Si è quello che si è e nella sostanza è
difficile cambiare o c'è possibilità di cambiare veramente e profondamente?
Portiamo dentro di noi le possibilità del cambiamento, anzi di un cambiamento
radicale nel nostro modo di essere e di pensare, portiamo nel nostro profondo
tutta la volontà oltre che la capacità di alimentarlo, di condurci a produrlo.
Il problema è che molto spesso non c'è intesa e convergenza tra il volere del
profondo, la strada che propone e la mentalità e le pretese della parte conscia.
Quest'ultima si illude che i cambiamenti siano ottenibili con l'inventiva del
ragionamento, assumendo e professando nuovi credi, abbracciando nuovi principi
di valore e di comportamento, oppure consegnando l’attesa del cambiamento a
cambi di situazioni, prendendo da fuori, utilizzando il corredo di risorse
esterne già pronte e confezionate, mutando abitudini e luoghi, frequentazioni o
partners, come se da lì possa sgorgare nuova vita. La proposta interiore, che
traduce la volontà del profondo di coinvolgere l'individuo e di condurlo al
cambiamento vero, è viceversa del tutto ignorata e incompresa nel suo
significato e valore. La vicenda interiore, ciò che l'interiorità propone nel
sentire, nei vissuti, che in avvio di processo di cambiamento e proprio allo scopo
di aprirlo assume frequentemente carattere di crisi, di esperienze
interiori, di vissuti che possono risultare disagevoli e sofferti, non è riconosciuta
dall'individuo che la vive come forte richiamo e come primo segnale valido di
avvicinamento a se stesso e spinta al cambiamento vero, anzi è guardata
con preoccupazione, con timore e diffidenza. Sembra ai suoi occhi minacciosa e
avversa ai suoi interessi e con i suoi parametri di giudizio, presi da senso
comune, prontamente la parte conscia dell'individuo giudica la proposta
interiore, ciò che interiormente si fa così acutamente vivo dentro di lui nel
sentire, un che di inaffidabile, volto più a fargli danno, a togliergli
potenzialità, a debilitarlo e a invalidarlo che a dargli opportunità. Come
credere da parte di chi è abituato alla regola del presto sistemato e
soddisfatto, di chi ha come faro ciò che per i più è valido e desiderabile, che
ad esempio ansia, senso di fragilità, caduta di interesse e di fiducia in se
stessi, possano racchiudere delle opportunità, possano valere come terreno di
presa di coscienza e come primo passo sulla via del cambiamento? Tutto lo
sforzo della parte conscia è di tenere da subito alto il tono dell'umore, la
sicurezza, convinta di alimentare così lo "star bene", la capacità di
non perdere terreno, di non privare se stessi di ciò che pare normale e naturale
possedere. Se tutto del proprio modo di pensare e di concepire la vita si è
formato andando a rimorchio, seguendo l'educazione del così fan tutti,
facendosi dire e spiegare, facendosi bastare nei propri ragionamenti di
ripetere nella sostanza la lezioncina appresa, pur con qualche pretesa di
originalità, badando solo a stare al passo con gli altri, la reazione a ciò che
interiormente in realtà, se fedelmente e ben compreso, segnala con forza non i
sintomi di una poco valida capacità di procedere e di essere adeguati, bensì la
mancanza di aderenza a se stessi, l'assenza di radice nel proprio procedere e
pensare, la sostanziale mancanza di visione propria e di autonoma guida e
capacità di condursi, è di giudicare tutto questo che si muove interiormente
come guasto e pericolosa deriva, come disturbo da combattere, come patologia da
aggiustare. Ciò che interiormente, in modo assolutamente sensato e
intelligente, coinvolge e investe senza tregua con i vissuti d'ansia di un
senso di fragilità, di precarietà, di apprensione e di smarrimento, di
allarme e di pericolo, chi procede incautamente senza aderenza e intesa
profonda con se stesso, ciò che interiormente avvilisce e disarma con i vissuti
di scoramento e di mancanza di fiducia e di stima di se stesso, chi, al di là
delle apparenze (che possono convincere l'opinione comune, ma non la parte
profonda se stessi), non si è provvisto dell'essenziale, di un bagaglio di
conquiste proprie e di autonome scoperte, è tutt'altro che l'espressione di un
disturbo e il segno di un guasto, di un anomalo modo di sentire. La proposta
interiore, anche se difficile e dolorosa, contro ogni facile pregiudizio che la
considera nociva e malata, segno evidente di cedimento, è viceversa guida
provvida e intelligente per prendere contatto col vero, con se stessi. Se ci si
lavora con cura e seriamente, se ci si fa aiutare a farlo, come accade dentro un percorso di analisi ben fatta, lo si scopre,
lo si verifica, lo si comprende. L'iniziativa interiore, pungolando nel vivo,
non concedendo tregua, persegue uno scopo assolutamente positivo, vuole
spingere a vedere senza trucchi e senza veli il significato e il fondamento del
proprio modo abituale di procedere e di pensare, spesso sostenuti e confermati
più da fuori che da dentro se stessi, a riconoscere lo stato del rapporto con
se stessi, spesso segnato da lontananza e da estraneità al proprio mondo
interiore, per muovere da lì alla costruzione di qualcosa di autentico, allo
sviluppo di un pensiero e alla scoperta di una progettualità che abbiano
origine e radice dentro se stessi. L'incomprensione del senso, del significato
di ciò che interiormente si svolge e preme, non è casuale, è conseguenza della
mancata formazione e crescita della capacità di relazione col dentro, visto che
tutto l'impegno nel proprio corso di vita fino al presente è stato destinato a
prendere da fuori, a istruirsi, a interagire con l'esterno e con gli altri, a
prendere da lì le opportunità, a apprendere dalla fonte esterna contenuti,
guide e capacità di orientamento. L'esperienza interiore, il rapporto con
sensazioni, emozioni, stati d'animo non è stato oggetto di cura, non ha preso
forma, non è stata coltivata e sviluppata la capacità di ascolto e di dialogo
con la propria interiorità, anzi via via si è creata lontananza, distanza e
distrazione, disaffezione verso il dentro, sminuito, visto solo come eco banale
e piatto delle vicende esterne e come un seguito che doveva armonizzarsi e
seguire docilmente le petizioni di principio e i calcoli e le attese della
parte conscia razionale, chiamata a essere il motore trainante, la guida.
Partendo da queste premesse, rimasta incolta la parte che riguarda il rapporto
con se stessi, col proprio intimo, capaci solo di forte connessione col fuori e
scollegati e estranei alle vicende interiori, sottovalutate e messe semmai
sotto tutela della parte conscia, ecco l'incapacità di intendere cosa la
proposta interiore vuole e sa offrire. Il cambiamento di cui proprio la parte
profonda può essere promotrice e guida capace e che ha nel profondo di ognuno,
nell'inconscio il suo promotore, non è certo considerato possibile dalla parte
conscia, non è nell'ordine delle sue idee e aspettative, che la rendono più
incline e pronta a bloccarne l'avvio e lo sviluppo, invalidando come anomalo e
da correggere ciò che la proposta interiore avanza, che di riconoscerlo come
guida valida su cui fare conto. L'inerzia e la chiusura della parte conscia, la
sua incapacità di intendere le vicende interiori e di comprenderne il valore,
la sua ottusa salvaguardia del solito a cui affida tutta se stessa, il suo
dirsi persuasa di avere e di sapere già, il suo dar credito solo alle risorse
esterne e già pronte, il suo affezionarsi solo alle conquiste spendibili per
dare buona prova di sè agli altri, per riscuoterne l'apprezzamento, finisce per
stroncare e far cadere i richiami interiori, la proposta e l'opportunità del
cambiamento vero mosso dall'intimo, dal profondo. E’ dato invece credito a
ipotesi ingenue e sterili di cambiamento fondate sul niente, su soluzioni
esterne e mal concepite, che non possono che riportare sempre all'uguale. Non
si cambia per procura, affidando il cambiamento di sé a altro, non si cambia
con un cambio di abitudini e di pratiche esterne, non si cambia per petizioni
di principio. L'unica possibilità di cambiamento è legata al profondo di sè,
che non intende certo offrire un cambio d'abito. Cambiare significa seguire la
traccia viva segnata dalla propria interiorità, facendo un lavoro di presa di
coscienza, di verifica senza risparmio, lucida e onesta, imparando a coltivare
con la guida del profondo scoperte e idee fondate. La parte profonda di se
stessi, l'inconscio ha talento e capacità di indirizzare la ricerca, di guidare
il processo vivo di trasformazione mettendo in campo il sentire e tutta la
trama dei vissuti, che vogliono far fare esperienza viva per conoscere
nell'intimo la verità delle cose, mettendo a disposizione i sogni,
insostituibili fari per vedere dentro se stessi, per formare nuova visione, non
artefatta ma aderente, strettamente aderente al vero. Se i cambiamenti fatti di
invenzioni e di acrobazie della mente conscia e razionale, affidati a cambi di
ingredienti esterni sono solo ingenui diversivi e illusori, cambiare veramente
si può. Si può, cambiando profondamente se stessi, diventando se stessi,
assecondando la spinta profonda a aprire gli occhi, a generare il proprio
pensiero, a trovare le proprie risposte e la propria visione della vita, a
comprendere le proprie ragioni d'esistenza. Il cambiamento vero e radicale non
è un frutto già maturo e pronto da cogliere e da consumare come si è abituati a
fare, è un cambiamento da coltivare, è una trasformazione graduale da
condividere col proprio profondo, è una nuova vita da generare e da cui essere
rigenerati.
mercoledì 10 aprile 2024
E' possibile cambiare?
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