mercoledì 3 luglio 2024

Quando il pensiero va in affanno

L'elemento cardine per potersi muovere fiduciosamente nell'esperienza qual'è? E' il più trascurato, il meno considerato, anche se decisivo. E' il rapporto con se stessi, con la propria interiorità, è la capacità di rapporto, di incontro, di intesa, di ascolto e di comprensione di ciò che si sente, che vive dentro se stessi, essenziale per trovare base fondata per capirsi e per capire. Si pensa che nel proprio sentire, che in tutto ciò che si muove interiormente, ci sia solo l’eco e la conseguenza di stimoli esterni, che comunque non ci sia nelle emozioni e negli stati d’animo, nei moti interiori che accompagnano il corso dell’esperienza nulla di pari e di altrettanto affidabile dello sguardo e della valutazione razionali. Si pensa spesso del sentire che sia un che di marginale e di poco attendibile, comunque da non porre al centro, perché ci si dà persuasi che comporti il rischio di fuorviare, di alimentare visioni parziali, di offuscare la lucidità del dispositivo razionale. Certamente il sentire va ben ascoltato e inteso in ciò che dice, imparando a non liquidarlo in fretta, senza ascoltarlo e intenderlo nell’originale di ciò che sa svelare, con sovrapposizioni di significato pronte e convenzionali, tanto facili e scontate quanto improprie. E’ proprio nel sentire, ben inteso e rispettato, fedelmente compreso e valorizzato, che possiamo trovare la base lucida e fedele per comprendere il vero che nell’esperienza si rivela e prende risalto dentro di noi. Senza questo terreno su cui poggiare, il pensiero razionale scisso non fa che farci vedere ciò che già scontatamente pensiamo e che rigira luoghi comuni e attribuzioni di significato attinte dal sapere comune, dunque ben lontano dal cuore vivo e dal vero dell’esperienza, di ciò che ci vuole rivelare di noi stessi. Finisce dunque per prevalere una tendenza conservativa a ridirsi ciò che si sa e si suppone, a mettere in atto meccanismi di pensiero, a volte anche sofisticati, per proteggere e dare conferma al proprio modo di pensarsi, per attribuirsi ciò che più risulta gradito. Nel sentire viceversa il vero vuole rendersi tangibile e riconoscibile, solo l’incontro e il legame saldo col sentire può permettere al pensiero di mettere e di tenere i piedi ben a terra e saldamente. Solo facendo leva sulla capacità di scambio con se stessi è possibile procedere nell'esperienza disponendo di capacità di vero orientamento, di radicamento nel vero. Se il distacco dal piano vivo dell’esperienza, se la lontananza dal sentire permangono, può accadere che ci si ritrovi come in stato di allarme interiore, alle prese con sensazioni di ansietà e di pericolo, segnali che l’interiorità lancia proprio per far capire che manca base affidabile, capacità di orientamento. Scioccamente, è il caso di dire, quando a questi segnali interiori, che hanno ben fondato motivo, che dicono dello stato del rapporto con se stessi, con la propria interiorità, che è chiuso e non comunicante, che rende il proprio equilibrio fragile e il proprio modo di procedere niente affatto affidabile, rischioso, si dà loro viceversa il significato di risposte anomale, tecnicamente bollate come disfunzionali, di modi di sentire e di rapportarsi alle situazioni esterne non adeguati, senza reale motivo e utilità, anzi dannose, si finisce per fraintendere tutto, per lasciar cadere un segnale interiore molto sensato e valido, tutt’altro che indice di anomalia o di un cattivo sentire e sfavorevole. Capita allora che, non raccogliendo il significato, il senso vero dell’allarme, si cerchi, da un lato per quanto si può di tenere a bada e di zittire l’allarme interiore, l’ansietà che si ritiene ostile e dannosa e dall’altro, traducendo, interpretando malamente l’allarme interiore, di fare ancora più forte ricorso e leva sulla solita strumentazione, che si cerchi di mobilitare le funzioni di previsione e di premunirsi, mettendo in campo il marchingegno del ragionamento, che sembra l'unica risorsa disponibile su cui fare leva, per provare a tenere sotto controllo, a spremere capacità di comprensione delle situazioni trascorse e degli eventi possibili, per non essere sguarniti, sprovveduti, per porsi al riparo. Se però agisce da sola e unilateralmente la parte razionale, senza l'apporto e la guida della parte intima del sentire, non ha possibilità se non di produrre qualcosa di astratto e in definitiva macchinoso e insensato, sparando ipotesi e contromisure, polarizzando tutto l'impegno di se stessi sulla difensiva. Insomma tutto il lavorio del rigirare e mettere ordine, del rimuginare razionale è il segno e la denuncia della mancanza di capacità di pieno affidamento a sè, del non possesso di punti base e di orientamento validi e verificati, perciò in perenne stato di allerta più che di possibile fiducia di sapersi muovere nell'esperienza, di poterne comprendere il significato, senza mettere sempre le mani avanti. Per ottenere un diverso modo di rapportarsi all'esperienza è necessario fruire di tutte le proprie risorse interiori, fare conto su capacità di trovare risposte passo dopo passo in piena unità e scambio con la propria interiorità, col proprio sentire e non facendo leva solo su ragionamento, che da solo non ce la fa a dare ciò che serve. Un nuovo rapporto con se stessi è ciò che serve formare, coltivare, costruire, diversamente continuerà a arrivare, come attraverso il rimuginare, l’affannoso lavorio del pensiero ragionato scisso dal sentire e l'allertarsi continuo, il segnale di una mancanza cui provvedere.

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