In riferimento a situazioni di crisi e di sofferenza interiore, che si
riaccendono nel tempo, si parla spesso convenzionalmente di cadute e
di ricadute. Si usano non casualmente queste espressioni, perchè di
ciò che si prova, che si sperimenta interiormente, non si comprende
il senso, perchè lì dentro non ci si riconosce, perché lì dentro
si vede solo disordine e danno. Diventano, le si fa diventare per paura e diffidenza, esperienze cieche, verso
cui c'è solo ostilità e pregiudizio, nessun incontro, nessuna intesa. Il
nostro sentire dice, infilandoci in corsi d'esperienza difficili,
dolorosi ci vuol far capire cose di noi e per noi essenziali e utili,
ma la reazione è di considerarlo anomalo, patologico, sbagliato,
solo perchè non ci allieta e non ci dà conferma, solo perchè
diverso. Il nostro sentire siamo noi, è voce nostra, è sensibilità
e intelligenza nostra, è volontà nostra di non tacerci verità
spesso eluse e mai comprese, anche scomode, ma utilissime, è volontà
di trasformare, anche radicalmente, lo stato del nostro pensare e
procedere, è passione di libertà e di unità con noi stessi. Il
nostro sentire ha forza e onestà di smuovere, di rompere la
continuità, di segnalare un'urgenza interiore, di metterci sul chi
va là, di impegnarci in un lavoro alla radice per evitare,
procedendo incuranti, di andare a sbattere in fallimenti. Quando una
vita rimane ad esempio ispirata all'adattamento, alla rincorsa
dell‘approvazione, al fare ciò che fan tutti, al considerare legge
la normalità, quando si fa confusione tra autorealizzazione e
successo secondo tutti, questa vita rischia di fallire, di tradire se
stessa, di non dare frutto, il proprio frutto. Quando si procede coprendo la propria responsabilità di ogni proprio gesto e movimento, camuffandone il senso, puntando il dito contro altro e altri, omettendo verifiche oneste su di sè, accade che il proprio sentire non taccia, ma contrappunti ogni movimento e cerchi di dare segnali impertinenti ma utili e puntuali per capire. Se infine la sofferenza
prende piede non è per nuocere e non è affatto segno di patologia,
è viceversa pungolo e richiamo, spinta potente a prendere coscienza,
a iniziare a fare un lavoro finalmente serio su di sè, a comporre con se stessi
l'unità e la consapevolezza che non ci sono. Siamo fatti non solo di ragionamento e
volontà, siamo fatti di intimo sentire, di esperienza profonda, che
dice, che continuamente dice, che ci dà spunti e pungoli di
conoscenza nelle emozioni e negli stati d'animo, che ci dà guide di
pensiero nei sogni. La maggioranza di noi vive arroccata nella parte
cosiddetta conscia e convive con fatica e spesso con atteggiamento
diffidente e sordo con l'altra parte, intima, del sentire. Costruire
rapporto dialogico e rispettoso con la parte intima è necessità
primaria, in genere sottovalutata, anzi incompresa. Perciò, non
capendo ciò che l'intimo sentire dice e propone, respingendolo e
giudicandolo insano quando dà spinte e proposte difficili o
dolorose, non immediatamente comprensibili, ma non per questo
incomprensibili o insensate, si finisce per squalificarlo come male,
come malattia, come bestia nera da mettere a tacere. Perciò si parla
di cadute e di ricadute. Costruire rapporto col proprio intimo
sentire è possibile, creando ascolto e dialogo, unità dove ora c'è
rottura e incomprensione, diffidenza e paura, paura di se stessi. Con
l'aiuto necessario il cambiamento è possibile.
sabato 24 maggio 2014
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