domenica 28 febbraio 2021

Il concreto e il reale

Spesso, in presenza di esperienze interiori affatto piacevoli, ad esempio di ansietà continua o quando esposti alle bordate degli attacchi di panico, oppure quando tenuti sotto da un senso di sfiducia e di infelicità, da un senso di vuoto, ci si dice e ci si sente dire che non c'è motivo reale per simili stati interiori, che quei vissuti fanno sperimentare e coloriscono l'esperienza in modo abnorme, alterato da una patologia da curare. C'è un modo di pensare che al riguardo si irrigidisce e si fa forte di pensieri comuni, così come di teorie e di tesi, di studi definiti scientifici. C'è un equivoco circa ciò che sarebbe reale. Reale non equivale a concreto. Concreto è solo un ordine di ragioni e di cose visibili e ben riconosciute già e comunemente. Reale può essere ciò che ancora non si sa vedere e concepire, che casomai, per preconcetto e per difesa di convinzioni inveterate, non si sa e non si vuole ammettere e riconoscere. Lo stato delle cose riguardante se stessi, il proprio modo di vivere e di procedere, può ad esempio non essere felicemente rispondente a se stessi e soprattutto può essere mistificato, travisato, ritenuto normale e scontato, valido solo perché simile e copia di ciò che pare concepisca e faccia la maggioranza delle persone. Profondamente però siamo dotati di capacità di sguardo che non cede all'illusione e alla mistificazione, che sa vedere ad esempio quanto soffra la nostra identità vera e il nostro potenziale d'essere e di crescita originali quando rimaniamo incastrati nel pensiero e nello stile di vita suggeriti e impartiti dalla cosiddetta normalità. Se il nostro profondo volesse darci uno scossone e imporci la necessità e l'urgenza di riaprire tutto, di prendere visione della nostra lontananza da noi stessi, di intendere per tempo il rischio di fallire il nostro cammino di vita dove non cominciassimo a fare sul serio, impegnandoci a capire la nostra condizione vera senza veli e autoinganni, sarebbe così assurdo e anomalo se ci desse interiormente forte segnale di apprensione e di allarme, persino di panico? Se la parte profonda del nostro essere volesse indurci a vedere, al di là della superficie di adeguatezza ai criteri di normalità comuni, il vuoto di vera autorealizzazione, non per sconfortarci e basta, ma per indurci a formare senza rinvii ciò che ancora ci manca e che non abbiamo coltivato, il nostro pensiero originale e non modellato su altro preso in prestito, se volesse spingerci a compiere le conquiste di consapevolezza che, indispensabili per decidere di noi stessi e per procedere autonomamente, sinora non abbiamo né cercato, né realizzato, sarebbe così assurdo e incomprensibile se ci precipitasse a sperimentare nell'intimo e senza possibilità di evaderne un senso di disvalore e di vuoto? Sarebbe motivata questa presa di posizione o sarebbe senza reale motivo e senso? Concreto è una cosa, reale è un'altra.

giovedì 25 febbraio 2021

Il lavorio interiore e la ricerca del vero

Porsi domande per avere visione chiara e sincera di ciò che si sta facendo, della propria condizione, non limitarsi a difendere a spada tratta le ragioni solite a protezione e a convalida di ciò che si è sempre  pensato e portato avanti, può risultare molto scomodo e mettere in difficoltà, può dare un senso di insicurezza, di disorientamento, di rischio. Raramente si è inclini a porsi e a tenere aperte domande circa ciò che fa proseguire in una situazione, che fa stare dentro un legame, a interrogarne la vera natura e i veri perchè, senza occultamenti di comodo. Più spesso si è così preoccupati di dare continuità alle cose da non volerne sapere di accogliere dubbi e domande, da preferire di volgere lo sguardo altrove o di costruire spiegazioni utili solo a confermare o a blindare ciò che si teme di mettere in crisi. In quest'ultimo caso, può accadere, non di rado, che non tutto di se stessi sia concorde con questo atteggiamento, diciamo, conservativo e che interiormente il quadro permanga instabile e inquieto. Ci può essere infatti una parte di sè, intima e profonda, che non vuole ignorare e lasciar cadere le domande, che vuole aprire gli occhi e spingere a farlo, che privilegia la ricerca del vero su ogni altro interesse. La ricerca del vero può risultare scomoda e soprattutto all'inizio può essere fortemente temuta, ma sicuramente la scoperta del vero, che non può compiersi in un istante o magicamente, ma solo attraverso un ascolto e un dialogo approfondito con la propria interiorità, fornisce nuova linfa, apre nuovi scenari, forma nuove intese con se stessi, nuove basi di consapevolezza capaci di dare la forza, il convincimento e la passione di rinnovare le proprie scelte, di trasformarle in concordanza piena con se stessi, a volte di mutarle radicalmente. Tenersi vincolati all'esistente e al modo consueto di pensare (o non pensare), che appoggia e accompagna il corso solito dell'esperienza, solo per paura della crisi, del cambiamento, rischia di far aderire a scelte, malamente fondate, poco o nulla corrispondenti ai propri interessi più profondi, di consegnare se stessi a prospettive e a sviluppi nella propria vita tutt'altro che felici. E' forte e diffusa la convinzione che tutto vada cercato fuori, occasioni, presenze vive e interlocutori, ma dentro i confini del nostro essere non siamo affatto soli e senza risorse. Portiamo dentro di noi una presenza viva, interiore, profonda, che, per come si esprime e incide nella nostra esperienza, sembra talora procurare in apparenza soltanto fastidi, ma che, se compresa, si rivela essere parte importantissima di noi stessi, tutt'altro che debole, incapace o nociva. E' la parte del nostro essere che non cede al ricatto della paura del cambiamento, del rischio della messa in discussione del quieto vivere, del mantenimento dell'ordine mentale consueto. E' il nostro inconscio, che sa e che vuole offrirci una guida, dandoci, attraverso il sentire e in modo magistrale con i sogni, richiami, stimoli e dritte di riflessione preziosi e introvabili altrove, affidabili come nient'altro, capaci di condurci alla verità di noi stessi, al riconoscimento dei nodi decisivi da sciogliere, su cui lavorare, alla scoperta di nuovi possibili percorsi a noi congeniali, consentendoci di liberare e di esaltare le nostre potenzialità originali. L'inquietudine interiore risulta spesso sgradita, addirittura può essere liquidata come un modo difettoso di sentire e di vivere, come uno stato interiore negativo, convinti che idealmente si debba stare sempre liberi da tensioni, saldi nell'abituale, tranquilli. Dentro ciò che si sente c'è in realtà un fermento di ricerca, un lavorio interiore che non cede alla pretesa del quieto vivere, che contrasta la tendenza alla rinuncia, all'acquiescenza. C'è la spinta a promuovere e a dare sviluppo, senza paura dei costi di impegno, anche di sofferenza, di dispendio di sè, alla presa di coscienza, necessaria per non essere privi di punti di riferimento validi e fondati, per dotarsi di guide autonome e assolutamente necessarie, per non lasciare che a raccontarla, a colmare lo spazio del pensiero, siano altre fonti ritenute capaci e competenti, che a dare le dritte sia altro, che si trova già concepito fuori di sè, cui spesso si cede il passo, da cui si finisce per farsi dettare la lettura dell'esperienza, le attribuzioni di significato, i suggerimenti circa ciò che è possibile e realizzabile, valido e conveniente, normale. Tutto il discorso corrente, prevalente, sull'ansia e sulle diverse espressioni del disagio interiore, trattate come disturbi o patologie, come conseguenza d'altro che da fuori molesterebbe o non concederebbe il dovuto, rischia di travisare e di non riconoscere che siamo creature complesse, che c'è una parte intima di noi stessi che non rinuncia a farsi sentire, a agitare le acque, a darci segnali tutt'altro che privi di senso. E' una parte del nostro essere che può non concordare con i nostri atteggiamenti e intendimenti, che vuole comunque condurci a aprire gli occhi, a far prevalere l'interesse per la verità, la passione per la realizzazione autentica di noi stessi sulla pretesa, immediatamente più confortevole e rassicurante, di mantenere tutto fermo, stabile e intatto.