Come potrebbe esserci tregua dove tutto, al di là delle
apparenze, è irrisolto, dove la forma di vita cui si è attaccati è solo
illusoriamente propria? Paghiamo pegno a una parte di noi stessi, che
insopprimibile ci è radicata dentro, intima e profonda, il cui
"difetto" è di veder chiaro e di spingere tutto l'essere a vedere
chiaro, bucando le illusioni, una parte che non collabora a chiudere il cerchio
dell'inconsapevolezza. Se rischia di andare persa la comprensione del senso
della nostra vita, prima di tutto la chiara visione di come procediamo, senza
omissioni, oscuramenti e travisamenti di comodo, se in cambio di avere
una identità e un senso di valore e di scopo presi in prestito e sostenuti da
idee, da modelli e sguardo comuni, c'è la rinuncia a trovare noi stessi, a
formare una visione nostra, a coltivare e a concepire idee e progetto autonomi,
la parte profonda di noi stessi non tace, non rimane inerte. E' una parte che è
instancabile fautrice e anima del nostro essere individui veri e originali,
dotati di intelligenza, non al seguito e ammaestrata, non raffazzonata e
truccata per comodo, ma libera e esigente di sguardo proprio, di visione chiara
e approfondita, senza equivoci e autoinganni. Non è al traino di nessun luogo
comune, non cede all'illusione e alla voglia di considerare tutto composto e
risolto, ma ha a cuore il vero senza sconti, la costruzione non fittizia, ma
ben fondata e salda, di un proprio modo di intendere le cose, di far vivere con
la personale impronta un'esistenza che non sia paga di essere sistemata in
qualche casella già pronta, che non sia giustificata da nebbia di idee
preconcette e arrangiate razionalmente, tenuta su e consolidata da principi
incompresi e da pregiudizi. Ha i mezzi, del tutto inaspettati per chi, la
maggiornza, non ha neppure sentore di ciò che sa generare e promuovere, per
condurci a sviluppare pensiero vivo, nuovo, assolutamente veritiero, capace di
farci uscire dal solito giro di pensieri spiantati, siano essi semplici o
sofisticati. L'inconscio sa fare questo, sia attraverso il sentire, le emozioni
e gli stati d'animo, che indirizza e plasma, sia attraverso i sogni, autentici
capolavori di acume, di intelligenza. E' una presenza, che portiamo e che vive
dentro di noi, che, non acquiescente o di conforto all'andazzo corrente,
spesso non convalida i pensieri d'abitudine e coniati dal ragionamento, perchè
chiusi al vero, perchè spiantati, che complica la vita, ma per riaprire la
consapevolezza, per indirizzarla sui punti davvero cruciali, da riconoscere e
su cui lavorare. Con i sogni l'inconscio ci offre il meglio del suo
pensiero, che, se fedelmente inteso e fatto nostro, libera davvero la nostra
mente, la rende finalmente capace di comprendere. E' comunque, proprio perchè
va a sbattere contro la tendenza della nostra parte conscia a voler tutto
stabile nella forma già conosciuta e senza intoppi, una presenza scomoda quella
che nell'intimo e profondo portiamo dentro di noi e che non ci dà tregua.
Possiamo cercare di ignorarla, di tenerla ai margini, possiamo con arbitrio e
sufficienza svalutarla, salvo temerla inorriditi quando nell'intimo batte
duro e non dà tregua, possiamo giudicarla e fraintenderla, provare
a zittirla, a tenerla lontana evadendo da ciò che, spiacevole e arduo,
interiormente ci propone, possiamo tentare col supporto di luoghi comuni e di
esperti di scienza, che si pretende tale, svuotare le sue proposte e
invalidarle come non conformi e devianti da ciò che si considera sano e
normale, possiamo travisarle, non comprendendone affatto l'intento originale e
il senso, come segni di anomalia, come difettosi modi o disfunzionali, ma la
parte profonda di noi stessi non cede e non recede. Le crisi interiormente si
aprono e non chiedono permesso, le cosiddette ricadute, così definite da ottusi
preconcetti, si susseguono, perchè la parte profonda non rinuncia, non si fa
mettere in riga, perchè prova con insistenza a smuovere, perchè non accetta di
essere soppressa. Se ben intesa ci ridarebbe il senso delle cose, la visione
nitida e non truccata, non drogata da luoghi comuni, da ipotesi che ci mettono
quieti e ben allineati. Risponderle e corrisponderle è, rispetto al comune e
abituale modo di procedere e di intendere la vita, l'impresa più impegnativa e
audace e nello stesso tempo per nulla oltre il possibile, perchè a misura
dell'umano che vive in noi, capace di ridarci il seme dell'intelligenza, lo
spirito critico che a nulla cede e da nulla si fa rimbambire, di restituirci
spessore e statura di individui veri e originali in accordo, non con il comune
e solito, applaudito e conveniente, ma con il progetto e la spinta a generare
con cui siamo venuti al mondo. La parte profonda di noi stessi è la
nostra natura e il nostro potenziale più alto.
lunedì 13 aprile 2020
Cosa vive dentro di noi
domenica 12 aprile 2020
Il tuo sentire
Vivi un'esperienza di forte disagio interiore e presto
dai per scontato che ti sia nemica, che possa solo farti danno. Accade così che
ti rapporti al tuo sentire come a una cosa estranea, a un oggetto da
controllare, da mettere a tacere come se fosse un meccanismo malfunzionante, un
"sintomo" strano, che forse vorresti catalogato e etichettato (le
cosiddette diagnosi), eventualmente spiegato dal di fuori con qualche
ragionamento, sicuramente debellato in fretta. Cerchi qua e là qualche
accorgimento o stratagemma per riuscire a smontare, a liquidare il tuo sentire
in ciò che di disagevole ti propone. Se il tuo sentire, che ti accompagna in
ogni istante, ansie, tormenti e cadute di umore compresi e non esclusi, lo
sapessi far tuo, se lo intendessi come parte di te preziosa e irrinunciabile,
come cuore della tua esperienza, come tuo modo vivo di fare esperienza, di
percepire, di addentrarti, di prendere rapporto vivo con verità che ti
riguarda, come toccando con mano, come camminando a piedi nudi e
"sentendo" il terreno, come esponendo la pelle al contatto...ecco che
non potresti certo rifiutarti a nulla, nemmeno al dolore, a esperienza sofferta
o nell'apparenza strana, perché la ricerca della verità, perché la conoscenza
di te stesso, che voglia essere aperta e senza veli, non tollera che ci siano
preclusioni, non può sottostare alla regola, alla precondizione che tutto sia
agevole, rettilineo e roseo, che debba conformarsi a presunti svolgimenti
normali dell’esperienza. Insensato non è ciò che accade interiormente, ma è
bollare come abnorme e patologica la proposta del sentire quando non sta alla
regola del presunto svolgimento normale. La cosiddetta normalità è una
petizione di principio concepita da menti corte, che intendono la ripetizione e
la conferma del già noto come regola e il conformismo come guida, che dell’interiorità
e dell’essere individui sensibili e protesi a cercare il vero, a prenderne
consapevolezza (questo è ciò che anima il profondo), non sanno vedere e
concepire nemmeno l’ombra. Mi riferisco non solo al modo comune e diffuso di
pensare le questioni e le vicende interiori, ma anche a quello di non pochi, di
troppi presunti esperti e terapeuti della psiche. Qui torniamo alla questione
di partenza: quante volte senti dire che l’ansia è immotivata, che toglie, che
limita, che è eccessiva o patologica, che non dovrebbe esserci, che altro
dovrebbe esserci!? L’esperienza interiore, tutto ciò che accade nel
sentire dice, rivela, disegna nel vivo, evidenzia sapientemente, con incisività
e con precisione, le questioni da riconoscere, fondamentali e imprescindibili,
ancora ignorate, rende tangibili e cocenti verità via via da raccogliere e
vedere. Quel che serve non è combattere e pretendere di rimettere a norma ciò
che succede interiormente quando difficile, insolito e doloroso, ma imparare a
vedere dentro e attraverso l’esperienza interiore viva, serve dare fiducia alla
propria interiorità in ciò che propone, senza opporle veti e sospetti, serve
aprire gli occhi su ciò che porge, sempre e in ogni caso, imparando la
riflessione, che è capacità di vedere dentro e attraverso il sentire, di
ascoltare cosa dice nell’intimo un vissuto, un’emozione. Viceversa accade
spesso che anziché imparare a congiungersi al proprio sentire, che come piede
nudo messo a terra dice dove si è e cosa si sta percependo in quel dove della
propria esperienza, si cominci a sparare contro presunti cattivi modi di
sentire, a parlare di paure immotivate ed eccessive, oppure che si vada altrove
dal luogo vivo dell’esperienza intima per cercare nel passato qualche triste,
traumatica o problematica esperienza, con l’attesa di trovare là
l'origine di tutti i mali, come se ciò che si sta provando fosse la conseguenza
di qualche pena nascosta o spina dolorosa che perdura. Sempre a credere che la
normalità di presunti equilibri immobili sia e debba essere la regola, sempre a
pensare che se c’è disagio si sia vittime di un fastidio o di un torto, che si
patiscano gli effetti sfavorevoli di un danno, di una distorsione, casomai di
origine remota! Quando inizia e prende piede un malessere, un disagio, una
crisi, quando tutto interiormente si mobilita e si complica, è assai più
probabile che in quel che sta accadendo ci sia la volontà ferma del proprio
profondo di provocare un forte avvicinamento a se stessi, il superamento di uno
stato di scollamento dal proprio intimo e dal proprio sentire, di spingere per
un serio recupero di capacità di vedere e di capire, fondamento necessario di
autonomia e di capacità di autogoverno della propria esistenza, piuttosto che
si sia malcapitati in un brutto episodio e insano, in una parentesi negativa
della propria vita da trattare e da curare come malattia, da superare. La
volontà del proprio profondo, che plasma, che anima e che acuisce il sentire
tutto, anche quello che risulta difficile o doloroso, è di spaccare il guscio
vuoto di un modo di pensare e di procedere, pur in apparenza autonomi, in
realtà più di quanto non si voglia credere forgiati e regolati da adattamento e
da imitazione, con poco o nulla di proprio e di generato da sè, di spingere con
fermezza a uscire da una condizione di inconsapevolezza o di coscienza
accomodata e illusoria, a aprire gli occhi sul vero, a trovare, senza più
rinviare, le proprie risposte e ragioni d'esistenza, a comprendere e a
sciogliere i propri nodi, a coltivare e a veder nascere idee e aspirazioni
proprie e profondamente sentite. Oggi, per te che soffri, l'apertura al tuo
sentire, il recupero della tua capacità di avvicinarti a te, di non negarti a
ciò che vive in te, imparando a vedere dentro e attraverso ciò che provi, senza
esclusioni, includendo proprio tutto, anche se disagevole o in apparenza
"strano", è questione importante e decisiva. E' questione attuale
posta con forza dal tuo malessere. Nulla a che vedere con l'idea che il tuo
malessere sia una pericolosa trappola, una anomalia da sanare e da mettere
vittimisticamente in conto a qualcosa o a qualcuno del tuo passato
recente o remoto. E’ utile, anzi indispensabile che tu sia aiutato a renderti
disponibile a ciò che senti, senza preclusioni, a dotarti di capacità riflessiva,
che ti renda capace di attingere alla tua esperienza interiore viva,
comprendendone il significato, apprezzandone via via il valore, scoprendo che
puoi fidarti di tutto ciò che accade dentro di te. Ciò che manca a te e a chi
come te vive un'esperienza di malessere interiore e di crisi, l’ho detto in
molti miei scritti, è proprio questo: capacità riflessiva. La capacità
riflessiva, quella vera, di vedere, di saper riconoscere dentro il tuo sentire
cosa prende forma, che non c'entra nulla col modo abituale di intendere la
riflessione (confezionare sopra e sul conto dell' esperienza, di ciò che si
prova, interpretazioni e spiegazioni col ragionamento), ti potrà permettere di
dialogare con la tua esperienza viva, incluse quelle che finora hai chiamato o sentito
chiamare e catalogare freddamente, come fossero oggetti, come ansie, attacchi
di panico, fobie, depressione o altro. Trarre dalla tua esperienza interiore
viva il suo intimo significato, ciò che vuole rivelarti e dirti, questo ti
serve, ti può far crescere e darti unità con te stesso. Può farti uscire dalla
paura di te stesso, di ciò che senti. Sparare contro il tuo sentire con farmaci
o con altro, alimentando solo la tua insofferenza e la tua paura di ciò che,
intimamente e profondamente tuo, vive dentro di te, oppure fare del tuo sentire
solo il pretesto per fare lunghi giri di indagine e di ragionamento per trovare
ipotetiche cause, con l'intento di smontare ciò che vivo dentro te ancora non
sai ascoltare e comprendere, è ipotesi infelice, oltre che sterile. Demolire il
tuo sentire, risorsa preziosa e mezzo validissimo, anche quando sofferto e
disagevole, per avvicinarti a te, per riconoscere, facendone intima esperienza,
il vero, per capirti, per arrivare per questa via, lavorando su di te, a dare volto
tuo e spessore alla tua vita, non è certo il meglio che tu possa desiderare per
te stesso.
domenica 5 aprile 2020
Illusi di essere e di sapere
La pretesa di passare oltre, di trattare il malessere
interiore come il malaugurato ostacolo che impedirebbe di vivere, di esprimersi
compiutamente e di portare avanti validamente la propria vita, racchiude
la convinzione che tutto della conoscenza di sè e della propria crescita sia
già a buon punto, che non ci sia che da proseguire liberi da intralci
interiori. Gli intralci in realtà non sono guasti o blocchi negativi, non sono
espressione di insufficienze, di ritardi e di incapacità di procedere, non sono
disfunzioni e malfunzionamenti di un insieme che va solo rimesso a punto perchè
funzioni come potrebbe e dovrebbe, sono viceversa richiami e interferenze che
la parte meno illusa e ingenua del proprio essere, che la parte profonda di se
stessi, sta mettendo in campo per provocare una profonda e puntuale verifica e
revisione di tutto il proprio modo di procedere, per portare a sostituire una
visione illusoria di se stessi e della propria realtà con una fondata e vera,
una realizzazione apparente di sè, fragile e tenuta su da conferme
esterne, con una generata da sè, da coltivare e sviluppare senza trucchi
e vuoti, perchè sia autentica e salda. Si dà per scontato di aver già capito e
trovato identità propria, di sapere chi si è, cosa sia meglio per sè, ci si
attribuisce possesso degli strumenti e delle risposte che servono, si dà
credito in realtà a ciò di cui sfugge qualsiasi attenta comprensione, che
semplicemente si ripete per abitudine e per sentito dire, di cui non si sa e
non si vuole vedere la reale natura e qualità, il grado vero, verificato e non
presunto, di consistenza e di affidabilità. L'illusione di sapere e di
possedere le risposte e le soluzioni valide è sostenuta, è tenuta su da
modelli, da convincimenti e da principi comuni, da idee tanto diffuse da
considerarsi credibili, valide e capaci di definire ciò che è reale e normale,
inequivocabilmente. Nulla di scoperto e di compreso da sè e sulla stretta base
di ciò che l'esperienza, non quella limitata dei fatti e colta con osservazioni
di superficie, ma quella più intima, coinvolgente e vera, ha voluto, passo dopo
passo, rendere riconoscibile. Con la propria esperienza intima, testimoniata e
resa attuale e viva dal proprio sentire, dal corso dei vissuti, degli stati
d'animo, delle proprie vicende interiori, gli individui non hanno spesso nessun
legame e nessuna confidenza. Tutto l'intimo è guardato dall'alto in basso come
corteo di sensazioni affatto significative e valide nel saper dire e far
capire, snobbate come espressioni irrazionali, spesso fitrate e selezionate,
contrapponendo come positive quelle piacevoli a quelle giudicate negative
perchè dolorose e spiacevoli, con fuga da queste ultime, lette, interpretate,
non certo ascoltate e riconosciute nel loro intento e nel loro dire, a
piacimento per vederci ciò che fa comodo e marchiate come improprie se
deludenti le personali aspettative, addirittura squalificate come anomale o
malate se affatto in linea con i propri pregiudizi, di estrazione comune, circa
ciò che è ammissibile e normale. Non c'è dialogo con l'interiorità, tenuta in
subordine e guardata a vista, spesso resa oggetto di trascuratezza, di omesso
ascolto o peggio tenuta a distanza e rinnegata se ritenuta ostile e fonte di
danno perchè pressante e dolorosa. Evadere, svagarsi, fare appello al diritto
di stare bene, esaltare la leggerezza come condizione ideale, buttando via gli
"appesantimenti" che l'interiorità accortamente e mai per insensati
motivi propone e dona perchè ci si fermi a guardare attentamente dentro la
propria esperienza, dentro se stessi, sono modalità così diffuse, ricorrenti e persino
esaltate come ideali da cultura e da convincimenti comuni, che ciò che può fare
da fondamento a una consapevolezza e a una conoscenza vera di se stessi è
continuamente sabotato e scassato. Quanto dunque è affidabile la persuasione di
sapere già e di aver già chiaro chi si è e cosa va proseguito e perseguito,
persuasione che induce molti a sparare contro il malessere e la crisi interiore
di cui è portatore, come ostacolo da superare, come distorsione da correggere,
come espressione di disfunzionalità da emendare e rimpiazzare con risposte più
accordate con la pretesa di tornare a correre come e più di prima? L'deologia
della riuscita come pronta capacità di funzionamento fa sì che l'unico modo di
intendere la propria realizzazione coincida indissolubilmente con i modi
già intesi e applauditi, senza alternative. E' significativo che le stesse
correnti di pensiero e le pratiche che sono oggi così diffuse sul terreno
psicoterapeutico, che siano quelle di tipo cognitivo comportamentale o quelle
ancora più sbrigative della cosiddetta terapia breve strategica, non
casualmente di matrice e provenienza nordamericana (dove è molto consolidato e
spinto il principio e l'imperativo del non rimanere indietro, del non perdere
colpi nella corsa alla riuscita, al successo), nel loro cercare prima di tutto
la soluzione e il superamento del disagio interiore inteso pregiudizialmente
come modo disfunzionale e svantaggioso di intendere e di rapportarsi alle
esperienze, vadano sostanzialmente dietro e siano coerenti con questa visione della
realizzazione personale, così come presente nell'idea comune prevalente. Accade
così che si fraintenda, che senza esitazione e senza dubbi si giudichi
espressione di ritardo o di malfunzionamento, di impiccio dovuto a qualche
errore di apprendimento o a qualche infausto condizionamento familiare o
ambientale, ciò che interiormente ha ben altro significato e intento, ben altro
valore, utile a riportare l'individuo a se stesso e a dotarlo di capacità di
veder chiaro dentro se stesso, condizione indispensabile per non fare sciupio
della propria vita rincorrendo la cosiddetta normalità, cioè l'idea comune e
prevalente cui si consegna il compito di fare da guida e da orientamento.
Perchè alla visione illusoria, trainata e regolata da fuori, si sostituisca la
visione nitida e fondata, trovata col proprio sguardo dentro e attraverso se
stessi, è necessario rivalutare la propria esperienza interiore, il contributo
che la parte intima e profonda di se stessi sa dare, collocandola, come merita,
al centro del proprio interesse. Sarebbe saggio smettere di tenere in posizione
subordinata e ai margini o fuori dal proprio campo visivo la propria esperienza
interiore, esaltando scioccamente come sana la pretesa di andare via dissociati
da parte essenziale di sè, sarebbe provvidenziale per se stessi non insistere
nella pretesa e nella presunzione di risanare e di correggere la propria
esperienza interiore, quando in realtà è l'unica che, ascoltata e correttamente
intesa in tutte le sue espressioni, anche e soprattutto in quelle in apparenza,
solo in apparenza, anomale o insensate, saprebbe ridare le basi della
consapevolezza e della scoperta del senso della propria esistenza. Colpire ciò
che di sè non si conosce nel suo autentico significato e valore, col solo
intento di continuare a procedere a testa bassa, illusi di essere e di sapere,
non è scelta così saggia e promettente.