Per
chi vive uno stato di sofferenza interiore si pone il problema del
che fare, di come prendersi cura di se stesso. Pare evidente e
scontato che far cessare quanto prima il disagio, che togliersi o
farsi togliere quel carico interno difficile e sofferto sia la
soluzione più desiderabile e propizia. Pare, ma una riflessione
attenta merita di essere fatta. Tutta l'esperienza interiore, emozioni, stati d'animo, pulsioni, complessi svolgimenti interiori, non è mai casuale o automatica e semplicemente condizionata da stimoli esterni, bensì è mossa e regolata da parte profonda, dall'inconscio, con lo scopo di rendere comprensibile di volta in volta qualcosa di utile e necessario. L'intento dell'inconscio è di segnalare, attraverso il sentire e i movimenti della vicenda interiore, il vero, complicando e correggendo la visione conscia razionale, spesso miope e distorta da preconcetti e da interessi immediati di auto rassicurazione e conferma, oltre che pigra e inerte nel cogliere i significati più profondi e le implicazioni della propria esperienza. I sogni sono poi il modo in cui il profondo dà il meglio e il massimo di sè e della sua capacità di indirizzare la presa di coscienza, la conoscenza di se stessi. Fatta questa premessa, necessaria per chiarire con cosa ci si rapporta quando si avvicina l'esperienza interiore, in qualsiasi forma essa si dia e si manifesti, anche nelle forme del malessere interiore, si può cominciare a riflettere su cosa implichi davvero per l'individuo trattare in un modo o nell'altro ciò che vive dentro se stesso, se come un meccanismo da regolare a piacimento, da contrastare e correggere quando ritenuto anomalo e mal funzionante, se invece come un'intelligenza profonda, componente preziosa di sè, del proprio essere, da rispettare, valorizzare e comprendere per farne propri i contributi. Se una parte di sè, quella profonda, che usa come voce e linguaggio il sentire, avanza una proposta,
smuove, cerca proprio attraverso il malessere di calare nel vivo della consapevolezza di qualcosa di decisivo
e di importante (se così non fosse non farebbe tanto rumore), la
risposta più utile e saggia, più attenta a sé, ai propri interessi
sarebbe in realtà di intendersi con questa parte intima di se stessi, di collaborare nella presa di visione del problema, che
la propria interiorità sta cercando di far capire, di rendere
priorità assoluta. Capisco che non è facile entrare in questa
prospettiva, quando, come dicevo all'inizio, imperante è l’idea, ritenuta ovvia, che, se si
sta soffrendo, la cosa migliore da farsi a proprio vantaggio sia
di spegnere al più presto, di dissolvere e scacciare ciò che,
perché disagevole e sofferto, si ritiene faccia solo danno. Se
poi questo modo di intendere la sofferenza interiore e la cura,
con la proposta pronta di soluzioni farmacologiche e non, è
sostenuto da una non piccola schiera di esperti e di terapeuti
vari, questo pare dare solida e "scientifica" conferma a una tendenza già ben
presente nella mentalità comune. Pare consono e favorevole a se stessi, ma questo modo di
pensare la propria condizione e il prendersi cura di se stessi, di definire ciò che andrebbe a proprio vantaggio è
un gran tranello in realtà. Se una parte di sé, intima e profonda, non un che di alieno,
lancia l’allarme, fa il diavolo a quattro per far intendere che c’è
un problema decisivo, per smuovere e già indicare nella crisi
l’insostenibilità degli attuali equilibri, la necessità di
costruire dentro se stessi qualcosa di nuovo, che ancora non c’è, se dà attraverso il sentire le prime tracce per iniziare a vedere e a capire, se a ciò si risponde facendo guerra al richiamo e
mettendo in campo ogni sforzo possibile per levarsi di torno in
fretta la difficile esperienza interiore, senza raccoglierne il messaggio e la proposta,
il danno, questo sì reale, a cui ci si espone è duplice. Da un lato ci si condanna
a rimanere ciechi e ciò che la parte profonda di sé in modo lucido
e previdente ha visto necessario capire, cambiare e ricostruire di
sé, lo si butta tra i rifiuti, dall’altro si alimenta, si consolida e rende
inossidabile uno stato di diffidenza, di paura, di disunione con se
stessi. Sono le storie tristissime e interminabili di paura di star
male, che ricapiti, stando sul chi va là perennemente contro parte
intima di sé, temuta, sempre più temuta e sempre più
incompresa. Va aggiunto che per capire e per assecondare il proposito
di trasformazione che viene dal profondo e di cui il primo atto
necessario è la crisi, l’interruzione del corso solito, la presa forte del sentire, che di fatto impone di dare assoluta precedenza alle vicende interiori, maggior peso al dentro, all’intimo
di sé, rispetto al fuori, va fatto un lavoro adeguato, con l'aiuto
di chi sappia impostarlo e guidarlo. Non può esserci crescita e
trasformazione senza coltivarle, senza rendersene parte attiva e
consapevole. La ricerca di soluzioni veloci si regge spesso sulla
comodità di rendersi solo oggetto passivo di cura con qualche
pillola buttata giù, eventualmente con l'applicazione di qualche consiglio e
prescrizione di comportamento, sull'indisponibilità a un lavoro più
impegnativo con l'argomentazione che non è accettabile l'idea di un
impegno di tempo più consistente per perseguire un risultato
utile. Accade poi in realtà che il tempo passi comunque e che a
distanza di anni ci si ritrovi al palo, che tutto rimanga uguale,
anzi peggiori, vista la convivenza armata con se stessi, che limita e
deteriora sempre più la propria esistenza. La scelta di aprire
dialogo e confronto con il proprio intimo e profondo, di essere
aiutati a farlo, è certamente più impegnativa che buttar giù
pillole o farsi dare velocemente qualche spiegazione e dritta, ma va
considerato quanto può valere. La scelta che paga davvero non
è infatti di ingaggiare la guerra, sotto forma di cura, contro il
proprio intimo sentire, ma di imparare ad ascoltarlo e a comprenderne
il linguaggio e la proposta, di lavorare su di sé in accordo e sotto
guida di questa parte di sé profonda per raggiungere qualcosa di
importante e di irrinunciabile per sè, per trovare finalmente
accordo e unità di visione e d’intenti con se stessi. Comunicare a
tutto campo col profondo è possibile. Il profondo è la parte di
noi, che dove serva, pur sfidando interessi immediati da cui la parte
“alta”, cosiddetta conscia, non intende staccarsi e oltre i
quali non sa vedere, smuove con decisione, avendo chiaro
l’esito cui andrebbe incontro la propria vita senza una
fondamentale svolta e rinascita. Ciò che sembra sciagurato, la
crisi, in realtà è richiamo potentissimo di questa parte profonda,
per trarsi in salvo, per far tutto ciò che serve allo scopo. Una
maturità di facciata, una consapevolezza di sé che spesso si
sorreggono più sull’accordo e sul consenso dell’esterno che su
visione fondata e propria, un senso della propria esistenza che cerca
e trova sponda nell’esempio e nel modello di altri, nel "normale" comune modo di pensare e di concepire la vita, non portano certo a
capire e a realizzare i propri scopi e a fare della vita la propria
vita. Nel profondo di ognuno ci sono le ragioni della propria
vita oltre che l’animo, la tempra e l'intelligenza adeguate
per diventare individuo davvero consapevole e davvero autonomo,
capace di trovare le proprie risposte, di riconoscere da sé e
attraverso sè ciò che vale e perché, di capire i propri scopi
e non di farseli suggerire, definire o delimitare da altro e da
altri. Il lavoro su di sè guidato dal profondo, principalmente
attraverso i sogni, conduce a verifiche attente e a tratti
impegnative, anche dolorose sul cammino della propria crescita, a
scoperte di significato nuove e inattese, lucide e feconde, portando
anche chi avesse in precedenza tentato di afferrare con la sola
inventiva del ragionamento nuove possibilità di
espressione di sè o di percorso, senza però vero incontro e intesa
con se stesso, a procurarsi ben diversa e fondata consapevolezza e
conseguente autonomia, capacità di decidere della propria vita. Il dialogo quotidiano che
ho col profondo da oltre trent’anni nel mio lavoro di analista,
soprattutto ascoltandolo nei sogni, dove meglio il profondo dice le
sue ragioni e comunica il suo pensiero, mi hanno fatto e mi fanno
vedere ciò che sto dicendo. Chi ha saputo raccogliere e fare sua la
proposta del proprio profondo si è reso conto, con l’avanzare
dell’esperienza analitica sempre di più, di quanto fondate e
valide fossero le ragioni della crisi, di quanto importanti e
irrinunciabili i cambiamenti generati, aperti e resi possibili
proprio da quel che all’inizio aveva vissuto solo come minaccia e
calamità di cui sbarazzarsi. La risposta ideale alla crisi e alla
sofferenza interna è dunque aprire dialogo vero, che significhi
ascolto e comprensione di ciò che l’intimo di sé dice nel sentire
e nei sogni, risorsa preziosa, di straordinario e insostituibile
valore per condividere pensiero e intenzioni del proprio profondo.
Capisco che non sempre la stessa psicoterapia sa muovere simili passi
e offrire una simile apertura a se stessi, ma considero tutto questo
che ho scritto non una sofisticheria, ma un bene essenziale di cui in
molti dovrebbero fruire, per non condannarsi a rimanere scissi e di
continuo timorosi del proprio intimo sentire, in guerra perenne con la propria interiorità, perdendo l’occasione di trovare, dentro e in unità
con se stessi, la propria vera salvezza.
domenica 1 luglio 2018
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