domenica 29 giugno 2014

Bloccati o zoppi per imparare a camminare

 Sembra maledizione, castigo o disgrazia la sorte cui pare voler piegare il malessere che interiormente blocca, toglie spinta, crea ostacolo o vero e proprio impedimento all'andare, al fare, al libero, disinvolto agire e interagire col mondo esterno. Sembra una sciagura, anzi a chi vive una simile esperienza pare evidente che lo sia e le persone attorno in coro probabilmente gli darebbero conferma. Ansietà, picchi di angoscia e panico, rovelli e labirinti di indecisioni e dubbi, timori, senso di svuoto e perdita di interesse, disagio nel ritrovarsi con se stessi, quasi estranei e irriconoscibili, senso di distacco da un reale (cosiddetto reale, fatto di cose e di situazioni esterne) che comincia a scolorire, ad apparire estraneo, lontano. Ho portato qualche esempio di esperienze interiori non certo facili, vissute spesso come seri intralci, come oscura minaccia, come nemica presenza dentro sè, che pare solo togliere e distruggere. Il senso della vita e del proprio benessere e beneficio sembra dire che si è finiti in un tunnel, precipitati in un pantano, da cui urgerebbe uscire il più in fretta possibile, per non perdersi, per non vedersi emarginare dalla vita, per tornare a respirare e a provar sollievo o sensazioni positive. Eppure spesso, a ben guardare, di sé, a parte la foga di procedere, di non perder colpi, di stare al passo, di non farsi tagliare fuori, di voler ben presenziare e di non far brutte figure con gli altri, c’è poco, anzi nulla di veramente conosciuto e riconosciuto come proprio. Per conoscerlo non si può certo restringere il campo e far leva solo su ragionamenti e petizioni di principio, bisognerebbe respirare a pieni polmoni se stessi, aprire per intero al proprio essere, tener conto del proprio sentire vero senza limitazioni. E’ ben qui che si è inserito il profondo, l’inconscio, l’interiorità viva, che dà tutto il sentire, che ha cominciato o che da tempo insiste nel consegnare un’esperienza interiore tutt’altro che facile. E’ un’esperienza interiore che non dà sostegno, che ormai non dà manforte all’andar via e spediti, al fare per fare, al consueto inseguire quello che, come fan tutti, sembra desiderabile e interessante, adeguato e bello, anzi lo intralcia. La propria interiorità non si fa illudere e abbagliare, non sottovaluta, non chiude un occhio sulla presenza di comportamenti solo imitativi e gregari, non lascia passare la tendenza a far proprio il programma segnato da idee e da aspirazioni comuni come fosse progetto di vita proprio, non chiude un occhio sul non saper nulla di sé. Se l’interiorità, se l’inconscio azzoppa o blocca, è proprio per far sì che si cominci a rendersi conto di come si procede, per far sì che si  impari a vedersi, a non andare a testa bassa, a guardare dentro di sè per capire da cosa si è mossi, quali sono i vincoli e i punti d’appoggio, spesso tirati e offerti  più da fuori che da dentro se stessi, più da regole e persuasioni comuni che da proprie scoperte e convinzioni fondate. Insomma l’inconscio azzoppa perché si prenda coscienza del modo in cui ci si trascina, spesso lontani da sé e senza guida e fondamento propri, perché si impari davvero a camminare, dotandosi di capacità d’orientamento, di scoperta di propri perchè e di proprie mete, di proprio senso dell'agire e del realizzare, di capacità di sostenere e di nutrire di passione, di tenacia e di convincimento, pur, come può accadere, in assenza di conferme e di sostegni esterni, scelte concepite da sè e comprese fin dalla radice, in accordo con se stessi per intero. Sono risposte e condizioni nuove che non si può pretendere di ritrovarsi in tasca già fatte e a pronto uso, devono essere cercate e coltivate. L'inconscio, senza far tanti complimenti, col malessere che blocca, detta la priorità: il dentro e il lavoro su di sè, prima del fuori. Pronto a sostenere la ricerca, a indirizzarla e a nutrirla in modo sostanziale, particolarmente con i sogni, l'inconscio dà occasione di assumere la responsabilità di aprire o meno il cantiere della ricerca (in caso affermativo, procurandosi l'aiuto necessario). In ogni caso l'inconscio non tace il problema, non accetta di lasciar prevalere la ragione dell'andare avanti purchessia e con finta completezza di mezzi su quella della conquista dell'autonomia vera.

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