Vivi un'esperienza di forte disagio interiore e presto
dai per scontato che ti sia nemica, che possa solo farti danno. Accade così che
ti rapporti al tuo sentire come a una cosa estranea, a un oggetto da
controllare, da mettere a tacere come se fosse un meccanismo malfunzionante, un
"sintomo" strano, che forse vorresti catalogato e etichettato (le
cosiddette diagnosi), eventualmente spiegato dal di fuori con qualche
ragionamento, sicuramente debellato in fretta. Cerchi qua e là qualche
accorgimento o stratagemma per riuscire a smontare, a liquidare il tuo sentire
in ciò che di disagevole ti propone. Se il tuo sentire, che ti accompagna in
ogni istante, ansie, tormenti e cadute di umore compresi e non esclusi, lo
sapessi far tuo, se lo intendessi come parte di te preziosa e irrinunciabile,
come cuore della tua esperienza, come tuo modo vivo di fare esperienza, di
percepire, di addentrarti, di prendere rapporto vivo con verità che ti
riguarda, come toccando con mano, come camminando a piedi nudi e
"sentendo" il terreno, come esponendo la pelle al contatto...ecco che
non potresti certo rifiutarti a nulla, nemmeno al dolore, a esperienza sofferta
o nell'apparenza strana, perché la ricerca della verità, perché la conoscenza
di te stesso, che voglia essere aperta e senza veli, non tollera che ci siano
preclusioni, non può sottostare alla regola, alla precondizione che tutto sia
agevole, rettilineo e roseo, che debba conformarsi a presunti svolgimenti
normali dell’esperienza. Insensato non è ciò che accade interiormente, ma è
bollare come abnorme e patologica la proposta del sentire quando non sta alla
regola del presunto svolgimento normale. La cosiddetta normalità è una
petizione di principio concepita da menti corte, che intendono la ripetizione e
la conferma del già noto come regola e il conformismo come guida, che dell’interiorità
e dell’essere individui sensibili e protesi a cercare il vero, a prenderne
consapevolezza (questo è ciò che anima il profondo), non sanno vedere e
concepire nemmeno l’ombra. Mi riferisco non solo al modo comune e diffuso di
pensare le questioni e le vicende interiori, ma anche a quello di non pochi, di
troppi presunti esperti e terapeuti della psiche. Qui torniamo alla questione
di partenza: quante volte senti dire che l’ansia è immotivata, che toglie, che
limita, che è eccessiva o patologica, che non dovrebbe esserci, che altro
dovrebbe esserci!? L’esperienza interiore, tutto ciò che accade nel
sentire dice, rivela, disegna nel vivo, evidenzia sapientemente, con incisività
e con precisione, le questioni da riconoscere, fondamentali e imprescindibili,
ancora ignorate, rende tangibili e cocenti verità via via da raccogliere e
vedere. Quel che serve non è combattere e pretendere di rimettere a norma ciò
che succede interiormente quando difficile, insolito e doloroso, ma imparare a
vedere dentro e attraverso l’esperienza interiore viva, serve dare fiducia alla
propria interiorità in ciò che propone, senza opporle veti e sospetti, serve
aprire gli occhi su ciò che porge, sempre e in ogni caso, imparando la
riflessione, che è capacità di vedere dentro e attraverso il sentire, di
ascoltare cosa dice nell’intimo un vissuto, un’emozione. Viceversa accade
spesso che anziché imparare a congiungersi al proprio sentire, che come piede
nudo messo a terra dice dove si è e cosa si sta percependo in quel dove della
propria esperienza, si cominci a sparare contro presunti cattivi modi di
sentire, a parlare di paure immotivate ed eccessive, oppure che si vada altrove
dal luogo vivo dell’esperienza intima per cercare nel passato qualche triste,
traumatica o problematica esperienza, con l’attesa di trovare là
l'origine di tutti i mali, come se ciò che si sta provando fosse la conseguenza
di qualche pena nascosta o spina dolorosa che perdura. Sempre a credere che la
normalità di presunti equilibri immobili sia e debba essere la regola, sempre a
pensare che se c’è disagio si sia vittime di un fastidio o di un torto, che si
patiscano gli effetti sfavorevoli di un danno, di una distorsione, casomai di
origine remota! Quando inizia e prende piede un malessere, un disagio, una
crisi, quando tutto interiormente si mobilita e si complica, è assai più
probabile che in quel che sta accadendo ci sia la volontà ferma del proprio
profondo di provocare un forte avvicinamento a se stessi, il superamento di uno
stato di scollamento dal proprio intimo e dal proprio sentire, di spingere per
un serio recupero di capacità di vedere e di capire, fondamento necessario di
autonomia e di capacità di autogoverno della propria esistenza, piuttosto che
si sia malcapitati in un brutto episodio e insano, in una parentesi negativa
della propria vita da trattare e da curare come malattia, da superare. La
volontà del proprio profondo, che plasma, che anima e che acuisce il sentire
tutto, anche quello che risulta difficile o doloroso, è di spaccare il guscio
vuoto di un modo di pensare e di procedere, pur in apparenza autonomi, in
realtà più di quanto non si voglia credere forgiati e regolati da adattamento e
da imitazione, con poco o nulla di proprio e di generato da sè, di spingere con
fermezza a uscire da una condizione di inconsapevolezza o di coscienza
accomodata e illusoria, a aprire gli occhi sul vero, a trovare, senza più
rinviare, le proprie risposte e ragioni d'esistenza, a comprendere e a
sciogliere i propri nodi, a coltivare e a veder nascere idee e aspirazioni
proprie e profondamente sentite. Oggi, per te che soffri, l'apertura al tuo
sentire, il recupero della tua capacità di avvicinarti a te, di non negarti a
ciò che vive in te, imparando a vedere dentro e attraverso ciò che provi, senza
esclusioni, includendo proprio tutto, anche se disagevole o in apparenza
"strano", è questione importante e decisiva. E' questione attuale
posta con forza dal tuo malessere. Nulla a che vedere con l'idea che il tuo
malessere sia una pericolosa trappola, una anomalia da sanare e da mettere
vittimisticamente in conto a qualcosa o a qualcuno del tuo passato
recente o remoto. E’ utile, anzi indispensabile che tu sia aiutato a renderti
disponibile a ciò che senti, senza preclusioni, a dotarti di capacità riflessiva,
che ti renda capace di attingere alla tua esperienza interiore viva,
comprendendone il significato, apprezzandone via via il valore, scoprendo che
puoi fidarti di tutto ciò che accade dentro di te. Ciò che manca a te e a chi
come te vive un'esperienza di malessere interiore e di crisi, l’ho detto in
molti miei scritti, è proprio questo: capacità riflessiva. La capacità
riflessiva, quella vera, di vedere, di saper riconoscere dentro il tuo sentire
cosa prende forma, che non c'entra nulla col modo abituale di intendere la
riflessione (confezionare sopra e sul conto dell' esperienza, di ciò che si
prova, interpretazioni e spiegazioni col ragionamento), ti potrà permettere di
dialogare con la tua esperienza viva, incluse quelle che finora hai chiamato o sentito
chiamare e catalogare freddamente, come fossero oggetti, come ansie, attacchi
di panico, fobie, depressione o altro. Trarre dalla tua esperienza interiore
viva il suo intimo significato, ciò che vuole rivelarti e dirti, questo ti
serve, ti può far crescere e darti unità con te stesso. Può farti uscire dalla
paura di te stesso, di ciò che senti. Sparare contro il tuo sentire con farmaci
o con altro, alimentando solo la tua insofferenza e la tua paura di ciò che,
intimamente e profondamente tuo, vive dentro di te, oppure fare del tuo sentire
solo il pretesto per fare lunghi giri di indagine e di ragionamento per trovare
ipotetiche cause, con l'intento di smontare ciò che vivo dentro te ancora non
sai ascoltare e comprendere, è ipotesi infelice, oltre che sterile. Demolire il
tuo sentire, risorsa preziosa e mezzo validissimo, anche quando sofferto e
disagevole, per avvicinarti a te, per riconoscere, facendone intima esperienza,
il vero, per capirti, per arrivare per questa via, lavorando su di te, a dare volto
tuo e spessore alla tua vita, non è certo il meglio che tu possa desiderare per
te stesso.
domenica 12 aprile 2020
Il tuo sentire
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