si hanno radici in se stessi, come si può pretendere di proseguire integri e imperterriti, come se tutto fosse scontato e già risolto? Se una parte di se stessi vede e non ignora il problema è assurdo e patologico o è comprensibile e sano che si faccia in quattro per sollevarlo, strafottendosene della preoccupazione che domina l'altra parte di sè di proseguire comunque e basta, di non perdere il passo con gli altri? E' importante non travisare.

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