sabato 24 maggio 2014

Cadute e ricadute

In riferimento a situazioni di crisi e di sofferenza interiore, che si riaccendono nel tempo, si parla spesso convenzionalmente di cadute e di ricadute. Si usano non casualmente queste espressioni, perchè di ciò che si prova, che si sperimenta interiormente, non si comprende il senso, perchè lì dentro non ci si riconosce, perché lì dentro si vede solo disordine e danno. Diventano, le si fa diventare per paura e diffidenza,  esperienze cieche, verso cui c'è solo ostilità e pregiudizio, nessun incontro, nessuna intesa. Il nostro sentire dice, infilandoci in corsi d'esperienza difficili, dolorosi ci vuol far capire cose di noi e per noi essenziali e utili, ma la reazione è di considerarlo anomalo, patologico, sbagliato, solo perchè non ci allieta e non ci dà conferma, solo perchè diverso. Il nostro sentire siamo noi, è voce nostra, è sensibilità e intelligenza nostra, è volontà nostra di non tacerci verità spesso eluse e mai comprese, anche scomode, ma utilissime, è volontà di trasformare, anche radicalmente, lo stato del nostro pensare e procedere, è passione di libertà e di unità con noi stessi. Il nostro sentire ha forza e onestà di smuovere, di rompere la continuità, di segnalare un'urgenza interiore, di metterci sul chi va là, di impegnarci in un lavoro alla radice per evitare, procedendo incuranti, di andare a sbattere in fallimenti. Quando una vita rimane ad esempio ispirata all'adattamento, alla rincorsa dell‘approvazione, al fare ciò che fan tutti, al considerare legge la normalità, quando si fa confusione tra autorealizzazione e successo secondo tutti, questa vita rischia di fallire, di tradire se stessa, di non dare frutto, il proprio frutto. Quando si procede coprendo la propria responsabilità di ogni proprio gesto e movimento, camuffandone il senso, puntando il dito contro altro e altri, omettendo verifiche oneste su di sè, accade che il proprio sentire non taccia, ma contrappunti ogni movimento e cerchi di dare segnali impertinenti ma utili e puntuali per capire. Se infine la sofferenza prende piede non è per nuocere e non è affatto segno di patologia, è viceversa pungolo e richiamo, spinta potente a prendere coscienza, a iniziare a fare un lavoro finalmente serio su di sè, a comporre con se stessi l'unità e la consapevolezza che non ci sono. Siamo fatti non solo di ragionamento e volontà, siamo fatti di intimo sentire, di esperienza profonda, che dice, che continuamente dice, che ci dà spunti e pungoli di conoscenza nelle emozioni e negli stati d'animo, che ci dà guide di pensiero nei sogni. La maggioranza di noi vive arroccata nella parte cosiddetta conscia e convive con fatica e spesso con atteggiamento diffidente e sordo con l'altra parte, intima, del sentire. Costruire rapporto dialogico e rispettoso con la parte intima è necessità primaria, in genere sottovalutata, anzi incompresa. Perciò, non capendo ciò che l'intimo sentire dice e propone, respingendolo e giudicandolo insano quando dà spinte e proposte difficili o dolorose, non immediatamente comprensibili, ma non per questo incomprensibili o insensate, si finisce per squalificarlo come male, come malattia, come bestia nera da mettere a tacere. Perciò si parla di cadute e di ricadute. Costruire rapporto col proprio intimo sentire è possibile, creando ascolto e dialogo, unità dove ora c'è rottura e incomprensione, diffidenza e paura, paura di se stessi. Con l'aiuto necessario il cambiamento è possibile.

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