sabato 6 luglio 2024

L'ansia, il cammino stretto

Perché insiste e cosa vuole quest'ansia? Dà un impietoso senso di costrizione, di respiro stretto, di mancata distensione, forse...forse perché non c’è motivo di rilassarsi, forse perché lì in questa stretta di allarme e di apprensione, c’è la necessità di vedere, più che di passare oltre, di rallentare e di fermarsi per capire, più che di evadere e di andare via sciolti. Non dà libertà questa pressione che non molla, toglie libertà? La prima impressione è questa e in nulla sembra favorevole, anzi pare una maledizione, una storpiatura, un modo infelicissimo e sbagliato di stare al mondo. Sarà per un deficit, sarà la conseguenza di qualche fattore sfavorevole, di un trauma patito, di un infelice condizionamento esterno attuale o di origine remota, che interiormente ha sconvolto e distorto il più normale e fisiologico sviluppo di crescita personale, tutto questo si va a pensare meno che questa ansia oggi voglia dire, che lo sappia intelligentemente fare.  Andiamo al punto. Vaneggia e blatera il sentire con quest'ansia cocciuta, tanto da poter essere considerato assurdo, senza valido motivo nel suo suonare senza tregua la sirena d’allarme, nel suo fare il guastafeste? Va riconosciuto che non è affatto facile convivere con una realtà interna così spigolosa, che non dà respiro. Ma c’è da chiedersi è davvero molestia? Standoci attenti, qualcosa dentro, nel profondo potrebbe aver buon motivo di disturbare il quieto vivere, di procurare questa fitta pena? Forse quest’inquietudine dolorosa non intossica, ma vuole dire, non intende privare, ma vuole dare, non impedisce il cammino, ma lo segna stretto, per (co)stringere a capire. Fare opposizione, combattere ciò che sembra solo menomare e togliere è risposta comune, comunissima e pure assai convinta e resa tale anche dal supporto di mentalità comune che invoca come ideale la condizione di liberazione da pesi interiori e di apparati di cura pronti a dare aiuto nel verso del dispensare rimedi di ansiolitici e di tecniche di superamento dell’ansia. Si parte poi male, da una posizione tutt’altro che favorevole nel confronto con la parte intima di se stessi, con cui ora risulta così difficile convivere. Si ha infatti visione di se stessi come di un’entità sostanzialmente chiusa nei confini della cosiddetta parte conscia, il resto di intimo, di sentire e di ciò che si svolge interiormente lo si pensa come un corollario, di cui a volte è problematico il controllo, ma appunto si tratta di controllarlo, di tenerlo a bada, di spiegarlo con qualche rapido ragionamento, niente di più. Dunque non ha certo centralità l’interiorità, è pensata come una appendice del proprio essere, come una realtà minore che viene e deve stare a rimorchio e che va in qualche modo gestita, cui soprattutto non va dato peso quando non sta alle aspettative, quando nel sentire dissona, perché tanto è una componente “irrazionale”. Si è impegnati a seguire ben altra onda e richiamo da quello intimo, cui si chiede di stare al passo e di non dare problemi. Ma l’interiorità di cui si è portatori e che è parte viva e essenziale del proprio essere, anche se come tale non è riconosciuta e ammessa, non è ciò che si presume e si pretende, un’appendice, una coda, un seguito gregario, che più di tanto non può e non sa produrre e portare. La parte intima e profonda, lo si constata con mano quando le si dà spazio e ascolto degno come nel corso dell’analisi,  sa però vedere bene e senza preconcetto, è la parte di se stessi che continuamente segnala nel sentire, nel seguito di emozioni, stati d’animo, vissuti e elabora in modo ancora più approfondito nei sogni, il vero di ciò che si sta vivendo, è la parte che non tenta fughe, che non se la racconta a piacimento come spesso e volentieri fa la parte conscia, è la parte che viceversa sa e vuole raccontarla nel verso del vero. L’interiorità sa essere sincera e soprattutto affidabile, senza compiere sul conto del senso di ciò che si fa e si vive distorsioni o manipolazioni di comodo, dunque sa essere acuta e veritiera, sa vedere della propria condizione e sorte oltre il naso in modo attento, nitido, esteso e lungimirante. Sapendo vedere, perché sveglia, perché non invischiata nella inerzia del procedere e del pensare annesso  interessato solo al quieto vivere o a favorire il procedere secondo programma della parte conscia, si prodiga a dare richiami, a mettere in campo ciò che sa, a provocare, quando è tempo e la situazione lo merita e lo richiede, una stretta, a esercitare un forte richiamo, a dare con l’ansia che insiste e che non dà tregua, a volte con lo scossone tremendo dell’attacco di panico, un sonoro segnale di allerta. Se non avvisasse per tempo, senza fare tanti complimenti, le cose potrebbero mettersi male e in perdita o con rischio di perdita grave. In superficie, nella parte conscia, ci si pretende accorti e "svegli" e invece spesso si è ottusi nel rigirare e confermare sempre le stesse idee e posizioni, più o meno volutamente svagati circa ciò che si sta facendo realmente di se stessi, circa il proprio procedere e la sua consonanza o meno con se stessi. Si è, in superficie e col ragionamento, comunque in ritardo rispetto al proprio profondo, che non cessa di tenere tutto dell'esperienza passo dopo passo ben unito e sotto sguardo attento, senza distrazioni, senza concessioni alla pia illusione e all’autoinganno, al rinvio, al lasciar andare senza cura. Ansia, respiro stretto, perché ogni goccia di respiro diventi consapevolezza e non evasione e ripetizione, ascolto e confronto schietto e non elusione e vana consolazione. Vedere, aprire gli occhi sul vero costa, ma salva. Se si tratta di cominciare a veder chiaro, a rimettere assieme l‘insieme, senza semplificazioni, omissioni e sviste, se si tratta di mettersi in mano consapevolezza utile e fidata, motore di libertà e di forza di vivere e non di sopravvivere, ben venga il guastafeste, l’inconscio che non “dorme“, che, pungolando e incalzando, non fa "dormire"! E’ un paradosso, ma nemmeno durante il sonno l’inconscio tace, anzi profitta della resa della testa ragionante e del silenzio della circostante fiera di cose e di eventi esterni, per pensare, a voce alta, per condividere nei sogni con tutto l’essere i suoi pensieri.

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