Gli eroi sportivi, che siano numeri uno, che vincano medaglie di metallo vario, che comunque competano in gare imprese di qualunque genere, messe sullo schermo o in prima pagina e osannate, sanno facilmente sedurre, cioè portare a sè quella voglia di riuscita, di conquista che, non costruita e coltivata da sè, finisce per passare loro per delega e mandato, appassionatamente. L'impresa non ha volto proprio riconoscibile e distinto, non è frutto di sviluppo e di crescita originali e proprie, ma poco importa, è come se, tifando l'eroe di giornata nella sua impresa, ci fosse l'esaltazione e il gaudio della conquista propria. Ma c'è di più che la fascinazione per l'impresa dell'eroe di turno rivela. Il successo del campione, che riscuote il plauso generale, che ottiene il trionfo celebrato, dà compimento a ciò che più ammalia. Quando non si ha esperienza e conoscenza di cosa significhi generare qualcosa tratto integralmente da sè, da un lavoro su se stessi, che messo al mondo ha il volto originale e unico di una creatura profondamente propria, di cosa sia la passione nel vederlo vivere e nel farlo crescere, non si conosce la gioia vera, che non è legata a nulla di spettacolare da ostentare, con cui stupire e soddisfare il gradimento del pubblico, degli altri. Ciò che si genera è meraviglia per i propri occhi nel vedere nascere da sè e vivere ciò che non è stato concepito per avere per destinazione il palcoscenico, per scopo la classifica, il podio, la medaglia con la celebrazione pubblica che commuove, che dà ebbrezza, che è conquista tutta alimentata e sostenuta da fuori. Se si conosce la vera gioia della creazione, si scopre che questa gioia non ha bisogno di pompa e di grancassa, di fama, di pubblica celebrazione e encomio, che ha in sè la sua forza e la sua ricchezza, che non c'entrano nulla col successo. La sua forza e la sua ricchezza sono legate all'aver sostenuto sviluppi e percorsi d'esperienza originali, all'aver assecondato aspirazioni riconosciute dentro di sè, in intesa e in accordo con il proprio intimo e profondo, come significative e importanti, altre da quelle già fissate e predisposte come valide e degne, dentro cui incanalarsi per misurare le proprie capacità e dare prova di bravura e di prestanza per riceverne approvazione e plauso. Ebbene gli eroi da stadio e da primato olimpico e di ogni altra specie, danno volto all'aspirazione massima di chi ha scambiato il desiderio di realizzazione col successo, di chi conosce solo la gioia venduta e da fuori alimentata, la gioia del pubblico riconoscimento, della fama, degli applausi, della riuscita nella corsa su corsie prestabilite dove dimostrare di non essere da meno di altri, dove cercare con ogni sforzo di primeggiare. Va solo aggiunto che qualcosa di analogo a ciò che è riservato ai campioni sportivi, della stessa pasta e matrice, accade che sia rivolto ai campioni che in ogni ambito e espressione, che sia quella cosiddetta artistica o culturale o di chi fa impresa che fa soldi o di chi fa carriera o arriva a rivestire una carica in una gerarchia pubblica o privata o nell'ambito politico, appaiano come gli eroi di quel successo, di quel modo di intendere la realizzazione personale che ha dalla sua il credito e l'ammirazione comune, la fama e le onorificenze. In ogni caso ci si beve tutto quando si è abituati a seguire in modo credulo e gregario, a farsi dire, a non portare a maturazione autonomia di pensiero e di scoperta originale di cosa sia la realizzazione scaturita e interamente formata e alimentata da sè.
domenica 18 agosto 2024
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