lunedì 27 dicembre 2021

La dipendenza

Cercare se stessi attraverso gli altri, cercare la propria identità attraverso lo sguardo altrui, fondandola su ciò che gli altri possono o potrebbero riconoscere e apprezzare, è esperienza e modalità tutt'altro che rara. Cercare appoggio e fare riferimento agli altri per misurare quanto si vale, per fare verifiche attorno alla propria capacità di riuscita, per stabilire quanto si sa stare al mondo, per fare palestra e per darsi la misura dei progressi raggiunti, cercando nuove prove e allineamenti a quella che è considerata dai più la normalità o il successo, la miglior realizzazione, cercare negli altri l’essere ben voluti, per trovare alimento di fiducia e di incoraggiamento, per accendere dentro se stessi una parvenza di calore interno, è modalità la più diffusa, è ormai la regola. Mancando di un interlocutore interno, mai cercato, di una scoperta di significati fatta attraverso sè e il proprio sentire, mancando della capacità di riflettere, di mettersi allo specchio, di condividere la ricerca del vero con se stessi, mancando di capacità e di interesse a avvicinarsi a se stessi, di ascoltare e di dialogare con la propria interiorità, per capire e per veder scaturire e riconoscere fondato convincimento e vera passione, senso di vicinanza e di calore vero nella apertura sincera, nello scambio fecondo, nel senso di profonda unità e intesa col proprio intimo, diventa fatale cercare tutto là fuori negli altri. Diventa fatale aspettarsi che arrivino da loro, da fonte esterna, spunti e occasioni per capire e per capirsi, conferme e approvazioni per mettere su autostima, per vedersi capaci di qualcosa di degno, per considerarsi protagonisti, si fa per dire, di qualcosa che abbia credito e valore, che arrivino affetto e segni di predilezione e di attaccamento per riceverne una sorta di calore interno di cui, per lontananza da se stessi, dal proprio intimo, ci si sente privi. Le provviste prese da fuori per dare alimento a esigenze vitali di autostima, di fiducia in se stessi e nel valore di ciò che si sta facendo e portando avanti, di ricerca di calore, colmano malamente, sono impropri sostituti dell'originale, surrogati di ciò che la propria crescita autentica in unità con se stessi, col proprio intimo e profondo,  del cammino che ne potrebbe scaturire, potrebbe generare. Accade però che si fraintenda, che si torni senza posa a cercare il sostituto piuttosto che l'originale, perchè più a pronto uso e di più facile presa, perchè il modello dipendente, ben camuffato come valida prova di realizzazione di sè, di completamento normale della propria esistenza,  è prevalente attorno a sè, è esempio e testimonianza comune. Non è difficile prendere comunque visione del fatto che, accanto alle apparenti soddisfazioni, gratificazioni tratte da presa dipendente su altro, c'è della dipendenza il fatale rovescio della medaglia. La dipendenza dagli altri e dall'esterno, se promette di dare incoraggiamento, sostegno, gratificazione e un che di tangibile su cui contare come saldo appoggio e concreta realizzazione di sè e della propria vita,, può diventare opprimente e tirannica, insidiosa e minacciosa, con la paura di sbagliare, di fare brutta figura, di deludere le attese, di essere mal giudicati, di essere colti in fallo, devianti dal retto o ideale, secondo sguardo e concezione comune e prevalente, procedere. C'è la paura nei legami di cosiddetto affetto, amicizia o amore, di perdere l'attenzione, la predilezione e il ben volere dell'altro, col rischio di precipitare nell'ombra del rifiuto e del disvalore, nel gelo del senso di abbandono. E' il risvolto negativo della dipendenza, del cercare di farsi portare e dare sostegno e conferma, apporto vitale di incoraggiamento, calore e ben volere, da altro nella ricerca della propria identità, dei propri perchè, nella lettura dei significati della propria vita, nella definizione e nella scelta dei propri scopi, nella ricerca di fiducia in se stessi e nel proprio valore, nella ricerca di un senso di calda unità, inseguita fuori e non dentro e con se stessi. Si ignora quanto sarebbe possibile, fondandosi su di sé, avvalendosi del rapporto con la parte di se stessi intima e profonda, del contributo prezioso di ciò che ci accade nell'intimo, dell’esperienza, sempre attiva e presente ad ogni passo, di vissuti e di emozioni. E’ esperienza quella interiore, che spesso è tenuta in subordine, che è distorta e fraintesa, particolarmente quando ardua e sofferta nelle sue espressioni, da modi di trattarla e di intenderla, anche questi di derivazione comune, che, anziché ascoltarla e farle dire il suo originale, le sovrappongono giudizi e spiegazioni scontate. E’ esperienza che merita tutt’altro, perché non è affatto insignificante e priva di valore, perché è viceversa la potenziale fonte primaria e essenziale, sempre e in ogni sua espressione, di ricerca di senso e di verità, guida insostituibile e terreno elettivo per capire, per capirsi, per trovare terreno caldo di unità e di intesa e di fiducioso affidamento. Certamente, se verso ciò che si sente si comincia a fare solo opera di selezione e si ha pretesa di fare pulizia, distinguendo quel che sarebbe normale e sensato da quel che invece sarebbe eccesso, stranezza o patologia, con l'aiuto di un catalogo di collezioni di sintomi e di etichette di patologie, allora tutto va a quel paese. Se l'esperienza interiore, con tutto quello che spontaneamente propone nel sentire, anzichè guida affidabile per orientarsi e per capire, diventa appendice trascurabile, se, quando difficile e sofferta, diventa ai propri occhi roba buona solo per essere cacciata nello stampino di una sindrome, di un quadro di patologia, allora la ricerca muore e il prezioso di sè, che cerca di farsi capire e vivere, che vorrebbe e che saprebbe dare dono di pensiero, di profonda intesa e vicinanza, finisce miseramente in discarica come il peggio di cui disfarsi. La dipendenza, la modalità del farsi dire e portare, di farsi compensare nelle proprie esigenze vitali, da altro non cesserà finchè non ci si renderà capaci di valorizzare e di coltivare la risorsa interiore del sentire, di quella parte del proprio essere che sola può svolgere il compito di guidare e di dare alimento alla formazione di un pensiero proprio, alla costruzione della propria autonomia. E’ in gioco la ricerca e la costruzione della propria pienezza di individui, capaci di generare pensiero, di aprire nuove strade e non di consumare e di prendere tutto l’essenziale da fuori, capaci di proporsi agli altri come soggetti e, dove lo si voglia, dove lo si senta possibile e condivisibile, come gli interlocutori di un dialogo attento e sincero, di uno scambio profondo e fecondo e non come le parti complici di legami di dipendenza sterile e impotente.

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