E’ molto spiacevole e, a pensarci bene, inaccettabile e
tristissimo convivere con la parte intima e profonda di se stessi, che non è certo
insignificante, senza trovare con lei intesa e comprensione, vivendola anzi
come parte nemica, come oscura minaccia, da cui guardarsi. Le espressioni della
propria vita interiore sono a volte difficili da capire, sembrano solo togliere,
sconvolgere, fare danno e minare la propria sicurezza, in una parola sembrano
essere nocive e basta. Non è vero. Nulla di ciò che si sperimenta interiormente
è casuale e insensato, solo negativo e inaffidabile, nulla soprattutto lavora
contro se stessi. Il punto decisivo, se si vuole comprendere il significato
vero della propria esperienza interiore, è un altro, è che si ha dentro e nel proprio
profondo capacità di visione lucida, non condizionata da illusioni e da
interessi di autoconferma, di ciò che si è e che è importante capire,
riconoscere, di ciò che è necessario costruire e mutare, per non perdersi, per
non proseguire il proprio cammino di vita in modo in apparenza stabile e
quieto, ma, casomai nella sostanza, sterile e fallimentare, infelice. Accade
allora che dentro di sè questa parte, che è parte viva di se stessi (non va mai
dimenticato!), prenda iniziativa, a volte forte, interiormente vistosa e
sensibile, per spingere con decisione a entrare in contatto con qualcosa di
meno evidente e scontato di quel che si vede e che si concepisce col
ragionamento, ma che certamente ha più peso e rilevanza per sè di ogni altra
cosa, di ogni ricerca della semplice continuità o del beneficio del quieto
vivere. Insomma, il malessere non è mai un accidente negativo, una disgrazia,
la semplice espressione di una debolezza o di un eccesso di vulnerabilità
personali, non è un agitarsi scomposto, un meccanismo che impazza, è semmai il
contrario, l’espressione di una ferma e lucida iniziativa interiore, per indurre
a dare priorità alla riflessione su se
stessi, a portare lo sguardo su di sè, per guidare a scoprire e a costruire
qualcosa di nuovo e che è profondamente riconosciuto necessario, anzi
essenziale. Dal punto di vista di questa parte viva e profonda di se stessi non
è prioritario stare bene in apparenza e procedere indisturbati, ma vedere con
occhio attento, riflessivo la propria condizione e il proprio modo di
procedere, per raggiungere consapevolezza vera, fondamento del cambiamento e
della crescita personali, non di facciata, ma di sostanza, della conquista
della capacità di fare propria la propria vita, di conoscere prima e poi di esprimere
il meglio e il vero di se stessi. Questa parte profonda del proprio essere, non
ha paura di mettere le cose in discussione e sottosopra, di creare a volte
anche forte intralcio al consueto procedere, ma a fin di bene, del bene vero
del conquistare qualcosa di più consapevole, di più autenticamente proprio,
corrispondente a se stessi, e di più maturo. Certo la via tracciata dalla propria
interiorità risulta scomoda e non
indolore, restituire a se stessi la
responsabilità, riconoscere la verità di ciò che si è, che si è fatto e
che si sta facendo, non eluderla o non ricoprirla di spiegazioni e di significati
di comodo, costa e non poco. Va preso atto che, soprattutto all’inizio, fino alla
scelta di avviare un serio lavoro su se stesso, c’è dissidio, forte contrapposizione
tra la parte più conosciuta e frequentata del suo essere, cui nel tempo l’individuo
si è sempre più legato e affidato, quella dove svolge i ragionamenti e dove prende
decisioni, che è spesso affidata e prigioniera di un pensiero che si
rigira su se stesso e che ricalca il convenzionalmente e comunemente concepito,
e la sua parte profonda (quella che si esprime nelle emozioni, negli stati
d’animo e nei sogni) che vede le cose, certamente con più disincanto e
lucidità, con profondità di sguardo e con radicamento nella esperienza vissuta, con consapevolezza
dell’originale patrimonio personale e del percorso interiore e di presa di
coscienza necessari per portare a compimento il proprio potenziale umano. La parte
profonda, non assoggettata a vincoli di difesa e di mantenimento del già
raggiunto e ottenuto e di aderenza al convenzionale, con più lungimiranza,
scuote gli equilibri soliti, esercita pressioni utili a mettere in moto il
cambiamento di cui conosce fondata e irrinunciabile necessità e utilità. Come
fare per passare da uno stato di disunione, di paura di se stessi e di ciò
che si vive interiormente, a una
condizione invece di dialogo, di comprensione del senso di tutto ciò che
succede nel proprio spazio intimo, di lavoro unitario e solidale con la propria
interiorità, accolta e ascoltata per intero? Questo è ciò che può consentire
una buona psicoterapia, nel segno del promuovere nell’individuo l’ascolto, la capacità
di avvicinarsi e di aprirsi a se stesso, imparando a rispettare e a valorizzare
le proposte e a capire il linguaggio della propria interiorità, sia nei
vissuti, nelle emozioni, pur intense e “tremende“ o in apparenza assurde, sia
nei sogni. I sogni sono il pensiero elaborato ed espresso nel miglior modo
possibile dalla parte profonda del proprio essere, che, se è intransigente e
ferma nello smuovere le acque, nel creare clima di crisi e d’urgenza, è anche
pronta e capace nel dare guide e indicazioni su come procedere nella
riflessione e nella riscoperta di se stessi. Trovare unità con tutto il proprio
essere, unità che restituisca all’individuo la sua vita, le sue vere ragioni e
tutto il suo potenziale, è possibile.
domenica 7 marzo 2021
L'unità con se stessi
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