Nulla accade interiormente senza un valido motivo, nulla nel sentire, anche il più impervio e spiacevole, si declina in modo casuale, nulla nei propri vissuti è segno di patologia, ma viceversa dice nel modo più appropriato, intelligente e significativo. Il sentire può smentire ciò che si è abituati a pensare, ciò che ci si vorrebbe attribuire e riservare, lo fa per giusto motivo, lo fa per mettere sulla strada di una verità che si è restii a riconoscere. Non c'è paragone tra le convinzioni tenute insieme con la testa razionale e l'acume e lo spirito di ricerca di verità di cui la propria interiorità è capace e portatrice. Eppure l'interiorità è data abitualmente per creatura minore, che si vuole disciplinare e giudicare con non poca sufficienza e supponenza. Si compiono così, in nome dell'ovvio e del buo senso, abusi su questa parte così preziosa di se stessi, cui è attribuito, come fosse scontato, un ruolo minore. E' un luogo comune, che pare sacrosanta verità, che quella del sentire sia roba viscerale, irrazionale, che manca di lucidità, della capacità di lucido giudizio che deterrebbe la mente razionale, dunque una parte di se stessi su cui pare legittimo e necessario esercitare un controllo, una pretesa di egemonia e di comando della parte razionale. La mente razionale, a cui tanto ci si affida, da un lato è (erroneamente) persuasa che le espressioni del sentire siano sostanzialmente risposte condizionate e conseguenza di stimoli e di circostanze esterne, dall'altro si attribuisce facoltà e diritto di stabilire a priori i confini dentro cui l'esperienza interiore dovrebbe svolgersi, i modi in cui dovrebbe esprimersi per non diventare un meccanismo, così la concepisce, guasto, che devia dalla normalità, che produce qualcosa di anomalo, qualcuno dice di disfunzionale da correggere, fino alla caduta in uno stato definito malattia, con le varie etichette diagnostiche che chiede ai cosiddetti esperti di appiccicarci sopra, come premessa dell'auspicato trattamento. Scatta così un misto di volontà di controllo e di paura crescente, come in presenza di una minaccia interna, di subire uno spiacevole intralcio allo svolgersi regolare della propria vita, accompagnata dal timore di andare incontro a un pericoloso disordine interno, fino all'orrore della caduta nella follia. Quanta presunzione e quanta rigidità, frutto di docilità ai luoghi comuni, mette in campo la mente razionale, che dall'alto, dall'alto della sua sostanziale ignoranza del significato della vita interiore, pretende di stabilire sul conto dell'interiorità cosa sia e come debba esprimersi, senza conoscerla, senza avere attitudine e capacità di ascolto e di comprensione, senza poter dunque con quei precocetti e con quella rigidità capire e dire nulla di attendibile! La sola cosa che potrebbe dall'esperienza che fa avere occasione di conoscere, se lo volesse, se imparasse a farlo, ma la mente razionale è ben lontana dal volerlo e dal saperlo fare, è portare lo sguardo riflessivo sul proprio agire, interrogarlo, per vedere e conoscere finalmente qualcosa di vero, di utile e fondato, che è la propria presunzione e completa inaffidabilità sul piano della conoscenza di se stessi, del significato e del valore della vita interiore. E' pretendere troppo da una mente razionale che tutto sa fare, operare, dire, giudicare, fissare principi di normalità, meno che interrogarsi, che mettersi allo specchio per cominciare a capire qualcosa di utile e di sensato. Ma entriamo nel vivo dell'esperienza interiore e di come si propone e di quel che propone. Quando si è carichi soltanto di sostanza umana o che vorrebbe essere tale, presa in prestito e data in appalto nel suo formarsi e consolidarsi al senso comune, a idee e modelli prevalenti, quando si sta ancorati alle parvenze per darsi sicurezza, quando si attribuisce peso rilevante per definire chi si è e cosa del proprio fare e realizzare è segno di valore e di capacità di realizzazione all'essere riconosciuti, convalidati e apprezzati da fuori, può succedere che la parte intima e profonda di se stessi, che non si fa bastare le apparenze, che non contrae vincolo d'affetto e di dipendenza da simili risultati, che non è dunque disposta a dare loro manforte, lanci un segnale tanto spiacevole e perturbante quanto provvido e intelligente, niente affatto segno di insufficienza e di difettoso funzionamento. Con l'ansia, col senso forte di apprensione, di pericolo, di timore, la propria interiorità punge forte nel punto giusto e in modo ben mirato dice di quanta precarietà e fragilità si dispone in quell'equilibrio, con quella costruzione personale tutta sorretta da fuori, senza base di conoscenza e di scoperta proprie, senza nulla di davvero concepito e generato da sè e in unità con la parte intima e profonda del proprio essere, che è stata marginalizzata e messa in subordine e dunque non inserita nel pieno del proprio essere e della propria intelligenza, della propria autonoma capacità di conoscere, di capire, di capirsi. Il valore reale di ciò che si è messo insieme e di cui si dispone, la consistenza del proprio essere illusoriamente affidata a altro preso in uso e assunto come riferimento, cui è stato data l'autorità di formare e di orientare la propria visione, di convalidare le proprie scelte e il valore delle proprie produzioni e delle idee che le accompagnano, attraverso uno sguardo attento al vero, scricchiolano, rivelano la fragiltà del costrutto, svelano l'inconsistenza dell'essere così ottenuta, per assenza di autenticità, ancora tutta da ritrovare, da ricomporre, da far vivere nella sua originalità e capacità generativa. L'ansia, il senso di pericolo e di fragilità, il segnale dato forte e chiaro perchè sia raccolto e se ne comprenda l'importanza come spinta a mettere in stato di risveglio la propria consapevolezza, l'ansia che invece si è pronti a trattare e a liquidare come disturbo, come un patimento visto come sintomo di malattia, casomai attribuito a qualche cattivo condizionamento esterno, a stress, al peso di un trauma patito per tentare con qualche tecnica curativa di metterlo a tacere, per provare a liberarsene come una molestia, quest'ansia allora che cosa è e quanto vale davvero? L'inconsistenza reale dentro l'apparentemente valido, capace e consistente, che ci si è voluti attribuire, è messaggio duro da digerire, ma è segnale di verità e forte richiamo che ha l'intento e la capacità di rimettere sulla strada della conoscenza del vero il proprio pensiero, per consegnare a se stessi la possibilità di interrogarsi e la responsabiltà di decidere cosa offrire a se stessi. Nelle proprie mani a quel punto la scelta se tenersi ancora stretto l'abituale come bagaglio e costrutto validi su cui fare ancora conto o se aprire una stagione di rinnovamento profondo, di costruzione vera e con salde radici e fondamenta, lavorando su di sè, in unità e con l'apporto e la guida del proprio intimo e profondo, che già con l'ansia ha dato prova di quanto è affidabile e intelligente sul terreno della conoscenza e del prendersi buona cura di se stessi. La supponenza della mente razionale, che pretende di bastare a se stessa, di avere la prerogativa di un esercizio di pensiero affidabile e capace, non permette di vedere, sa solo fare da guardiano e da supporto a un assetto della propria vita che la propria interiorità ha forza e lucidità di guardare nel vero e di mettere in discussione. L'apporto, essenziale e decisivo, della propria interiorità, abitualmente non considerata, incompresa e sminuita dalla parte razionale, può invece permettere di aprire gli occhi, di dare forma e sviluppo a un pensiero, a una conoscenza ben fondati. Con la guida e in unità con la propria interiorità è possibile costruire dentro se stessi ciò che è necessario per dare corso e realizzazione autentica alla propria vita. Solo così il proprio essere, non più scisso dalle sue parti e radici profonde, può recuperare il suo volto originale e ritrovare forza generativa e consistenza vera.
sabato 19 aprile 2025
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