Non si può fare stima corretta di qualcosa se non la si conosce. Non ci può essere autostima, affidabile e fondata, se non ci si conosce, se non si vede e verifica con i propri occhi ciò che di sè e di prodotto da sè vale davvero. Quante volte ci si sente dire e incoraggiare a nutrire stima e a credere in se stessi, perchè questo può dare forza e fiducia e procurare benessere! D'accordo, ma per la stima, di importanza ancora più rilevante quando rivolta a se stessi, dev'esserci valido, ben consapevole e accertato motivo e fondamento, diversamente ogni attribuzione di merito e di valore è fragile e gonfiata, assai poco affidabile, persino illusoria, diversamente non resta che affidare il compito di giustificarla e di sostenerla al consenso esterno e al plauso altrui, in una forma diretta o indiretta, con platea e giuria esterne o senza platea e giuria presenti, pensando di essere adeguati o ben realizzati, concordemente con i criteri e i modelli comuni, ogni volta che si dà o ci si dà prova di riuscita e si forniscono prestazioni ad essi corrispondenti. Ci si abitua così a una autostima incassata, fatta propria a scatola chiusa, una stima affidata a altro che la giustifica, che la promuove e che la sostiene, senza vedere con i propri occhi, senza scoperta autonoma delle ragioni e senza stima di valore autonoma di ciò che si porta avanti e in cui ci si spende, spesso, quando si accetti di ascoltarsi attentamente, senza ricevere da dentro se stessi segnali di consenso e di sostegno intimo, senza concorde giudizio di tutto il proprio essere. Non è raro infatti che, a dispetto degli sforzi di ben figurare e di qualche, poca o tanta che sia, conferma ricevuta da fuori, l'autostima dentro di sè vacilli e non trovi conferma e conforto in stati d'animo che sembrano dire che non c'è fiducia salda, che non c'è dentro se stessi credo intimo e profondo circa il proprio valore. La parte intima e profonda del proprio essere non si fa persuadere dalle apparenze, non si fa incantare dalle convalide e dai tributi esterni, saggiamente vuole portare a vera e fondata autostima, affidabile, ben sostenuta e giustificata. E' un terreno questo dell'autostima decisivo e dove sono frequenti l'equivoco e l'illusione. Si ama credere infatti che nelle proprie realizzazioni e scelte ci sia mano propria indipendente e prova convincente di merito e di capacità personali, così come all'inverso ci si affanna e angustia a pensare di non essere all'altezza e ci si giudica incapaci di merito su prove e misure di capacità che si pensano scontate e indiscutibili, in ogni caso è ben nascosta e volentieri nascosta la dipendenza, è occultata la consapevolezza circa ciò che tira i fili di quelle scelte e di quelle aspirazioni, di quel fare e dei risultati che si sono voluti e che si vorrebbero perseguire, spesso definiti e regolati non autonomamente, ma da senso comune, da modelli e da idee prevalenti a cui ci si affida e da cui ci si fa portare. L'inconscio non per caso proprio su questo terreno fondamentale e decisivo interviene con insistenza e incisività, lo fa mettendo segnali nel sentire, lo fa mirabilmente attraverso i sogni, proprio per sfatare tesi e convincimenti infondati e mai verificati, per far vedere chiaro, per non celare il vero. La posta in gioco è grande, verità su se stessi e sull'impiego della propria vita. Vivendo affidati a guide e a conferme esterne ci si abitua a pensarsi, a valutarsi cercando appoggio e passando per lo sguardo altrui e comune. Non ci si conosce e spesso nulla di sè, che non sia ciò che è riconosciuto e riconoscibile da fuori, si conosce, nulla si costruisce che non sia risposta conforme a quanto promosso, guidato e regolato da fuori e spendibile sulla scena esterna, nulla si coltiva e si genera da sè, che abbia linfa e sostanza proprie e che perciò risulti ben riconoscibile ai propri occhi, che rappresenti davvero un valore di cui essere convintamente fieri e felici. Senza conoscenza di sè, rompendo i limiti e la trappola seduttiva di ciò che di se stessi è riconoscibile e apprezzabile da altri e da fuori, non c'è accesso, incontro e scoperta di ciò che di se stessi è più originale, di risorse e potenzialità umane a sè connaturate e che rischiano di rimanere ignote, non coltivate, sepolte. La parte profonda del proprio essere, l'inconscio spinge, da un lato per rendere tangibili e per far si che si prenda chiara visione dei propri modi di procedere abituali, spesso più regolati da fuori che da dentro se stessi, dall'altro per rendere finalmente riconoscibile ciò che è proprio e fedele a se stessi, per far sì che al suo sviluppo ci si appassioni, smettendo di consegnare il pregio e il senso della propria vita al dare prova, alla corsa per non sfigurare o per ben figurare, corsa tracciata da altro e che pretende altro da ciò che di proprio potrebbe essere scoperto, coltivato e fatto vivere. Non prende valore una vita svolta nelle guide pronte e rassicuranti di altro che dice il come e il quando di scelte e di impegni, di tappe e di traguardi da perseguire, nell'inseguimento di applausi e di convalide esterne. Non sa e non può alimentare autostima vera, affidabile e salda una simile ricerca del valore di sè e della propria vita come pagella e bel voto da farsi dare. L'autostima richiede riflessione e ricerca attente, ne va del cuore e del pregio della propria vita. Non è un caso che l'autostima sia spesso terreno di disagio e di sofferenza, tasto dolente, reso cocente dall'azione del profondo, ben consapevole che lì si gioca la verifica e la presa di coscienza del modo di condurre la propria vita, di come si pensa e si fa impiego di se stessi. Purtroppo la risposta più frequente, in presenza di autostima che vacilla e che stenta, è di chiudere la questione nel cerchio delle responsabilità da trovare e da imputare ad altro e ad altri, che non avrebbe dato sostegno, che avrebbe condizionato in negativo la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità e possibilità. Schiere di psicologi non si scostano da questo solco, da questo modo di leggere il disagio e sono pronti a dare manforte a simili elaborazioni. Non mancano i tentativi poi, attraverso tecniche e strategie varie, come se si fosse in presenza di un meccanismo che non funziona a dovere, di un atteggiamento sbagliato da correggere, di stimolare, di sostenere e addirittura di potenziare l'autostima, dove quel che conta è spingere verso la riuscita e la miglior prestazione secondo i criteri soliti e i traguardi altrettanto soliti e predesignati. Non per caso si tratta spesso di teorie e di tecniche di provenienza nord americana, dove la mentalità dominante, cui certo non siamo estranei, è spiccatamente quella che punta prima di tutto e su tutto alla riuscita nel verso del successo, della prestazione, della competizione in cui non essere mai lasciati indietro. Su queste basi si moltiplicano nuove figure professionali (counselor, mental coach), portatrici di promesse di pronto sostegno e rimedio, di suggerimenti, di tecniche all'ultimo grido e di soluzioni per risollevare e per accrescere l'autostima, in apparenza foriere di benefici e di buoni e appetibili risultati, in realtà capaci solo di allontanare dalla presa di coscienza che sul terreno dell'autostima non è in gioco un deficit da sanare o la necessità di una possibile nuova leva di pronto benessere, di riuscita personale dentro la solita corsa e rincorsa, ma ben altro. La ricerca a testa bassa e a senso unico nel verso del rimedio e della correzione della sfiducia nel proprio valore e capacità di riuscita, ignora e neppure lontanamente intende che il tasto dolente e la spina nel fianco patita sul terreno dell'autostima non è una anomalia conseguente a cattiva impostazione, a condizionamenti negativi, a traumi subiti, a errori cognitivi o a altri accidenti simili, ma che prima di tutto nasce dall'iniziativa, tutt'altro che insana o scriteriata, del profondo dell'individuo, perchè questi cerchi non una rassicurazione o un allenamento da palestra per credere di più nelle proprie capacità di prestazione, ma ben altro, come ho cercato di chiarire. Si tratta di non essere miopi e di saper intendere la natura del problema dell'autostima e della posta in gioco. Non ci si può porre come vittime di un torto ricevuto dove l'autostima sia intimamente sofferta, non c'è da rivendicare nulla come se dovesse esserci ben altro dentro se stessi e a propria immediata disposizione. L'autostima non può essere un diritto da rivendicare, non è un requisito gratuito e garantito da possedere a priori e a prescindere dall'averne o meno compreso il significato, dall'averne o meno coltivato e creato le basi e fatto conquista. Non può esserci autostima se non ha al proprio vaglio valide basi, se non c'è stata, a darle fondamento, autonoma creazione di pensiero, scoperta in accordo e in intesa con la propria interiorità e perseguimento con tutte le proprie forze di scopi fedeli a sè, crescita personale autentica. Questo soltanto può sostenere e alimentare autostima salda e su cui tutto il proprio essere concorda, autostima che non ha bisogno e necessità vitale, per stare in piedi, di apprezzamento e di convalida esterna, perchè generata e nutrita da sè, perchè con fondamento vero.
mercoledì 20 settembre 2023
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