domenica 16 giugno 2024

Raccontarsi

Il modo di raccontarsi, sia che lo si faccia in modo appartato con se stessi, sia che lo si faccia in presenza di altri, è spesso decentrato, finendo così e non per caso per racchiudere non poche forzature e omissioni, per vedere l'impiego di più o meno sottili accomodamenti, il ricorso a manipolazioni, a abbellimenti e trucchi, fino alla creazione di veri e propri artefatti. E' decentrato il racconto di sè che non converge sul nucleo del vero, che non fa perno sui vissuti, sul corso vivo del sentire che dentro l'esperienza è la testimonianza, la voce che non mente, il terreno vivo dove è ben documentato il vero. Il racconto decentrato, svincolato dall'intimo che rivela, dal cuore vivo dell'esperienza, viaggia libero, permette di dire in lungo e in largo a piacimento, di forgiare ciò che con parvenza di essere vero, di fatto è solo verosimile. Che questo racconto simil vero sia tessuto in modo grossolano o fine e ben curato poco cambia, sta di fatto che la convenienza del rimodellamento, vuoi per stupire e attrarre plauso, vuoi per stare al riparo da giudizi negativi, vuoi ancora per darsi conferma in ciò che si gradisce pensare di se stessi, il prezzo del sacrificio del vero è ben e volentieri pagato. Va anche considerato che è tale l'abitudine a tenere lo sguardo in superficie e docilmente al seguito del pensato abituale, che tanto è debitore del pensato comune e prevalente, che scarseggia nel raccontarsi tanto la materia prima del racconto veritiero quanto la sensibilità, il metodo e l'attitudine alla ricerca del vero, al suo rispetto. Di quanto si perda di se stessi e della propria storia, di ciò che racchiude, che avrebbe potuto e che potrebbe dare nutrimento alla conoscenza di stessi e alla propria crescita autentica, non è bilancio e valutazione che prema fare o considerare. Persi dietro alle regole del buon figurare, vincolati al bisogno di difendere la parvenza di sè cui si è affezionati, cui è data delega di rappresentare il valore personale, su cui si stringe e si riscalda l'amor proprio, non si ha cura di mettere in discussione e di vagliare il peso e le conseguenze delle forzature del racconto che si conduce, forzature che pure non sfuggono al proprio sguardo. Ragioni di interesse maggiore rendono tutto lecito e ben accetto, l'importante è portare a casa la buona riuscita, la bella figura, la gratificazione del consenso. Le pieghe del racconto possono essere quelle gloriose, sempre a mostrare idoneità e merito di essere all'altezza, capacità di riuscita, oppure quelle del sempre ben accetto vittimismo, dove tutto il negativo, il mancato o il mal riuscito è messo in conto ad altro, dove ciò che conta è essere sempre solo in credito, mai in debito, verso se stessi prima di tutto, di responsabilità da cercare, da evidenziare con cura e onestamente, senza sconti. Maturi si vuole dimostrare di esserlo, ma sempre per merito, per impeccabilità e innocenza, maturità da applausi, maturità del bell'apparire. Così gira, così si ama far girare il racconto di se stessi. 

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