La ricerca del vero di se stessi è pratica e
aspirazione rara, in genere prevalgono la ricerca dell'adattamento, del
rimedio, della soluzione che garantiscano la continuità dell'abituale, l’uniformità
col comune, supportate dal lavorio della parte razionale, che, gira e rigira,
dà solo conferme a ciò che si vuole e che si gradisce credere di se stessi e
della propria condizione. Dettate queste condizioni di stabilità e di
continuità, come fossero regole di normalità, al proprio modo di essere e di
procedere, ne consegue che sconfiggere l’ansia e rendersi liberi da tutto ciò
che risulta interiormente scomodo siano la petizione e la pretesa più diffusa e
ricorrente. Simili risposte e richieste se sembrano a chi le sostiene scontate
e a sè favorevoli, in realtà rivelano che dell’esperienza interiore che si vive
e di ciò che realmente significa e vale ben poco si conosce e spesso tutto si
fraintende. Se dentro di sè c'è inquietudine, se questa non dà tregua, il
motivo non è un cattivo stato interiore conseguente a pressioni esterne nocive
o a traumi pregressi. La ragione e il senso di quell’esperienza viva interiore,
certamente poco gradita, perché poco piacevole oltre che insolita, è che lì
dentro c'è il richiamo e la forte presa su tutto il proprio essere della parte
profonda di sè, ben più attenta a non perdersi nell'illusorio della parte
conscia di superficie, a fare chiarezza su se stessi. In quel sentire, pur così
disagevole, c'è il possibile specchio per guardarsi in volto e per riconoscere
il vero, senza impazienza e pretesa di mettere sopra quanto provato
interiormente spiegazioni costruite razionalmente, disponendosi viceversa a
farsi dire e condurre dal proprio intimo vissuto, fino a vedere e a
riconoscere, mettendo in campo capacità di ascolto e sguardo riflessivo,
l’intima traccia di verità che il sentire sta offrendo e rimarcando in modo
così intenso. Un incontro e non uno scontro con la propria interiorità, che va
svolto con pazienza e con gradualità, perchè le falsità di comodo, anche le più
sofisticate costruite con la destrezza dei ragionamenti, ce le si racconta in
fretta, mentre il vero, in accordo e con la guida del proprio profondo, è
scoperta più impegnativa e con tempi di maturazione che non si possono
limitare. Accade però spesso che l'invocazione di eliminare prontamente ogni
intima tensione, squalificata come disturbo e anomalia, come peso
insopportabile e come malattia, si alzi forte e perentoria come una condanna
senza appello rivolta alla parte di se stessi, intima e profonda, che non tace,
che non vuole tacere, che incalza senza posa. Dunque bisogna decidersi, se fare
gli gnorri e continuare a sparare impunemente contro ciò che interiormente
vuole spingere con forza verso verifiche e scoperte all'insegna del vero di se
stessi, della propria condizione, del proprio modo di procedere o se cominciare
a rispettare la parte di sè, intima, che col sentire risulta sì scomoda,
intralciando e disturbando il quieto vivere e procedere, ma che accortamente e
saggiamente interviene e non dà tregua per far aprire gli occhi. Se il quadro
interiore è così mosso significa che tutto a posto non è, che tutto o tanto è
finalmente da capire di se stessi, senza veli. Se si squalifica e si scarica tutto
ciò che è sofferto e disagevole del proprio intimo, trattandolo come assurdo e
malato, ci si può fare solo danno. Non fa danno l'ansia e quanto interiormente
non concede tregua. Racchiude una proposta importante, che non vuole essere
ignorata, che produrrebbe un gran bene se fosse ascoltata e compresa. A fare
male e serio danno è solo l'ignoranza, il passare oltre, l'ottusa e cocciuta
pretesa che tutto interiormente debba soltanto raddrizzarsi, funzionare a senso
unico di marcia, disciplinarsi a dare sostegno e a accordarsi con l'abituale,
consueto e normale procedere, come si pensa facciano tutti, buttando via il
richiamo interiore alla ricerca del vero di se stessi, che, se corrisposto,
renderebbe capaci di dare finalmente alla propria vita il proprio contenuto e
volto.
domenica 31 ottobre 2021
La ricerca del vero
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