domenica 24 dicembre 2023

Le ombre del passato

Si dice spesso che le ombre del passato oscurano il presente, che lo rendono difficile, compromettendo il proprio stato interiore con disagi e pene non sopite. Il proprio passato può aver lasciato sospese molte cose in realtà. Anche se il sentire di oggi non è, come si ama credere e far credere, eco e conseguenza di accidenti passati, di esperienze dolorose, responsabili di continuare a provocare risposte interiori anomale e una scia di malessere nel presente, è vero che ciò che non si è portato a consapevolezza ha lasciato intatti nodi e questioni, che oggi si ripropongono. Non c'è da vittimizzarsi, da considerarsi dentro il proprio disagio come parte lesa di torti, di influenze negative, di inadempienze altrui, di traumi patiti. C'è viceversa da considerare quanto per proprie scelte, per propri modi di procedere, che hanno privilegiato la rincorsa e l'adeguamento a modelli e a modalità comuni e prevalenti, non accompagnati o non seguiti da impegno riflessivo, da ricerca di senso e di verità senza veli, hanno contribuito a rendere sterile e infruttuosa la propria esperienza, non resa occasione di presa di coscienza,  ma manipolata con spiegazioni e lavorio, più o meno tanto, del ragionamento, affinché non desse incomodo, l'incomodo della verità, rimasta in ombra. Ecco le ombre che non danno quiete e agio, che chiedono di essere finalmente rischiarate, che mettono in conto oggi al proprio presente un lavoro da fare finalmente per non essere ignari di se stessi e per non procedere oltre in uno stato di inconsapevolezza, di inautenticità per omogeneità e privilegio dell'accordo con gli altri e con l'esterno rispetto alla vicinanza e all'intesa col proprio intimo e profondo. Nulla del passato pesa di più del mancato lavoro su se stessi, della fuga dall'intimo, dal sentire che da sempre dice, nulla pesa di più della mancata unità dialogica con la propria interiorità, che da sempre non tace, che interroga, che coinvolge dando nel vivo le basi per incontrare il vero di se stessi, nulla pesa di più del costruire pensieri e idee che, confezionate a mezz'aria e nell'orbita delle attribuzioni di significato prese in prestito e preconcette, valgono solo a tappare le falle, a confermare quanto si ama credere di se stessi e a rinsaldare la continuità di un procedere senza verifiche attente e approfondite, sincere e senza trucchi. Pensare che il disagio che si fa sentire nel presente sia la conseguenza di qualche torto o pecca o infortunio patito e messo in conto a altro e a altri, genitori e simili, è una grossa ingenuità, è soprattutto una risposta di comodo e confermativa della volontà di proseguire senza aprire riflessione su di sè, è volontà di essere lasciati in pace, è richiesta impudica di essere risarciti piuttosto che ben più degna, onesta e matura ammissione di essere in debito con se stessi. Debito di ricerca di verità e di lavoro serio su se stessi per una crescita vera e non d'immagine e fasulla. La proposta del sentire in qualsiasi forma si presenti non è mai automatica conseguenza di questo o di quell’altro, è sempre richiamo intelligente, definisce sempre il terreno vivo su cui ritrovarsi, su cui interrogarsi, su cui lavorare momento dopo momento. Il sentire di oggi, anche nella sua forma sofferta e disagevole, non è un’anomalia che trae origine da qualche distorsione o guasto che si è prodotto nel passato, è viceversa spunto e richiamo che ha forza e capacità, se ascoltato e ben inteso, di promuovere nel presente una presa di coscienza decisiva, un punto di partenza per capire se stessi e il proprio stato. Le tesi che fanno del sentire, quando difficile e sofferto, un’alterazione, un guasto risultato e conseguenza di una causa passata, non riconoscono il carattere, la natura propositiva, carica di sottile e matura intelligenza, dell’esperienza interiore di cui il profondo è ispiratore e regolatore. Si continua a concentrare tutte le attese e le pretese di capacità e di affidabilità sulla parte conscia, considerando il resto una appendice meno evoluta, registro passivo di esperienze vissute, luogo di scarico di tensioni e di patimenti, motore di reazioni elementari che non sottostanno alle regole del discernimento, per presunta mancanza da parte della componente interiore e profonda dei requisiti di intelligenza e di affidabilità pregiudizialmente e assai generosamente riservati e riconosciuti alla parte conscia. L’esperienza analitica, quando ben fatta, consente di scoprire quanto valga davvero, per prova provata e non per pregiudizio, l’iniziativa e la proposta del profondo. L’inconscio dà prova di essere la salvezza dal rischio dell’inconsapevolezza, della traduzione in omologazione della propria vita. L’inconscio si rivela essere promotore e leva insostituibile del recupero a sé delle proprie vere ragioni d’esistenza, della capacità di pensiero originalmente proprio, che non fa il verso a nulla di appreso e studiato, ma che scaturisce da esercizio del proprio sguardo ben calato nell’esperienza, ben orientato dai propri vissuti. Nulla interiormente accade senza un perché di ricerca e uno scopo di crescita personale. Non ci sono ombre del passato che non siano punti di ricerca toccati nel proprio cammino d’esperienza e non approfonditi, che comunque nell’oggi trovano occasione di essere recuperati in un movimento di ricerca di verità, che è la ragione di vita del profondo, che in questo movimento vuole contagiare e coinvolgere l’intero essere. La sofferenza interiore ha questo scopo, vuole e può essere il punto di incontro di ognuno con la profondità del proprio essere e da lì, in stretto legame col profondo, l’inizio di un percorso di rinascita, di rinascita dal profondo di se stessi.

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