Senza rapporto, aperto e dialogico, con la
propria interiorità, senza il contributo e la guida dell'inconscio, non si va
da nessuna parte, non si rompe il vincolo di dipendenza da tutto ciò che,
organizzato e strutturato nella realtà esterna e concepito nel pensato comune,
nei modi consolidati di intendere la realizzazione e la crescita personale, di
definire ciò che ha valore e gli scopi da perseguire, offre già pronta ogni
risposta e possibile soluzione e nello stesso tempo, però, rende scontati i
traguardi da raggiungere e disciplina i percorsi da seguire. Senza unità con il
proprio intimo, senza guida interiore non c'è possibilità di affrancarsi da
questa dipendenza, di accedere alla conoscenza di se stessi e al vero della
propria condizione, di scoprire le proprie originali risorse e potenzialità, di
comprendere autonomamente significati e di arrivare alla consapevolezza di ciò
che ha davvero valore per sè e che merita di essere coltivato e perseguito, non
emulando i modelli comuni, non ricevendo istruzioni e convalida da fuori, ma fondando
la conoscenza e la capacità di scelta su propria intima esperienza e su
esercizio del proprio sguardo. Solo le scoperte di significato e di valore
così generate, non certo in un attimo, ma dentro un prolungato e fitto scambio
e ascolto della propria interiorità, sono capaci di dare fondamento e alimento
allo sviluppo della propria autonomia, alla conquista della libertà e della
capacità di fondare su di sè, su propria ricerca e presa di coscienza, le
proprie scelte e prima di tutto il proprio pensiero. Solo l’inconscio sa
guidare e sostenere, alimentare una simile crescita di individui veramente
autonomi e capaci di condurre la propria vita fedelmente a se stessi. Fare leva
e affidamento, come solitamente si fa, in modo unilaterale sulle capacità del
pensiero razionale, scisso, non connesso e non orientato dal profondo, comporta
rimanere intrappolati, inglobati in una visione a senso unico, significa non
avvicinarsi a sè e al vero della propria condizione, significa riprodurre e
stare dentro le trame di un pensiero che riconosce solo ciò che è sancito dalle
idee e dal concepito comune, che, anche quando si tenti in qualche modo di
contrastare o di mettere in discussione, fa sì che in ogni caso ad esso ci si
appoggi e ci si riferisca, che si rimanga comunque dentro il suo recinto. La
mente razionale, anche quando si crede capace di produrre visione nuova e
cambiamenti, non fa che stare dentro e ricombinare idee e attribuzioni di
significato assorbite e apprese, di cui è fruitrice
dipendente, significati e definizioni date per scontate, prese in prestito
e non generate, non tratte e comprese da intima esperienza. La mente razionale
e chi ci si affida è tutt'altro che insensibile alla presa dell'esterno e in
ciò che elabora ha spesso, se non sempre, di mira che ciò che produce sia ben
considerato, che riceva apprezzamento da altri, dall'autorità e dalla giuria
esterna. La mente razionale e chi ci si affida è dentro vincoli che non
riconosce e che è abile nell'occultare e camuffare, procurando a se stesso l’illusione
di pensare e di agire autonomamente. Solo l'inconscio sa liberare da una simile
dipendenza, rendendola prima di tutto visibile, riconoscibile, portando sempre
e tenendo lo sguardo fermo su se stessi, sulla propria esperienza, aprendo
percorsi di ricerca finalmente originali, capaci di non nascondersi nulla,
percorsi corrispondenti alla propria realtà e alle proprie vere necessità di
crescita. Solo l'inconscio ha capacità di generare, di stimolare, di
coinvolgere profondamente e totalmente, se corrisposto, di far appassionare a
coltivare e a far nascere da se stessi ciò che altrimenti, come sostituto e surrogato,
è fatale cercare fuori dove ci sono, ben considerati e caricati di stima comune
e di valore, gli esempi, i modelli e le risposte già pronte da seguire, da fare
proprie. Il problema è che queste risposte non hanno attinenza con sè, anzi
mettono, ancor prima di scoprirle, in soffitta le proprie vere ragioni
d'esistenza, il proprio autentico pensiero, il proprio progetto, accantonati
prima di scoprirli, di conoscerli, sommersi. Non è conseguenza di poco peso,
perchè significa vivere per ciò e di ciò che non corrisponde a se stessi,
confortati solo dall'approvazione esterna, non certo da quella intima,
profonda, che tutt'altro, autenticamente proprio, vuole spingere a formare, a
sviluppare. Vissuti, stati d’animo, considerati fastidiosi e fuori luogo, che
siano ansia, paura e senso di fragilità, sensazione dolorosa di peso e di
oppressione interiore, di infelicità o altro, non graditi e giudicati solo un
disturbo o un segno di inadeguatezza e di incapacità di sostenere validamente
la propria vita, sono in realtà spine nel fianco e richiami che la parte
profonda del proprio essere esercita per far sì che si prenda consapevolezza
della natura a sé estranea e dipendente del proprio modo di procedere, della
sua insostenibilità, che chiede verifica e presa di coscienza, esigenza che l’inconscio
vuole abbia la precedenza rispetto all’andare avanti comunque, al non perdere
il passo con pretese di riuscita. Se, come troppo spesso accade, anche quando
si provi a svolgere un lavoro su se stessi, si rimane confinati e aggrappati
alla parte conscia razionale, se le si dà la funzione guida, se in questo modo
si permane scissi e amputati nel proprio essere, privi dell'apporto
fondamentale di una parte vitale e fondamentale di se stessi come è
l'inconscio, ci si destina a prolungare e a rafforzare la dipendenza da ciò che
da fuori offre risposte e che, nello stesso tempo, regola e disciplina ogni
possibile espressione e sviluppo di sé, a non capire cosa si sta in realtà
facendo di se stessi. Se si insiste nel dare primato e egemonia alla mente
conscia, si prolunga e si rafforza la non intesa col proprio profondo, si
persiste nel non capire i segnali che arrivano dalla propria interiorità, nel
non intendere il senso vero e originale di ciò che propone il proprio sentire,
di tutto ciò che accade nel corso della propria esperienza e vicenda interiore.
La mente conscia pretende di spiegare, di interpretare, di dirla sul conto del
sentire e delle vicende interiori, compiendo, senza prenderne consapevolezza e
riconoscersene la responsabilità, non poche forzature e distorsioni. La prima
distorsione compiuta nel rapporto col proprio sentire, con i propri vissuti è
di mettere in campo subito la distinzione e la implicita contrapposizione tra
ciò che è ritenuto normale e valido e ciò che in automatico, seguendo giudizio
comune, è considerato anomalo, difettoso, segno di disturbo, di cattivo
funzionamento, tra ciò che pregiudizialmente è considerato sano, positivo e a
sè favorevole e ciò che, sempre in automatico, senza apertura riflessiva,
capace di riconoscere ciò che il proprio sentire sta dicendo e mettendo in
risalto, è considerato dannoso, negativo, sfavorevole. A partire da qui, da
questa distinzione, del tutto arbitraria e preconcetta, sul conto del proprio
sentire, si passa in genere, quando alle prese con vissuti difficili e
dolorosi, a cercarne le cause, dando per scontato che si tratti di disturbo e
di anomalia da combattere e superare, vedendo sempre se stessi come vittime di
un che di nocivo, di svantaggioso, di penalizzante. Da qui il tentativo di
correggere le cose adottando soluzioni che vorrebbero rendere il cammino non
intralciato da ostacoli, spedito e efficiente nella corsa solita. E' una corsa
in cui ciò che vale e che è da perseguire è già fissato e è tenuto in piedi e
in auge, incoraggiato e avvalorato da idee e da modelli comuni e prevalenti, da
tutto un sistema ideologico e organizzato che, casomai pretendendo di essere la
voce della scienza, offre tutte le spiegazioni e fornisce le risposte e
soluzioni per tenere a bada e liberarsi di presunte patologie e disturbi, di
disagi che andrebbero tolti di mezzo e superati, per rinfilarsi e non perdere
terreno su percorsi ben segnati di presunta realizzazione e benessere. Nulla di
compreso da sè e in unità con se stessi, in unità con la propria interiorità,
su base e fondamento di comprensione di ciò che la propria esperienza dice,
testimonia, porta a conoscere come vero. La propria esperienza interiore, che
vuole dare basi fondate e vere, non inventate e manipolate, di conoscenza è
liquidata e fraintesa, vagliata con filtro di giudizi, di preconcetti che
vogliono che tutto giri in un’unica direzione, quella considerata valida e
normale, che subordinano ciò che si sente alla pretesa che le sia
corrispondente. Intervenire su se stessi in questo modo, a partire e ribadendo
uno stato di disunione, di incapacità di rispetto, di ascolto e di comprensione
del proprio profondo, comporta rimanere intrappolati in una visione infedele,
lontanissima dalla scoperta del vero di se stessi, significa continuare a
farsi condurre da altro, che detta il pensiero, anche se con l'illusione di
essere artefici e pensanti in proprio, anche se con l'illusione di aver capito,
di aver preso coscienza e di aver cambiato le cose in meglio. Tante
psicoterapie, che promettono di offrire rimedio al malessere, di spiegarne le
cause, di sbloccare condizioni che parrebbero di intoppo e di ostacolo alle
proprie necessità e possibilità di esprimersi al meglio, di perseguire i propri
scopi, finiscono, proprio perchè incapaci di dare ascolto e di mettere in primo
piano la proposta interiore, di riconoscere la funzione fondamentale, il ruolo
guida dell'inconscio, per rendersi funzionali allo scopo di confermare i
vincoli e i modi di procedere abituali, di non riconoscerli e di non
intaccarli alla radice, di produrre soltanto pseudo cambiamenti. In assenza di
un rapporto col profondo, in presenza di una incomprensione del senso di tutto
ciò che si svolge interiormente e che, ben lungi dall’essere un meccanismo che
va incontro a guasti, mira sempre in modo acuto e intelligente, anche nelle sue
espressioni più difficile e disagevoli, a toccare punti cruciali, a aprire
momenti riflessivi per vedere chiaro nel proprio modo di procedere, in ciò che
si cerca, nei vincoli e legami che si tengono in piedi, si finisce per
stravolgere a proprio danno tutto, per far diventare, in aderenza a stereotipi
e a giudizi comuni, segno di anomalia da correggere ciò che una parte,
tutt’altro che scriteriata, del proprio essere ha capacità di dire e di dare a
se stessi per capirsi. Sono distorsioni gravi, legate a mancanza di legame e di
capacità di ascolto e di dialogo con la propria interiorità, sostituiti da
ricerca di legame e di intesa con altro, cui è stato dato il compito di essere
il fulcro della propria esistenza. La lontananza dalla parte intima e profonda
di sè ha nel tempo reso decisivi e forti i vincoli di dipendenza da modelli e
da guide esterne, da giudizi altrui e da autorità esterna, vincoli che, pur
risultando in alcuni momenti opprimenti e limitanti, non semplicemente si sono
subiti e si subiscono, ma, per responsabilità e iniziativa proprie, si sono
riprodotti e consolidati per trarne sostegno, per farsi dire e indirizzare, per
farsi riconoscere e convalidare come capaci e dotati di valore. Il riferimento
e l’appoggio dipendente all’autorità esterna è presente anche quando, per darsi
illusorio senso di libertà e di capacità critica, la si contesta, sempre
ricacciando tutta la responsabilità su altro, su altri. In simili condizioni,
quando non si apra sguardo riflessivo su di sé, sguardo capace di non oscurare
nessuna responsabilità propria, di sostenere ricerca e presa di visione attenta
e corrispondente in modo fedele ai dati della propria esperienza, come
l’inconscio sa spingere e aiutare a fare, ogni elaborazione di pensiero e ogni
iniziativa, volte a affermare la propria libertà e capacità di
cambiamento, che lascino intoccata e inesplorata la verità di se stessi, non
possono che risultare illusorie. L'inconscio sa dare attraverso il sentire e
attraverso tutto ciò che muove sul piano interiore (tutte le espressioni della
vita interiore sono animate e regolate dall'inconscio), oltre che attraverso il
faro dei sogni, tutte le tracce, le guide, i punti vivi e saldi su cui lavorare
per aprire gli occhi su se stessi e sulla propria realtà vera. Senza l'unità
dialogica con l'inconscio, senza fare proprio il suo contributo non si può che
restare intrappolati dentro una trama di pensieri che, in automatico e
irriflessivamente, cioè senza che se ne prenda visione e consapevolezza,
riproducono passivamente il senso e il pensato comune e prevalente, che
pretendono di dire e di chiarire senza aver cognizione di cosa davvero
significhi e dia fondamento a ciò che si sta affermando. Sono percorsi e
combinazioni di pensieri, che spesso servono più a eludere o mistificare la
conoscenza di se stessi, a formare alibi e spiegazioni di comodo, che a darle
cristallina forma. Senza i sogni, autentico laboratorio di pensiero proprio e
strettamente aderente al proprio, fonte di conoscenza non inventata o
congegnata con i ragionamenti, ma illuminante il vero insito nella propria
esperienza, non si esce dal labirinto delle idee solite e ricorrenti, senza
fondamento. Senza i sogni, motore e alimento di pensiero riflessivo, che sa
vedere dentro il vivo dell'esperienza, non si può che mettere in piedi
spiegazioni artificiali e che fanno sempre il verso a schemi, a attribuzioni di
significato, a modelli e a idee prese da fuori, prese per buone e riprodotte,
spiantate, senza relazione col vivo di se stessi, spiegazioni che paiono
coerenti, che danno l'illusione di essere attivi e attori di conoscenza, ma che
non hanno radice viva, che non portano certo alla conoscenza di se stessi. Non
portano a generare scoperte di significato e di valore capaci di fornire
l'orientamento, la bussola per comprendere ciò che davvero è importante per sè
e che è possibile far vivere e perseguire, di far nascere persuasione e di
accendere dentro di sè passione che rendono capaci di aprire percorsi propri,
di perseguire traguardi in cui si crede davvero e autonomamente,
senza supporto e convalida di altro e di altri che li declamano e li
esaltano come desiderabili e importanti. Separati in casa, scissi e lontani,
pur se così vicina, dalla propria componente viva interiore, che è essenziale
per formare visione propria, per costruire la propria autonoma visione e
pensiero, è fatale che tutto giri attorno all'esterno, a ciò che la cosiddetta
realtà esterna dice, mostra, regola e propone. Una cosa è imparare a vedere con
i propri occhi, pensare di pensiero proprio e fondato su intima esperienza e
presa di coscienza, altra cosa è l'illusione di vedere stando però dentro la
matrice di un pensiero e di una visione data e presa in prestito. Non faccio
mai citazioni, per non inibire il pensiero originale, per non incoraggiare la
tendenza a metterlo in appoggio e al seguito di altro, che rischia di
sostituirlo, ma mi viene da ricordare quanto proposto dal film matrix, capace
di ritrarre l'illusorietà di vedere da sè, inseriti invece nel circuito
chiuso di una visione data. Fallendo la ricerca e la scoperta del vero e la
capacità di dare vita e seguito al proprio pensiero originale, come stimolato
dall'inconscio, si finirà fatalmente per far persistere la divergenza dal
proprio profondo, che non cesserà di premere interiormente e di far sentire il
suo disaccordo. E' in gioco il riscatto della propria vita, che se risolta
nell'andare dietro passivamente a ciò che preso a guida da fuori la dirige,
chiude all'intelligenza propria, alla libertà di mettere al mondo il proprio.
Non certo bazzecole. L'inconscio è la parte profonda di noi stessi che difende
le ragioni della nostra esistenza, che non vuole restino sepolte e sostituite
da pseudo vita, che non accetta l'inconsapevolezza del vero. Di qui il fatto
che l'inconscio non desiste dal tenere vivo il problema, anche quando ci si sia
convinti di aver provveduto a darsi risposta e rimedio valido. E' la storia
frequente delle crisi che nel tempo, pur dopo cure e psicoterapie varie, si
ripetono. L'inconscio non cessa certo di sollevare il problema, riapre la crisi
e non certo per fare danno. In questi casi si parlerà facilmente di ricadute di
malattia, non capendo ormai nulla di ciò che accade nel rapporto con la propria
interiorità, cui ancora non si saprà dare riconoscimento di valore, di cui
ancora non si comprenderà la funzione guida e essenziale. Senza il contributo e
la guida dell'inconscio, senza l'accordo di visione e di intenti con la parte
profonda di se stessi, non si va da nessuna parte, si rimane invischiati nel
giro di ciò che è considerato normale, che altro non è che un supporto e un
programma a pronto uso da seguire e riprodurre per chi abbia rinunciato a far nascere
e crescere, in piena unità con la propria interiorità, visione e pensiero
propri.
sabato 2 settembre 2023
Senza il contributo e la guida dell'inconscio non si va da nessuna parte.
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