E' comprensibilmente difficile confrontarsi con vissuti, con emozioni come la paura, l'ansia e con tutto ciò che interiormente non concede quiete. La risposta di chi vive simili esperienze è molto spesso di insofferenza per qualcosa che è inteso come un intralcio, un difettoso modo di sentire, un disturbo che pare solo togliere opportunità e benessere, arrecare soltanto danno. La cosiddetta scienza è pronta a assecondare questa idea della nocività e della natura irregolare di simili esperienze, già presente e diffusa nell'opinione comune, provvedendo a dare definizione e a fornire etichetta a ciò che, collocato in qualche categoria diagnostica e casella dell'anomalo e del patologico, sembra trovare finalmente un volto e predisporsi a essere trattato come disturbo da contenere, da contrastare e eliminare. Così facendo si compie una operazione che, a prima vista benevola e assennata, ha in realtà rilevanti implicazioni e notevoli conseguenze tutt'altro che favorevoli. Da un lato un'esperienza interiore singolare e unica, così intima e vicina, è pregiudizialmente misconosciuta nel suo valore, non rispettata nella sua unicità e non valorizzata nella sua capacità di dire e di svelare, ripudiata e cacciata come corpo estraneo nel cestino di qualcosa di anomalo e alterato, tipico e comune, dall'altro l'aspettativa, confermata e incoraggiata nell'individuo dalla "scienza", diventa contenere e chiudere, risolvere e tenere lontano da sè ciò che, se compreso, si rivelerebbe essere tutt'altro che nemico e deleterio. La paura, dentro questo movimento di rifiuto, quando è resa oggetto di spiegazioni, è fatta prontamente risalire a condizionamenti e a cause esterne, remote o attuali. Ciò che non è colto e inteso è che la paura è un richiamo interno, che origina dalla parte profonda del proprio essere, che lancia con acutezza e imprime nell'intimo del proprio sentire il segnale di un insostenibile stato nel proprio modo di procedere e di stare in rapporto con se stessi. Non c'è nulla di anomalo e di insensato in uno stato interiore, che perchè doloroso e spiacevole, non per questo è sinonimo di disturbo e di patologia. Semmai, nella parte profonda del proprio essere c'è grande accortezza e capacità di leggere lo stato vero delle cose, di non tacerlo, di aprire una crisi interiore su punti decisivi e su necessità irrinunciabili e inderogabili cui provvedere finalmente, c'è volontà insopprimibile di esercitare forte richiamo di attenzione e d'allarme per mobilitare tutto l'essere dell'individuo, per spingerlo a confrontarsi con se stesso e a cercare chiarimento e risposte. La paura, l'ansietà che non dà tregua, dà un segnale congruo e valido, intelligente e opportuno se, a dispetto di ciò che la parte conscia vuole farsi credere, ci si trova nella sostanza in una condizione delicata e critica, pericolosa, perchè insoddisfacente la necessità di avere visione chiara, veritiera e non truccata (tenuta su principalmente da appoggi e da convalide esterne) di se stessi e del proprio modo di condursi e poi di attrezzarsi per coltivare e sviluppare autonomia di pensiero e di governo della propria vita, di cui si è, malgrado le illusioni, mancanti. Sotto pressione interna di ansietà e di inquietudine, di paura, non si è dunque malauguratamente vittime di minacce o di condizioni sfavorevoli dettate dall'esterno, non si è malati di un cattivo funzionamento interno, ma si è investiti dal richiamo molto forte e intelligente, che proviene dal proprio profondo, a prendere visione di una condizione che è insostenibile, che, se anche difesa sino a oggi come normale e valida, fa paura. E' una condizione che non può fare stare tranquilli per la sua inadeguatezza rispetto all'esigenza di essere non passivi e a rimorchio (anche se convinti del contrario) di modelli e di modalità di pensiero prevalenti e date, ma dotati di autonomia, di capacità prima di tutto di capirsi e di vedere la verità del proprio stato, di capacità di ascoltarsi e di intendersi con se stessi, con la propria interiorità, condizione essenziale per trarre da sè le proprie risposte, il proprio pensiero, fondamento necessario della conquista della capacità di autogoverno, di governo della propria vita. L'esterno ha il suo peso, di cui bisogna certamente tenere conto, su cui è importante impegnare il proprio sguardo attento e critico, evitando di farsi portare e dirigere come gregari da un pensiero comune o impartito da presunti esperti, ma per fare questo, senza cadere nell'ideologia, nelle automatiche deduzioni e nel dare addosso solo al fuori, che rischierebbe di annebbiare tutto, è fondamentale avvalersi delle proprie risorse e guide interiori che sono il sentire, i vissuti, che puntualmente e senza imbrogli sanno dare il terreno vivo e affidabile su cui fondare il proprio pensiero, la ricerca che non ometta mai di riconoscere non solo le responsabilità altrui ma anche le proprie, condizione necessaria per produrre a partire da sè i veri cambiamenti. I vissuti sono l'espressione di intelligenza interna, tesi a fare luce prima di tutto su ciò che dentro e con se stessi è critico e problematico, che è fondamentale e prioritario capire, mettere finalmente sotto il proprio sguardo e all'ordine del giorno. Ciò che si sente non è la semplice e lineare conseguenza di situazioni e dell'agire di fattori esterni, che ne condizionerebbero l'insorgenza e che ne fisserebbero i limiti e il significato; i propri vissuti, che insorgono anche indipendentemente da circostanze esterne, hanno comunque, pur in presenza di stimoli e di condizionamenti esterni, autonomia e capacità propositiva, che va ben oltre l'idea e l'orizzonte convenzionale. L'anima e l'intelligenza che plasma il sentire, le emozioni e gli stati d'animo, è nel proprio profondo, ciò che si sente ha spessore e intenzionalità, capacità di dire e di svelare, di portare a prendere consapevolezza di aspetti decisivi e di nodi importanti della propria vita, di cui si è in genere ignari. La possibilità e il rischio di fraintendere il significato della paura, di farle prendere e di alimentare direzioni altre rispetto al suo senso, a ciò che vuole far capire e allo scopo che vuole perseguire, sono sempre presenti. Che sia il prendersela con i genitori o con altri considerati responsabili di aver minato e compromesso o di guastare nel presente la propria esistenza e il presunto diritto al quieto vivere e sereno, che sia la paura di malattie, che, non intesa nel suo significato più profondo, presa alla lettera (cioè nell'accezione più concreta) si fossilizza come tale, traducendosi e risolvendosi in visite e in richieste di esami medici ripetuti, paura, che così trattata, la minaccia del virus di turno e l'uso che se ne fa, giusto per stare alla attualità, spingono alle stelle, tante sono le possibilità di rendere la paura qualcosa che, deviato dal suo scopo e incanalato su percorsi anomali, non va a fare certamente il proprio interesse, semmai va a accordarsi con interessi altri, che delle paure sanno fare uso per trarne benefici e tornaconti. La paura, che esercita pressione interiormente, ha un senso e persegue uno scopo, è spiacevole mal interpretarla, farne cattivo uso, un impiego che allontana ancora di più da se stessi, che rende passivi e deboli, che rende ottusi e poco vigili, spenti di intelligenza propria, di volontà e di capacità di capirsi e di capire su tutti i fronti. Quando la paura involve e degenera e si incista nel terrore di perdere la continuità e la permanenza dello stare nella dimensione solita, nella modalità del tirare avanti, del continuare in un procedere dove quel che più conta è proseguire sine die senza domande di fondo, ignorando, non aprendo gli occhi per cercare il senso di ciò che si è fatto e che si sta facendo di se stessi e della propria vita, ecco che si è solo impietriti e chiusi, restii al pensiero vero e fondato, al coraggio della verità, assuefatti e attaccati al mero sopravvivere e alla simulazione del vivere sostenuta e incoraggiata da gradimento e da convalida comuni, piuttosto che animati da desiderio di vivere davvero. Vivere cioè da individui veri, umanamente compiuti non nell'apparenza, ma nella sostanza, vivere per far vivere ciò che, trovato il coraggio di cercare dentro se stessi e di vedere con i propri occhi, passando attraverso esperienza intima e riflessione proprie, si è scoperto avere davvero significato e valore e non vivere per possedere ciò che è comunemente considerato normale e desiderabile, per ottenere e difendere con i denti stabilità e sicurezza. La ricerca del vero, la messa in crisi di ogni autoinganno e di ogni mistificazione attorno alle ragioni vere di ciò che si è fatto nella propria vita e che si sta facendo, spesso per adeguarsi a ciò che è comune, spesso per assicurarsi qualche vantaggio e comodo, contrabbandandolo per altro di più gradito, onorevole e ben accetto ai propri occhi, la scoperta, non indolore, del vero della propria storia e della propria condizione, è il passo fondamentale per riscattarsi, per risvegliare la consapevolezza del significato e del valore della propria vita. Per bene intendere e per dare risposta congrua alla paura, all'ansità, all'inquietudine interiore, non fraintese, non deviate dal loro scopo di far aprire gli occhi e di far riconoscere il limite di una esistenza scollata da se stessi e senza fondamento personale vero, costruita non su coscienza e conoscenza proprie, ma su imitazione e sullo stare al sicuro nell'adattamento, deviata e incistata nella paura di finire, di morire materialmente, è necessario il coraggio della verità. La paura preme a lungo interiormente e scuote per far intendere il rischio di morire, pur da vivi, come esseri umani, come pensiero e passione, come individui capaci di aprire strade e percorsi unici di conoscenza e di realizzazione a modo proprio, per consapevolezza propria, di creare con la propria vita e presenza nel mondo qualcosa di originale, capaci di gioire di vivere per questo e non della garanzia di essere normali e del compiacimento di possedere ciò che hanno tutti. Oggi la corsa senza fine, divenuta motivo e tema unico esistenziale, a proteggersi da rischi di malattia trova sostegno e rinforzo e è figlia di una paura degenerata nell'assillo, che supera e oscura ogni altra passione e preoccupazione, di mettersi al sicuro e di mettere al sicuro la continuità elementare, la persistenza materiale del proprio stare al mondo, prendendo per buona e assecondando ogni prescrizione, senza chiedersi nulla, andando a rimorchio del pensiero più propagandato e celebrato, consumando e rimasticando idee già pronte, ingollando spiegazioni, raccomandazioni, che troppi presunti scienziati e pretesi protettori del bene comune sanno, non certo disinteressatamente, propinare, bene che ognuno potrebbe cercare, con qualche sforzo di riflessione e impegno personale di ricerca, di capire e di definire da sè.
martedì 3 agosto 2021
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