domenica 26 gennaio 2025

Conoscere se stessi

La via per conoscere se stessi è quella dell’incontro col proprio intimo e profondo, dell'ascolto della propria interiorità, non quella basata sull'impiego unilaterale del pensiero razionale, che, senza stretto legame col sentire e senza la sua guida, illude chi ne fa uso di conoscersi attraverso qualche costruzione logica, in apparenza coerente. E' frequente in questi casi cercare sostegno e guida in libri e in teorie varie, nutrendo la persuasione di trovare sicuro fondamento per la conoscenza di se stessi nella autorità di qualche presunto esperto o maestro, che sul terreno della psicologia sia il capostipite o il discepolo di un indirizzo classico o l’esponente di nuove scuole non fa differenza, considerato capace di garantire spiegazioni valide e attendibili, come ci fosse attorno all’esperienza e alla realtà interiore un sapere capace di anticipare, ovunque e per chiunque, le risposte, un sapere che sa già, valido per tutti ed esauriente. Senza rapporto con se stessi, senza ricerca viva, senza ascolto e dialogo con la propria interiorità, senza sviluppo di capacità riflessiva che permetta, non di parlargli sopra, ma di aprire gli occhi su ciò che il proprio sentire rende tangibile e riconoscibile, nessuna conoscenza fondata e affidabile è possibile. La vicenda interiore di ogni individuo è singolare, sa dove condurre, è capace, ben guidata dal profondo, di offrire la base viva di una conoscenza unica e mai scontata. Col sentire, col succedersi, mai casuale, di emozioni, di stati d'animo, di spinte interiori, che, momento dopo momento, accompagnano l'esperienza e, in modo superlativo, con i sogni, il profondo, magistralmente, sa tracciare il cammino di ricerca e offrire il nutrimento, che ovviamente va saputo fedelmente intendere, fare proprio e assimilare, alla conoscenza di se stessi, che, così vera e consona a se stessi, non può essere raggiunta in nessun altro modo e attinta a nessuna altra fonte. Anzi, il rischio, prendendo da altra fonte le risposte, incamerandole e rimasticandole col ragionamento, è di produrre lontananza da sè, incomprensione con se stessi. Questa di porre al centro e a fondamento della conoscenza intima e personale il rapporto e l'ascolto della interiorità, del profondo, è la scelta che prima di tutto ho fatto con me stesso. Senza la mia personale esperienza analitica, senza il lavoro su di me, senza ricerca viva continua e esercizio di riflessione e di dialogo con la mia interiorità, non avrei potuto e non potrei offrire nulla, se non costruzioni artificiali, casomai apprezzate, ma sterili e avulse dalla verità intima e viva, non avrei portato nella mia vita e nel mio lavoro se non chiacchiera o tecnica presa e appresa da qualche parte e mestiere. Mi sono proposto nell’esperienza analitica con l’altro, di non dire e di non introdurre nulla che non si rendesse riconoscibile nel vivo della sua vicenda interiore. In ogni momento cerco di passare attraverso esperienza viva e ascolto, per evitare che prenda il sopravvento il pensiero preso da altra fonte e riplasmato col ragionamento, pensiero ingannevole che oscura e che non lascia accogliere e valorizzare ciò che, passo dopo passo, il corso della vicenda interiore sa e vuole proporre e dire. Propongo all’altro di avvicinarsi a se stesso, di rivolgersi sempre alla sua esperienza interiore come sicura base e veicolo di incontro con se stesso e di scoperta del vero, incoraggio la fiducia nella sua interiorità come guida e maestra, dandogli modo di scoprire e di toccare con mano che tale è e sa essere. Se non avessi aperto e se non aprissi di continuo agli svolgimenti e alla dialettica interiore, se non mi fossi educato a questa apertura e valorizzazione dell’interiorità, partendo dal rapporto e dal dialogo con la mia interiorità, sarei finito e finirei fatalmente per esportare, per girare sull'altro e per rinsaldare in lui un atteggiamento manipolativo, spesso già presente in lui, nei confronti delle vicende e delle vicissitudini interiori, di impaziente bisogno di tenerle a bada e di risolverle, di spiegarle col ragionamento e non di imparare riflessivamente a raccoglierne ogni volta, in ogni momento la proposta e l'intelligenza insita. E’ un atteggiamento manipolativo che rischia di essere presente e di porsi a fondamento di non poche psicoterapie, tanto in apparenza benevolo e soccorrevole, tanto in apparenza rivolto a intendere e a capire l’esperienza intima, quanto in realtà capace di segnare lontananza e rottura con l’interiorità, che non è oggetto da indagare, su cui esercitare un lavorio di spiegazioni e di interpretazioni, che ancora meno è oggetto da correggere e da risistemare con pregiudizio circa ciò che sarebbe valido e funzionale ottenere, ma soggetto vivo che, sapientemente e accortamente, in tutte le sue espressioni anche le meno piacevoli e facili,  comunica e dice ciò che è di vitale importanza comprendere di se stessi, che è l’unica fonte capace di formare, di indirizzare e nutrire la conoscenza di se stessi, la scoperta del vero. Il rischio è, pur con la parvenza di un lavoro di presa di consapevolezza, di rendere ancora più forte una sostanziale incomunicabilità con se stessi. Senza scoperta di verità e di significati passando attraverso se stessi, attraverso vero e rispettoso ascolto e dialogo con la propria interiorità, si finisce fatalmente, sia facendo da sé, sia non poche volte con l’aiuto di una psicoterapia, per avvalersi e per far valere preconcetti, risposte automatiche e preconfezionate, non riconosciute come tali, accreditate invece come valide, intrappolandosi nella ricerca di risposte e di spiegazioni pronte o artificiali del ragionamento e non profondamente e originalmente proprie, non fondate sul proprio sentire. Senza stretto vincolo con l'esperienza interiore e senza riconoscere e valorizzare la sua funzione guida, è fatale nel rapporto con le difficoltà interiori la rincorsa a cercare antidoti e soluzioni liberatorie, che in realtà sono atto liberatorio verso e contro se stessi, altro dalla ricerca dell‘incontro e del dialogo con ciò che vive dentro se stessi, dall’ascolto e dalla scoperta di ciò che il proprio profondo sta proponendo e promuovendo, che, anche quando arduo e sofferto, è il solo capace, consono a se stessi e da se stessi profondamente originato, di dare contenuto vero e senso alla propria vita.

domenica 12 gennaio 2025

La normalità

E' normalità, segue cioè un corso, tutt’altro che insolito e infrequente, considerato e  celebrato come valido e normale, fondare la fiducia in se stessi sul dare prova secondo un codice prestabilito e condiviso, è normalità riconoscersi valore nel riscuotere apprezzamento, soddisfacendo aspettative e pretese, ricevendone in cambio convalida, è normalità stare dentro la visione condivisa, nei suoi confini, nelle sue argomentazioni, riducendo la propria libertà di espressione, di pensiero e di critica nel dire la propria dentro e su argomenti e temi predefiniti. Gli elementi costitutivi più importanti della propria personalità, della conoscenza di sè, della scoperta della propria identità e della formazione e dell'esercizio del proprio pensiero, si formano su queste basi, in appoggio a altro che suggerisce e detta e che in cambio della buona resa certifica, apprezza e garantisce. Altro provvede a dare le guide.  Assumerlo come guida e come autorità garante facilita, dà immediate soluzioni e soddisfazioni alle necessità di  conoscenza, di scoperta di significati  e di scelte di  indirizzo della propria vita, ma, anche se su questo cala “normalmente” il velo dell’inconsapevolezza,  devia da sé, esautora se stessi dalla prerogativa di vedere e di accertare da sè cosa sia valido e perché, altera profondamente il processo di crescita personale. Il normale corso, su supporto e guida presi da fuori, produce un processo di formazione e di crescita personale apparente, nella sostanza infedele e fasullo, che di fatto si sostituisce al lavoro di ricerca e di scoperta proprio e originale, il solo che può escludere artefatti, che può garantire genuinità e corrispondenza, concordanza con le proprie vere qualità e appartenenze, con le proprie originali potenzialità. Il lavoro di ricerca e di conoscenza di se stessi fatto, coltivato e generato da sè non è di immediata traduzione come lo è disciplinarsi e dare prova, che richiedono solo capacità di adattamento, di imitazione e di assecondamento di un che di già definito. Ammaestrarsi certamente limita e mortifica le reali possibilità e necessità di crescita personale, oltre a rendere bisognosi di attingere sempre da fuori risorse e occasioni, dentro un legame di dipendenza che si autoalimenta. Il danno sostanziale è di diventare riproduzione di altro anzichè capaci di autonoma visione e di autogoverno nel comprendere e decidere le finalità congeniali della propria vita e nel saperle perseguire. Creature d'altro non si può che tornare a ogni passo a cercare in altro le guide, i sostegni, le conferme, espropriati della capacità di concepire da sè e di avere nell'intesa con se stessi in cardine e la bussola della propria esistenza. Il tutto costruito ad arte e considerato non un che di alieno, ma trattato e difeso come se fosse vero, come se fosse patrimonio e opera propria, non un artefatto, non un sostituto di ciò che di originale e vero ancora attende di essere coltivato e compreso. Se l’inconscio ha la capacità di vedere e di distinguere tra il simil vero e l’autentico, se ha capacità di riconoscere il danno che ne deriva, la rinuncia a sé e a generare e a far vivere qualcosa di proprio, è comprensibile che intervenga e non certo per compromettere il proprio bene, ma per trarlo in salvo. Il malessere interiore è il primo necessario passo per scuotere l’edificio fasullo e l’inerzia nel tenerlo in piedi, per aprire una crisi che vuole diventare occasione di presa di coscienza e punto di partenza per invertire la rotta e aprire una stagione di rinascita vera in cui da sé e nel rapporto con se stessi possa formarsi l’originale e non l’artefatto, perché torni e si collochi saldamente nelle proprie mani  la guida della propria vita. 

mercoledì 8 gennaio 2025

Com'è facile, ma...

Com'è facile interpretare e condurre la propria vita in modo passivo dipendente, esonerati dal compito di trarre da sé, in accordo e in unità col proprio intimo, la scoperta dei significati, dei perché, delle potenzialità di cui si dispone, la comprensione degli scopi che si vogliono perseguire consoni e connaturati a sé! Com’è facile, pur credendo di essere artefici di scelte, di aspirazioni e di idee che le sostengono, muoversi dentro le guide, le definizioni e le soluzioni offerte da un sistema condiviso e organizzato che già offre le risposte e che fissa i modi e i percorsi per dare realizzazione a se stessi! Com'è facile assumere e svolgere la parte designata, farsi istruire e applicare le istruzioni senza renderselo manifesto, quanto è facile e gradito fare propria l'illusione che nei modi ben appresi ci sia espressione originale e valida di sè, segno di capacità, di conquista di valore, di movimento di crescita! Tutto pare filare liscio, i fili, che da fuori, da autorità del già concepito, organizzato e diffusamente pensato e praticato, muovono ogni movimento, tenuti nascosti al proprio sguardo, la meccanica della vita e della espressione di sè così regolata pare funzionare a meraviglia. Ma, c'è un ma. Può succedere, non è così raro che accada, che qualcosa dentro se stessi non collabori come si vorrebbe. Qualche intralcio, un sentire che non si armonizza, che anzi sembra fare dispetto alla riuscita del procedere consueto, che mette in campo timori, impacci, cadute di tensione e d'umore inaspettate, un senso di malessere e di insoddisfazione, qualche ombra di infelicità, segnali improvvisi di smarrimento e di mancanza di un terreno d'appoggio saldo, insomma il dentro che non combacia col fuori e con ciò che si vorrebbe, rende quella meccanica del vivere tutt'altro che fluida, rende la conduzione difficoltata. Impreparati a interrogarsi, a riconoscere la priorità e l'imprescindibilità della ricerca del senso, a riportare a sè la necessità di capire, di interrogare ogni espressione di sè senza darla per scontata, senza rivestirla di retorica, di spiegazioni di comodo e di sostegno perchè il tutto sia riconfermato e stia in piedi, ma cercando di ciò che si vive e che si mette in atto il vero, il confronto con i segnali interiori che danno risalto all'intimo significato, a ciò che muove e che implicano i propri modi di procedere, segnali che vogliono  spingere a prenderne visione, a farne verifica, non sono affatto riconosciuti come tali, ma prontamente liquidati come segni di disturbo, come segnali di insufficienza, di incapacità di far girare le cose nel verso abituale e comunemente giudicato normale. Quando, come nel modo di pensare e di procedere consueto, è imperante e fuori discussione, perciò fuori dal proprio campo di ricerca di consapevolezza, l'abitudine a muoversi su binari già segnati, a tenere il pensiero ben ritmato e regolato dal senso ovvio e comune, casomai cercando di fargli contrasto, ma sempre in appoggio e in relazione a qualcosa di già concepito, ecco che, se da dentro se stessi arrivano i segnali di un atteggiamento ben diverso da quello passivo e condiscendente, tutto ciò che interiormente non si rende omogeneo alle attese e che dissona è vissuto solo come una complicazione sgradita e il giudizio, senza appello, è di trovarsi in presenza di ostacoli da superare. Non c'è disponibilità a ascoltarsi, a dare credito e a rispettare il proprio intimo, perchè le cose devono procedere, non possono che procedere sui binari soliti e dunque ciò che interiormente non concorda va tenuto a bada, va sistemato e corretto. Nelle sue espressioni discordi, tutt'altro che stupide e senza senso, ciò che vive e si propone interiormente è giudicato prontamente, perentoriamente come disturbo, come malfunzionamento, bollato come segno di inadeguatezza, come anomalia da correggere, casomai da spiegare nel suo insorgere e persistere cercandogli qualche motivo esterno contingente o più spesso qualche remota causa, che so qualche cattiva influenza o inadempienza dei genitori, qualche trauma patito. Quel che conta è che lo si possa piegare al proprio ottuso modo di intendere, che vuole, che ha prestabilito che quel modo di procedere, equivocato come autonomo, in realtà tutto in appoggio a altro e che esonera dal cercare risposte e dal costruire basi di pensiero e di consapevolezza veramente proprie, sia fuori discussione e che vada salvaguardato. Salvaguardarlo spinge, con la persuasione di tutelare il proprio bene, a fare macello di ciò che dentro se stessi, mosso da una parte tutt'altro che di poco conto del proprio essere, solleva obiezioni, dà spunti validi e puntuali di ricerca, colpevole però di inceppare il meccanismo solito. Forti del bagaglio del senso comune, ben assistiti da mentalità comune e da voci di presunta scienza psicologica e provvida di cure, di terapie, scienza che vede l'umano in modo conforme al presunto umano ben declinato nella meccanica del procedere dentro e su binari già segnati, che non riconosce all'individuo di avere in sè l'istanza e la necessità irrinunciabile di vedere con i propri occhi, di concepire da sè, di generare ciò che invece è già lì pronto, definito, organizzato e reso sacrosanto  come "la realtà" dentro cui stare, da cui non è possibile prescindere e dai cui confini non è pensabile uscire se non per qualche anomalia o per ingenuità, forti di tutto questo armamentario del consenso si è pronti a mettere a tacere, a dare battaglia contro ciò che interiormente vuole riaprire i giochi, mettere in discussione tutto l'insieme della meccanica del vivere consueto. E' facile facile riprodurre, recitare la parte, convincersi che apprendere e sapere, che appiccicarsi cultura equivalga a sviluppare conoscenza, che indossare un ruolo cui fa seguito una qualche considerazione comune significhi possesso di capacità e espressione di merito, che mettere assieme ciò che è ritenuto valido e necessario per darsi completamento normale e felice sia la vera realizzazione di se stessi e un passaggio di crescita della propria vita. Il movimento docile e ammaestrato appare al proprio e all'altrui sguardo come un movimento autonomo, la semplificazione nell'intendere e interpretare la propria vita sono a pronta disposizione e il fatto che tutto attorno concordi fa da persuasore occulto. Consegnarsi il compito di capire cosa si sta facendo di se stessi, come ci si sta muovendo pare compito superfluo, anzi proprio inconcepibile. E' un compito impegnativo, molto di più del farsi portare e dello svolgere la parte in una sceneggiatura, assumendo un copione dell’esistenza già bell'e combinato e scritto, è impegnativo e però è a misura dell'umano, che non può ridursi alla riproduzione inconsapevole, spacciata per idea e impresa propria. E' un compito ben più impegnativo coltivare, trarre da sé le risposte e la capacità di concepire. Dentro se stessi è proprio questo che non è oggetto di rinuncia. Tutto il divenire dell'esperienza interiore è finalizzato a riaprire dove tutto pare a senso unico, scontato, considerato persino ovvio, naturale, normale come si ama dire, ben sigillato. L'inconscio non è docile e addomesticato, non è piegato al senso di cosiddetta realtà, che è un imperativo a concepire le cose in quell'unica maniera, l'inconscio non è ottuso, è ben sveglio, interroga, cerca il senso e il perchè di ogni movimento e scelta che si compie, cerca e riconosce la verità delle cose senza veli e di questo vuole parlare sia attraverso i vissuti che attraverso i sogni. La parte interiore e profonda, non un'appendice che si vorrebbe gregaria, ma la parte di se stessi che sa con intelligenza non rendersi conforme e omogenea alla meccanica del vivere dentro guide e su binari ben segnati, ci prova con puntiglio, con ostinazione a riaprire i giochi, i giochi dell'esistenza che vorrebbe essere finalmente costruita e tradotta come libera e consapevole, autonoma e matura, come spetterebbe all'essere umano non meccanizzato. E' una proposta non di facile e pronto uso, come lo è quella di muoversi e di cercare soluzioni dentro le guide e i percorsi già segnati, è una proposta che, se assunta e condivisa dalla totalità dell'individuo, può portarlo all'inimmaginabile, alla capacità, in unità e con la guida del proprio profondo, senza sostegni e suggerimenti esterni, di generare e di sviluppare il proprio originale pensiero, di riconoscere il proprio autentico progetto e di farlo vivere.

giovedì 2 gennaio 2025

L'ansia: l'allarme per ritrovarti

Alle prese con un'esperienza interiore sempre più ardua e sofferta, con un'ansietà che non ti dà tregua, che non ti permette di procedere se non con questo peso interno, sei tentato prima di tutto di costruire un argine, pensandoti come assediato da una forza nemica e deleteria, di rincorrere da qualche parte un rimedio. Forte è la spinta a cercare opinioni e risposte fuori, casomai per scoprire per tuo sollievo e rassicurazione che anche altri ha provato o sperimenta qualcosa di simile, augurandoti che qualcuno o qualcosa possa darti una via e un mezzo di uscita (di uscita e non di entrata in ciò che di intimo stai vivendo, che richiede non capacità di fuga, ma sviluppo di capacità di incontro e di ascolto). Raccogliere opinioni e suggerimenti di altri può non essere una gran soluzione, ognuno nel trattare ciò che, unico e originale, vive dentro di te ci metterebbe del proprio di preconcetti, di modi pari pari a quelli che è abituato a impiegare nel trattare la propria esperienza, tipo cercare spiegazioni di ciò che vissuto, perchè spiacevole e insolito, sembra da subito anomalo, facendolo risalire a cause esterne, tipo suggerire modi per provare a metterlo sotto controllo, tipo rifarsi e delegare subito la comprensione dei propri stati d'animo, delle ardue esperienze vissute alle teorie e alle tecniche sostenute dall’esperto di turno o, già prima di ascoltare e di provare a capirsi, avere cura di appiccicare sull’esperienza sofferta un’etichetta diagnostica, tanto arbitraria quando si avvicina un'esperienza interiore, complessa e unica, quanto sterile, perchè etichettare non significa conoscere. Decisamente più utile e appropriato ai tuoi interessi e alle tue necessità cominciare a riflettere, concentrando l'attenzione sul tuo singolare, sullo specifico della tua esperienza, su ciò che ti appartiene e su cui per diretta esperienza puoi meglio di chiunque altro, che sparerebbe i suoi pareri e consigli, lavorare e comprendere con rispetto per le particolarità di ciò che stai provando, casomai pensando, dove lo sentissi necessario e utile, di farti aiutare a questo scopo, da chi sappia farlo, non per trattare, spiegare o superare, ma per avvicinare, ascoltare e comprendere ciò che la tua intima esperienza vuole dirti. Se oggi sei entrato in questa spirale dell'allarme per le tue condizioni di salute, se mille dubbi si aprono in te sul tuo reale stato, in tutto questo un senso e uno scopo c'è di certo. Se ti sei ignorato sinora, se nel tuo procedere solito hai cercato tutto fuori di te, sia le opportunità che le strade da seguire, diventando estraneo o semplice ospite abitudinario e disattento in casa tua, per casa intendo il tuo spazio intimo, se di te più profondamente non frequenti e non conosci nulla, se non rifletti e ignori il vero stato della tua vita, del tuo modo di condurla, credi che su queste basi tu stia davvero salvaguardando te stesso e la tua sorte? Se da una parte fai, agisci e ragioni e dall'altra senti e non ti  preoccupi della loro discordanza, se non ti sei sinora curato e non ti curi di entrare in sintonia e di ascoltare e comprendere ciò che senti, se tiri avanti nella tua modalità di vita senza apertura e confronto con te stesso, non credi che, seppur nella forma dell'allarme e del temere le più disparate incognite e sorprese sul tuo stato, qualcosa ti stia costringendo a occuparti di te, che ti stia segnalando con forza e con insistenza la tua lontananza da te stesso, la mancanza da parte tua di attenzione per la conoscenza, non superficiale e distratta, ma vera e approfondita, di te stesso, di cura del rapporto con te stesso? Nulla sulla scena interiore accade mai per caso e senza un senso, senza uno scopo. Se la tua risposta all'assillo e al disagio interiore che insistono dentro di te è di volerli  superare, di spiegarli come conseguenza di qualche causa di sovraccarico e di oppressione esterna, come residuo e conseguenza di situazioni sfavorevoli e di traumi vissuti nel passato, di considerarli come segno di qualche tuo deficit o ritardo di prestazione e di capacità di adattamento e di resa, il fraintendimento di questa tua intima preziosa voce interiore potrebbe farti più che un danno. Ciò che senti ti dice l'insostenibilità di un modo di procedere in cui sei persuaso che quella che ti è abituale sia la strada da seguire e nello stesso tempo sei ignaro di cosa sia ciò che ti ci lega e soprattutto senza verifica se davvero tenga conto di te e di ciò che di autentico ti appartiene. Il richiamo a provvedere in termini di avvicinamento a te, di verifica attenta, di ascolto del tuo intimo, di scoperte essenziali di cui manchi, non per rincorrere i traguardi già segnati, ma per capire qual'è il vero traguardo che concordemente con tutto te stesso potresti scoprire e riconoscere senza farti portare da altro, oggi ti vede per nulla incline a recepirlo, persuaso come sei che tutto ormai ti sia chiaro e scontato come marcia da seguire, come legami e altro di conosciuto e solito, che prima di tutto sei preoccupato di  salvaguardare. Sei alle prese con un confronto, che non riconosci come tale, della cui presenza non ti capaciti, tra parte di te profonda che vuole richiamarti a cercare il vero e a trovare unità di intesa con tutto te stesso e te che vuoi spingere avanti le cose nel modo solito senza dubbi e senza intralci. Il dubbio e il senso di incerto e di pericolo la tua ansia te lo agita dentro, ma tu ne dai lettura come fosse una anomalia da tenere a bada, un disturbo da sanare e da togliere di mezzo. Cauto e saggio è il tuo profondo a esercitare il forte richiamo a preoccuparti di te e a impegnarti per procurarti ciò di cui manchi, incauto è fraintenderne la voce e bistrattarla.