domenica 24 marzo 2019
Il male oscuro: la depressione
Chi si confronta con la sofferenza depressiva, con un lago di infelicità, con la sensazione che nulla abbia più colore, che di se stessi non ci sia più nulla che vale, che non ci sia più credo e spinta vitale possibile per sè, dentro un tutto solo opprimente, teme che si sia aperta una voragine, che non ci sia più nulla di se stessi, solo un male oscuro. E' proprio con queste parole "male oscuro" che si chiama abitualmente quel dolore che scava, che non cede, che spegne e affonda ogni speranza. Eppure quel male, che pare solo togliere vita, spegnere e negare qualsiasi anelito vitale, ha in sè altro. Anche se così doloroso e impietoso, senza limiti e radicale, non è affatto detto che sia un insano modo di vedere e di sentire, che non colga in profondità e che non dica il vero. Una vita cercata e inseguita ponendosi in appoggio e a rimorchio d'altro ha di fatto chiuso, ha lasciato intentate altre strade, ha lasciato cadere altre possibilità, più impegnative, ma anche più connaturate, più interiormente vive, non ha certo fatto sì che il proprio originale fosse cercato e riconosciuto, che fosse coltivato, che fosse portato alla luce e fatto crescere. Una vita condotta facendo affidamento più su altro e su credo comune che sul proprio sguardo, facendosi portare e ispirare nell'assumere modi e soluzioni che le avrebbero dato completezza e dignità, piuttosto che investire, casomai con più dispendio di tempo, di impegno e di coraggio, su propria ricerca, sul dare credito e portare a maturazione e a compimento proprie idee e convinzioni, non può che andare incontro a verifica circa la sua debole, anzi assente radice interna, valida, forte, irriducibile. Se una simile vita, affidata a altro e copia d'altro a cui si è ispirata e omologata, zoppica, se infine non sta più su, non può fare meraviglia. La depressione è onesto bilancio e sguardo, che non maschera più le falle, che non si nasconde più i vuoti. Si ha un bel da dire, così ci provano le persone vicine a stimolare e a incoraggiare, che ci sarebbero motivi per risollevarsi, per rilanciare la fiducia in se stessi, la motivazione e la voglia di vivere, che ci sarebbero i perchè per sentirsi non così infelici, facendo riferimento a cose, a affetti, a legami, ma la parte intima sincera dice che manca alla vita condotta sinora ciò che potrebbe renderla riconoscibile come la propria vita, come la propria storia con un suo costrutto, un'opera originale, un che che non si dissolva, che si possa sinceramente amare e che si possa sentire vicino, caldo e vicino davvero. Se si è vissuto o, forse sarebbe meglio dire, sopravvissuto, casomai facendo e agendo, ma dentro ruoli e parti, sì ben svolte, ma prese in prestito, rese credibili da considerazione e da pensiero comune, se si sono portate a sè le vite altrui, che sia un familiare, il compagno/a o i figli o altro a cui ci si è votati e legati per stare su, che cosa si è creato davvero di cui ci si possa sentire artefici, a cui ci si possa rivolgere per riconoscere che la propria vita ha valore e consistenza proprie, per trovare un filo vero di passi compiuti, di fatiche e di errori e di presa di coscienza e di crescita a partire da errori, un filo di scoperte, di credo proprio, di passioni originali? Da una verità amara si può comunque finalmente ripartire, una verità dolorosa e amara è comunque un valido punto di partenza per cominciare a ritrovarsi, molto meglio che tornare a stare appesi a illusioni, da cui prima o poi si tornerà a precipitare al suolo. In questo la depressione è coraggiosa, oltre che onesta e sincera e offre un punto di partenza valido e affidabile, purchè non le si spari addosso, giudicandola semplicemente insana e malata, senza ascoltarla e valorizzarla, per rilanciare, per gonfiare ancora l'illusorio, il facile, comodo, ingenuo illusorio. Il profondo, che consegna una simile dolorosa quanto sincera verità su se stessi e su quanto sinora fatto della propria vita, ha tutta l'intenzione e la capacità, dove si crei sintonia e gli si dia accordo nell'aprire finalmente gli occhi e nel proposito di invertire la rotta, di fare sul serio, stavolta facendo leva su impegno di intelligenza e di ricerca proprie e non su risorse prese in prestito e appoggiandosi a altro e a altri, di sostenere e di alimentare una simile svolta epocale, con pazienza, con determinazione, con coraggio. Il profondo sa dare le guide e le occasioni per formare finalmente visione e idee proprie, sentite, comprese, in sintonia con se stessi, l'inconscio, che espone alla verità senza sconti, vuole aprire la strada alla rinascita su basi salde, originalmente proprie e vere. La cura su questo può fare conto per essere vera cura e per non limitarsi a essere tentativo di rilancio e di rattoppo di una vita cui in quella forma manca l'essenziale per essere tale, per stare su, per credere in se stessa.
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