Da oltre
vent'anni nella mia attività di psicoterapeuta, di analista,
quotidianamente mi occupo di sogni. Il sogno è attività pensante,
la risorsa intima più importante capace di restituire all'individuo
la capacità di capire, di capire se stesso. La modalità prevalente
e più conosciuta dall'individuo di capire se stesso è quella che fa
leva sul ragionamento. Il pensiero razionale, anche quello che
ha parvenza di pensiero riflessivo, cioè dettato
dall'esperienza intima, in realtà, anzichè ascoltarla e
raccogliere, le parla sopra, le sovrappone
spiegazioni.
Convalidate dall'uso comune o prese in prestito da
qualche autorevole fonte, simili spiegazioni o
interpretazioni riescono a dare a chi ne fa uso pallida
persuasione di capire l‘esperienza, di vedere dentro sé, di
conoscere. Dico pallida perché, al di là di una sensazione
d'ordine, di controllo, di dominio sull'esperienza e sui suoi ignoti,
il pensiero razionale non produce granché. A molti credo sia
capitato di osservare questo: un processo di spiegazione razionale
che riguardi se stessi, tanto risulta a volte coerente, all'apparenza
convincente ed esauriente quanto sterile. Venuti col ragionamento a
capo del problema ci si sente soddisfatti, ma si avverte di non aver
compiuto un passo avanti, di non aver compreso per davvero nulla,
soprattutto si sente di non ritrovare unità e contatto tra ciò che
si è argomentato e detto e l'esperienza intima. Altra cosa è
comprendere e dire, sapendo cosa si sta dicendo, vedendo dentro di
sé, cercando e trovando dentro il vissuto il fondamento di quel
compreso, la sua anima, la sua voce. I sogni conducono a
questo: a vedere con i nostri occhi, a riconoscere significati che
illuminano, che chiariscono noi stessi, ciò che sentiamo, di cui
facciamo intima esperienza. La mia esperienza di analista mi ha dato
e mi dà prova che dal profondo parte la ricerca di visione, di
comprensione del senso. Dal profondo l'invito, l'occasione, la spinta
continua e ostinata a rompere la condizione di passività o di
chiusura della mente nel già pensato, nel pensiero dato, a superare
l'inconsapevolezza di noi stessi. I sogni ci avvicinano come
nient'altro a noi stessi. Il cammino analitico è segnato dai sogni.
Ogni sogno è un momento di ricerca che si serve di strumenti
avanzatissimi di pensiero. Mettersi al passo col pensiero
dell'inconscio è lavoro assai impegnativo, ma gratificante, perché
capace finalmente di restituire la visione nitida e fondata, il
pensiero di cui manchiamo, il nostro , dove pensare e avere
consapevolezza sono in vera comunione e sintonia , dove ciò che
diciamo e ciò che intimamente sperimentiamo concordano tra loro,
sono l'uno la voce dell'altro. Per capire un sogno bisogna lavorare e
molto. Ogni dettaglio del sogno è parte costitutiva del messaggio,
di un messaggio affatto prevedibile e scontato, mai copia di
qualcos'altro. Compito dell'analista è di restituire all'altro ciò
che appartiene all'altro, il suo pensiero. Se l'analista mettesse
addosso all'altro, all'esperienza dell'altro, ai suoi sogni qualcosa
di già pensato, di costruito, di preso in prestito da presunte
teorie certe e da spiegazioni già pronte, valide per tutto,
tradirebbe il suo mandato, la sua funzione di aiutare l'altro a
reggere il confronto con se stesso, a cercare ciò che gli appartiene,
che si sta facendo avanti in lui dal suo profondo, che vuole essere compreso.
L'analista, se facesse ricorso e favorisse l’uso di interpretazioni
pronte, di idee già pensate, rischierebbe di chiudere l'altro a se
stesso, di non aiutarlo ad attingere a se stesso.
E’ importante
trattare bene i sogni , non parlargli sopra, ma imparare ad
ascoltarli, a farsi guidare da loro. Per ogni sogno si può lavorare
(assieme) anche per sedute intere, per più sedute. L'importante è
non piegare il sogno al preconcetto, a qualche interpretazione
pronta, che sicuramente farebbero la felicità di chi vuole uscire in
fretta dalla tensione dell'attesa e dell'ignoto, ma che
ammazzerebbero la creatività e il pensiero.
domenica 15 aprile 2007
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