Chi si confronta con la sofferenza depressiva, con un
lago di infelicità, con la sensazione che nulla abbia più colore, che di se
stessi non ci sia più nulla che vale, che non ci sia più credo e spinta vitale
possibile per sè, dentro un tutto solo opprimente, teme che si sia aperta una
voragine, che non ci sia più nulla di se stessi, solo un male oscuro. E'
proprio con queste parole "male oscuro" che si chiama abitualmente
quel dolore che scava, che non cede, che stronca ogni iniziativa, che spegne
tutti i desideri e affonda ogni speranza. Eppure quel male, che pare solo
togliere, spegnere e negare qualsiasi anelito vitale, ha in sè altro. Anche se
così doloroso e impietoso, senza limiti e radicale, non è affatto detto che sia
un insano modo di vedere e di sentire, che non colga in profondità e che non
dica il vero. Una vita cercata e inseguita ponendosi in appoggio e a rimorchio
d'altro ha di fatto chiuso, ha lasciato intentate altre strade, ha lasciato
cadere altre possibilità, più impegnative, ma anche più connaturate, più
interiormente vive, non ha certo fatto sì che il proprio originale fosse
cercato e riconosciuto, che fosse coltivato, che fosse portato alla luce e
fatto crescere. Una vita condotta facendo affidamento più su altro e su credo
comune che sul proprio sguardo, facendosi portare e ispirare nell'assumere modi
e soluzioni che le avrebbero dato completezza e dignità, a volte persino di
apparente ottima riuscita e pregio, piuttosto che investire, casomai con più
dispendio di tempo, di impegno e di coraggio, su propria ricerca, sul dare
credito e portare a maturazione e a compimento
proprie idee e convinzioni, non può che andare incontro a verifica circa
la sua debole, anzi assente radice interna, valida, forte, irriducibile. Se una
simile vita, affidata a altro e copia d'altro a cui si è ispirata e omologata,
zoppica, se infine interiormente non è più sorretta e non sta più in piedi, se
va incontro a spegnimento, perchè di accensione vera, che non fosse calore o
entusiasmo al traino e col sostegno di altro,
non ha mai fruito, non può fare meraviglia. La depressione è onesto
bilancio e sguardo, che non maschera più le falle, che non nasconde più i vuoti
e gli artifici, che anzi li mette a nudo. Si ha un bel da dire, così ci provano
le persone vicine a stimolare e a incoraggiare, che ci sarebbero validi motivi
per risollevarsi, per rilanciare la fiducia in se stessi, la motivazione e la
voglia di vivere, che ci sarebbero i perchè per non sentirsi così infelici,
facendo riferimento a cose, a realizzazioni fatte, a affetti, a legami, ma la
parte intima sincera dice che manca alla vita condotta sinora ciò che potrebbe
renderla riconoscibile come la propria vita, come la propria storia con un suo
costrutto, un'opera originale, un che che non si dissolva, che si possa
sinceramente amare e che si possa sentire vicino, caldo e vicino davvero. La
risposta è dunque volta a negare che quel dolore, che quella condizione d'animo
così penosa abbia un senso, l'intento è di estrometterla, di tornare a
riconoscere come vita e a attaccarsi con ogni mezzo a ciò che nel vissuto ha
preso così inesorabilmente a appassire. E' una reazione propria e comune,
sostenuta da cure e da curanti che danno conferma alla necessità e alla utilità
di ripristinare, di risollevare, contrastando e cercando di non cedere a quei
vissuti, considerati semplicemente malati. Non è concepito e riconosciuto
affatto che ci sia spinta e proposta di verità dentro quel sentire, che quello
sia un passo decisivo di scoperta di verità da compiere per riconoscere il
volto e i fondamenti di una vita autentica da alimentare, da far crescere. Al
più, quando si cerchi di dare una ragione, di capire quella sofferenza, è
frequente che si vada a chiamare in causa qualche responsabilità esterna, qualche
trascorso infelice di cui si sarebbe stati vittime. Non si concede credito a
quel sentire così penoso di essere voce e testimone di una verità che investe la
responsabilità del proprio modo di condurre la propria vita, che chiede di
rendersi disponibili a una verifica
importante, senza riserve, senza veli. Se si è vissuto o, forse sarebbe meglio
dire, simulato di vivere, casomai facendo e agendo, ma dentro ruoli e parti, sì
ben svolte, in alcuni casi persino con grande e acclamato successo, ma prese in
prestito, rese credibili da considerazione, da stima e da pensiero comune, se
si sono portate e legate a sè le vite altrui, che sia un familiare, il
compagno/a o i figli o altro a cui ci si è votati e vincolati per stare su, che
cosa si è creato davvero di cui ci si possa sentire artefici, a cui ci si possa
rivolgere per riconoscere che la propria vita ha valore, consistenza e volto autentico e proprio, per
trovare un filo vero di passi compiuti, di fatiche e di errori e di presa di
coscienza e di crescita a partire da errori, un filo di scoperte, di credo
proprio, di passioni originali? Da una verità amara si può comunque finalmente
ripartire, che la si veda e la si acquisisca è l'intento del profondo che dà
forma e forza a una condizione interiore così severa e in apparenza solo
distruttiva. Una verità dolorosa e amara, se ben riconosciuta, lucidamente e
senza sconti e fughe fatta propria, è infatti il necessario tramite e il saldo
punto di partenza per cominciare a ritrovarsi, molto meglio e ben diversamente
dal tornare a stare appesi a illusioni, da cui prima o poi si tornerà a
precipitare al suolo. In questo la depressione è coraggiosa, oltre che saggia,
perchè in modo onesto e sincero, dando accesso al vero, offre un punto di
partenza valido e affidabile, purchè non le si spari addosso, giudicandola semplicemente
insana e malata, senza ascoltarla e valorizzarla, per rilanciare, per gonfiare
ancora l'illusorio, il facile, comodo, ingenuo illusorio. Il profondo, che
consegna una simile dolorosa quanto sincera verità su se stessi e su quanto
sinora fatto della propria vita, ha tutta l'intenzione e la capacità, dove si
crei sintonia e gli si dia accordo nell'aprire finalmente gli occhi e nel
proposito di invertire la rotta, di fare sul serio, stavolta facendo leva su
impegno di intelligenza e di ricerca proprie e non su risorse prese in prestito
e appoggiandosi a altro e a altri, di sostenere e di alimentare una simile svolta epocale, con pazienza, con
determinazione, con coraggio. Il profondo sa dare le guide e le occasioni per
formare finalmente visione e idee proprie, sentite, comprese, in sintonia con
se stessi, l'inconscio, che espone alla verità senza sconti, vuole aprire la
strada alla rinascita su basi salde, originalmente proprie e vere. La cura, il
prendersi cura su questo può fare conto per essere vera cura e per non
limitarsi a essere tentativo di rilancio e di recupero di una vita cui, al di
là delle illusorie solide parvenze, in quella forma manca l'essenziale per
essere tale, per stare su, per credere in se stessa. La depressione,
un'esperienza interiore dolorosa e impietosa come poche, fermamente mossa e
così plasmata dal profondo, non certo senza intelligenza e senza scopo, chiede
imperiosamente di essere ascoltata. L’aiuto vero è da cercare in chi sappia
intendere il valore e il senso di una sofferenza così radicale e dare
contributo di spunti di ricerca e sostegno al confronto con un sentire così
arduo, che non chiede di essere messo a tacere e sostituito, ma ascoltato, per
aprire la strada a un cambiamento di vitale importanza e necessità. Vista come
patologia o come caduta da cui essere tratti in salvo e risollevati, per
tornare a abbracciare il solito, nella sostanza tali e quali a prima, non trova
di certo l'ascolto e la rispondenza che cerca, non vede raccolto il suo invito
tanto difficile quanto profondamente sano.
sabato 13 settembre 2025
Il male oscuro: la depressione
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