venerdì 2 agosto 2019
La visione capovolta
Ciò che abitualmente è considerato sano, positivo e desiderabile è spesso parte e scaturisce da una visione di se stessi, delle proprie esperienze, che, appoggiandosi e fondendosi col senso comune e con la lettura convenzionale, non ne cerca il fondamento, la verifica, il significato vero. La comprensione attenta di ciò che lega alle proprie convinzioni e agli scopi voluti è trascurata, li si dà per scontati e si insiste nella conferma di ciò che si ama credere, per comodità oltre che per inerzia. Accade allora che tutto ciò che interiormente col malessere nelle sue possibili diverse espressioni, che sia ansia, panico o sfiducia e caduta di autostima o altro, interviene a scuotere e a aprire crepe nei propri convincimenti, a intralciare il cammino solito, per spingere a rivedere tutto, cercando non il significato apparente e di comodo, ma quello vero, sia oltre che incompreso, perentoriamente osteggiato e squalificato come disturbo, come malfunzionamento da correggere, come malattia da combattere e risanare. Proprio la componente di sè che in modo sano, provvidenziale e intelligente vuole far emergere il vero, spingendo oltre l'attaccamento all'usuale, che rischia di affossare qualsiasi processo di crescita e di conquista di autonomia, di capacità di farsi interpreti fedeli di se stessi e della propria vita, è combattuta e denigrata come un fastidio, come una anomalia, come una patologia. Un capolavoro di cecità e di mistificazione a proprio danno, spesso col conforto e col suggello di qualche terapia che pretende di definirsi utile e capace di risolvere i problemi, di ridare il beneficio dello star bene. E' un danno che passa sotto silenzio, che il senso comune non intende, che la parte profonda dell'individuo non ignora di certo, che non può accettare, tant'è che il malessere, anche se osteggiato e in vario modo preso di mira e frainteso, torna a più riprese a farsi avanti. La musica però non cambia e in questi casi il pregiudizio, che non arretra, definisce e liquida il tutto come una ricaduta di malattia. La parte profonda vuole promuovere il cambiamento, vuole che si veda in cosa si è infilati. Ha a cuore che non si sciupi tutto di se stessi, rimanendo nel buio del preconcetto, di una visione che non concede al vero, che illude di esserci nelle proprie idee e modalità di procedere, di perseguire i propri scopi, che sbarra in realtà la strada a un diverso e originale modo di concepire la vita, coerente con se stessi, alimentato dal proprio intimo. Battaglia persa quella del profondo? Non sempre. A volte l'alleanza dell'individuo col proprio intimo diventa una scelta voluta e portata avanti con tenacia, con passione e con coraggio. Nulla è più felice di una intesa con se stessi, dando fiducia e condividendo la visione capovolta, che all'inizio da solo il proprio profondo sostiene, che rompe le illusioni solite, che dell'abituale modo di pensare svela equivoci e restringimenti, che apre a nuova e viva conoscenza, che costruisce e fonda tutto sul vero, che apre strade prima sconosciute, inconcepibili.
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