Perché insiste e cosa vuole quest'ansia? Dà un impietoso
senso di costrizione, di respiro stretto, di morsa che non cede, che non
concede distensione, forse...forse perché non c’è motivo di rilassarsi, forse
perché lì in questa stretta di allarme e di apprensione, c’è la necessità di
aprire gli occhi, più che di passare oltre, di rallentare e di fermarsi per
capire, più che di evadere e di andare via sciolti. Non dà libertà questa
pressione che non molla, toglie libertà? La prima impressione è questa e in
nulla sembra favorevole, anzi pare una maledizione, una storpiatura, un modo
infelicissimo e sbagliato di stare al mondo. Sarà per un difetto innato, sarà
la conseguenza di qualche fattore sfavorevole, di un trauma patito, di un
infelice condizionamento esterno attuale o di origine remota, che interiormente
ha sconvolto e distorto il più normale e fisiologico sviluppo di crescita
personale, tutto questo si va a pensare meno che questa ansia oggi voglia dire,
che lo sappia intelligentemente fare.
Andiamo al punto. Vaneggia e blatera il sentire con quest'ansia
cocciuta, tanto da poter essere considerato assurdo, senza valido motivo nel
suo suonare senza tregua la sirena d’allarme, nel suo fare il guastafeste? Va
riconosciuto che non è affatto facile convivere con una realtà interna così
spigolosa, che non dà respiro. Ma c’è da chiedersi è davvero una molestia?
Standoci attenti, qualcosa dentro, nel profondo potrebbe aver buon motivo di
disturbare il quieto vivere, di procurare questa fitta pena? Forse
quest’inquietudine dolorosa non intossica, ma vuole dire, non intende privare,
ma vuole dare, non impedisce il cammino, ma lo segna stretto, per (co)stringere
a capire. Fare opposizione, combattere ciò che, visto subito come ostacolo e
disturbo, sembra solo menomare e togliere è risposta comune, comunissima e pure
assai convinta, resa tale anche dal supporto di mentalità comune che invoca
come ideale la condizione di liberazione da pesi interiori, resa ancora più
saldamente convinta dalla presenza non irrilevante di apparati di cura, di
schiere di curanti pronti a dare aiuto
nel verso del dispensare rimedi di ansiolitici e di tecniche per il superamento
dell’ansia. Si parte poi male, da una posizione tutt’altro che favorevole nel
confronto con la parte intima di se stessi, con cui ora risulta così difficile
convivere. Ci si è abituati infatti a avere visione di se stessi come di
un’entità sostanzialmente chiusa nei confini della cosiddetta parte conscia, il
resto di intimo, di sentire e di ciò che si svolge interiormente lo si pensa
come un corollario, di cui a volte è problematico il controllo, ma appunto si
tratta di tenerlo a bada, di spiegarlo con qualche rapido ragionamento, niente
di più. Dunque non ha certo centralità l’interiorità, pensata come una
appendice del proprio essere, come una realtà minore che viene e deve stare a
rimorchio e che va in qualche modo gestita, cui soprattutto non va dato peso
quando non sta alle aspettative, quando nel sentire dissona, perché tanto è una
componente “irrazionale”. Si è impegnati a seguire ben altra onda e richiamo da
quello intimo, cui si chiede di stare al passo e nei ranghi e di non dare
problemi. Ma l’interiorità di cui si è portatori e che è parte viva e
essenziale del proprio essere, anche se come tale non è riconosciuta e ammessa,
non è ciò che si presume e si pretende, un’appendice, una coda, un seguito
gregario, che più di tanto non può e non sa produrre e portare. La parte intima
e profonda, lo si constata con mano quando le si dà spazio e ascolto degno come
nel corso dell’analisi, di un'esperienza analitica ben fatta, sa però vedere
bene e senza preconcetto, è la parte di se stessi che continuamente segnala,
spinge a riconoscere nel sentire, nel seguito di emozioni, di stati d’animo, di
momenti e di passaggi interiori anche difficili e in modo ancora più
approfondito nei sogni, il vero di ciò che si sta vivendo, è la parte che non
tenta fughe, che non se la racconta a piacimento come spesso e volentieri fa la
parte conscia, è la parte che viceversa sa e vuole raccontarla nel verso del
vero. L’interiorità sa essere sincera e soprattutto affidabile, senza compiere
sul conto del senso di ciò che si fa e si vive distorsioni o manipolazioni di
comodo, dunque sa essere acuta e veritiera, sa vedere della propria condizione
e sorte oltre il proprio naso, in modo attento, nitido, esteso e lungimirante.
Sapendo vedere, perché sveglia, perché non invischiata nella inerzia del
procedere abituale e del pensiero annesso, interessato solo al quieto vivere o
a favorire il procedere secondo programma della parte conscia, si prodiga a
dare richiami, a mettere in campo ciò che sa, a provocare, quando è tempo e la
situazione lo merita e lo richiede, una stretta, a esercitare un forte
richiamo, a dare con l’ansia che insiste e che non dà tregua, a volte con lo
scossone tremendo dell’attacco di panico, un sonoro segnale di allerta. Se non
avvisasse per tempo, senza fare tanti complimenti, le cose potrebbero mettersi
male e in perdita o con rischio di perdita grave. In superficie, nella parte
conscia, ci si pretende accorti e "svegli", intelligenti e affidabili
e invece spesso si è ottusi nel rigirare e confermare sempre le stesse idee e
posizioni, più o meno volutamente svagati circa ciò che si sta facendo
realmente di se stessi, circa il proprio procedere e la sua consonanza o meno
con se stessi. Si è, in superficie e col ragionamento, comunque in ritardo
rispetto al proprio profondo, che non cessa di tenere tutto dell'esperienza
passo dopo passo ben unito e sotto sguardo attento, senza distrazioni, senza
concessioni alla pia illusione e all’autoinganno, al rinvio, al lasciar andare
senza cura. Ansia, respiro stretto, perché ogni goccia di respiro diventi
consapevolezza e non evasione e ripetizione, ascolto e confronto schietto e non
elusione e vana consolazione. Vedere, aprire gli occhi sul vero costa, ma
salva. Se si tratta di cominciare a veder chiaro, a rimettere assieme
l‘insieme, senza semplificazioni, omissioni e sviste, se si tratta di mettersi
in mano consapevolezza utile e fidata, motore di libertà e di forza di vivere e
non di sopravvivere, ben venga il guastafeste, l’inconscio che non “dorme“,
che, pungolando e incalzando, non fa "dormire"! E’ un paradosso, ma
nemmeno durante il sonno l’inconscio tace, anzi profitta della resa della testa
ragionante e del silenzio della circostante fiera di cose e di eventi esterni,
per pensare, a voce alta, per condividere nei sogni con tutto l’essere i suoi
pensieri.
mercoledì 26 marzo 2025
L'ansia, il cammino stretto
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