sabato 17 agosto 2024

L'originale e l'artefatto

Questa della natura originale o della costruzione artificiale del proprio modo di essere e di realizzarsi è la questione centrale da tenere presente se si vogliono capire le ragioni del malessere interiore, il significato di tutta quanta l'esperienza interiore e lo scopo della iniziativa dell'inconscio che per intero la plasma e la dirige. Solitamente si pensa che i disagi interiori abbiano origine da condizionamenti esterni sfavorevoli, che siano il prodotto ad esempio di traumi pregressi, di distorsioni o di carenze nella cura e nell'educazione ricevuta, in ogni caso si pensa che ci sia un difetto di funzionamento che si auspica di correggere, di sanare, perchè il corso della propria vita prenda una piega regolare. Si è già dentro l'idea che tutto debba procedere nell'unica direzione e senso conosciuto. In realtà la questione è ben altra e se non la si intende si rischia solo di spingere a senso unico, di insistere ciecamente perchè tutto proceda senza vedere come e su quali basi. Totalmente vincolati alla pretesa del regolare e efficiente funzionamento, non ci si dà la capacità di capire cosa sta accadendo quando il proprio profondo prende forte iniziativa e apre crisi e impegna in un corso si sensazioni e di esperienze interiori difficili e che non danno tregua. La questione della natura e della qualità del proprio modo di condursi, del proprio modo di pensare se stessi, di intendere la propria realizzazione è fondamentale. E' proprio lì che l'inconscio ha portato lo sguardo, è lì che prende posizione e cerca di intervenire per coinvolgere l'insieme dell'individuo per aprire gli occhi, per cominciare a assumere una diversa prospettiva. Occupiamoci dunque di questo nodo fondamentale, imprescindibile per comprendere il significato del malessere interiore e di ciò che vuole perseguire l'iniziativa del profondo. L'impianto naturale o viceversa l'innesto artificiale di una vita ne rendono profondamente diversi gli svolgimenti, gli sviluppi e gli esiti. Tenersi uniti alla propria matrice vera, al proprio intimo e profondo e da lì sperimentare cos'è scoprire, conoscere, orientarsi, procedere per guida interna, coltivare, far maturare e nascere, decidere e realizzare in unità e in accordo con la propria capacità di vedere e di comprendere è una cosa, affidarsi a altro per formarsi, che significa fatalmente uniformarsi a questa nuova matrice, per formare capacità di pensiero, per crescere e per dare compimento non più al proprio frutto e progetto, ma a un disegno, a una realizzazione già e diversamente da sè concepita, è tutt'altra storia e destino. Imboccata la strada del farsi portare e formare, ben istruiti e educati a credere che quella soltanto sia la via per dare crescita e realizzazione a se stessi, il senso dell'artefatto va via via smorzandosi fino al compimento di quella mutazione per cui, pur assumendo e riproducendo nello sguardo e nei pensieri altro da sè, ci si convince che lì dentro ci si è, si vede, si intende e si dice la propria, si dà espressione alla propria volontà, si mettono in luce le proprie capacità, si vive di propria sensibilità. E' il capolavoro della alienazione, di un processo di estraniazione da sè, di rinuncia a fondare su di sè, sul rapporto con la propria interiorità, col proprio sentire e con tutta la propria risorsa interiore, la formazione del proprio pensiero, di delega e di trasferimento a altro della funzione e della capacità di darne le basi, gli indirizzi, di garantirne la validità. E' un processo che mette in gioco mica poco, la rinuncia alla creazione e allo sviluppo della propria autonomia, prima di tutto di pensiero, di scoperta autonoma di significati e di capacità di concepire percorsi, finalità e scelte, guidandosi da sè, che non ha nulla a che fare con l'illusoria autonomia del dibattere e del prendere posizione  su questo o quello con argomenti pro o contro, del mettere in atto questo o quello, in apparenza originali. E' il capolavoro dell'alienazione perchè è un processo del cui significato e delle cui implicazioni non si prende visione, di cui si eclissa la consapevolezza (a parte che nel proprio profondo, che, non per caso, consapevole del significato e della portata di ciò che accade, non cessa di dare segnali, di intervenire e di interferire). E' il matrix perfetto, che una volta avviato si auto alimenta, è il ritrovarsi non nel legame con la propria originale matrice, è il trovare (seconda) natura dentro un'altra matrice, dentro un altro stampo, fino a considerarla propria, fino a difenderla con le unghie e con i denti. Ci si ritrova così a difendere il valore di una vita dove si è riposto tutto, dove si vale per la buona prova offerta che trova apprezzamento, dove l'intelligenza prende la forma del sapere che ottiene abbraccio e lode, dove i sentimenti, i più graditi e voluti sono quelli che sanno di buono, che sono ben considerati, che nel catalogo sono i più virtuosi. L'accordo con altro che dà conferma e plauso sostituisce l'accordo con se stessi, con ciò che da dentro il proprio intimo e profondo sarebbe capace di dare indirizzo e alimento alla scoperta fatta con i propri occhi, alla comprensione dei significati non per suggerimento, ma per intima esperienza, verificata, toccata con mano, dove la passione, quella vera e secondo natura, non è di essere applauditi, ma di generare, di creare, di far vivere e realizzare qualcosa di autentico, di originale, fedele a sè, che origina da sè, dal legame con la propria matrice vera, con il proprio intimo e profondo. Fatta propria la seconda natura, quella assistita e tenuta in piedi da altro che la forma e sostiene, è fatale che si diffidi della propria, che non si dia credito alla possibilità che dal rapporto con se stessi, con la propria matrice autentica, con la propria interiorità, possa nascere ciò che conta e vale, che si sminuisca ciò che l'interiorità può dare, che lo si riduca, che le si voglia assegnare solo il ruolo di coda, di ombra, di seguito gregario. Cos'altro è riconosciuto al proprio sentire e a tutta la risorsa interiore se non di accodarsi e di accordarsi con le pretese della parte conscia ormai venduta, affiliata all'altra matrice, affittata al compito di sostenere e di riconoscersi soltanto nelle capacità realizzative impiantate nella matrice della mentalità, dei modi di concepire comuni e organizzati a cui ci si è rifatti per trovare tutto? Da se stessi, dal legame, dal rapporto con la propria interiorità ci si convince che non è pensabile che possa nascere e formarsi il fondamento e il necessario per essere individui pensanti in proprio, capaci di mettere la propria vita su guide e su impianto proprio, in modo valido e credibile. La seconda natura oscura e rende improbabile ogni alternativa, anzi è pronta a denigrarla, a screditarla dove si provasse a darle credito. La scelta di staccarsi dall'insieme per dare spazio e occasione all'incontro e al dialogo interiore, sempre ammesso che lo si sappia rispettare prima di tutto come ascolto dell'interiorità e non come monologo della parte conscia, se non hanno corso limitato nel verso del ricaricarsi e in tempi rapidi  per ripartire nei modi consueti, sono visti e giudicati come segnali preoccupanti e insani di isolamento, di distacco dal reale, di vizio capitale di egoismo, di egocentrismo e chi più ne ha più ne metta. In ogni caso è considerato velleitario staccare dalla fonte esterna, dalla matrice che alimenta la seconda natura, spacciata per vera natura. La tesi dominante è che dal rapporto con se stessi, se preso sul serio, se investito di attese, non si può che trarre illusioni e ingenue persuasioni, non certo qualcosa di credibile, non certo il fondamento di una crescita autentica, forte e valida, di ampio e valido respiro e affidabilità. Se però si dà credito a ciò che è bollato come l'impossibile, se lo si coltiva, come accade dentro una valida esperienza analitica, si scopre che dal rapporto col proprio profondo, che rimettendo assieme, ritrovando le radici del proprio essere, ritrovando la vera autentica matrice, è possibile generare ben altro che la solita lezioncina, i soliti collaudati incastri di ragionamento a cui si è affidato l'esercizio del proprio pensiero, che gira e rigira tornano sempre all'ovile della visione della vita solita e già orchestrata e impartita. Può compiersi così e non certo magicamente e in un attimo, perchè è un vero parto con i suoi tempi di gestazione, la mutazione inversa, quella che riporta l'essere a trovare le sue vere radici, la sua capacità vitale, il suo respiro, la sua consapevolezza e capacità di visione, le sue originali qualità e potenzialità. E' una vera profonda trasformazione quella che si compie, stavolta per il verso giusto, del rientro a casa, al proprio da cui si rinasce con le proprie forme e sostanza, abbandonando via via, non senza difficoltà e contrasti interni (la seconda natura, con i suoi apparenti agi di aver già le risposte e le soluzioni pronte e apparecchiate, con la sua presa e capacità di inglobare in sè orgoglio personale e senso di riuscita, non ci sta facilmente a farsi mettere in discussione e da parte), quella parvenza di essere, artificialmente formata su altro impianto e matrice, cui ci si era consegnati. E' proprio la parte viva e profonda di se stessi, è proprio l'inconscio a pilotare, a alimentare, principalmente con i sogni, questo processo di trasformazione nel verso del ritorno a se stessi, del nuovo radicamento e della rinascita da se stessi. Dando spazio e credito al dialogo interiore, alla capacità che ha di far ritrovare il contatto e lo scambio vivo con la propria matrice autentica, con la propria interiorità, ciò che si può vedere nascere e formarsi è davvero unico e sorprendente. La natura, quella vera, sa dare il meglio, che è l'originale, l'autentico di sè che ha capacità vera e autonoma di vivere, di crescere e di dare frutto. La seconda natura, a cui ci si è aggrappati e legati come se non fosse tale, può solo produrre l'artefatto, che senza sostegno esterno di plauso e di conferma non può esistere e stare su, che altro non può fare che riprodurre ciò da cui artificialmente è scaturita. 

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