Le probabilità, dentro un'esperienza di
sofferenza interiore, di pensare subito al rimedio, al modo per superare ciò
che, senza dubbi e esitazioni, è inteso soltanto come uno stato negativo da
correggere, sono elevatissime. Sembra risposta sorretta da argomenti ovvi e
inconfutabili. Si dà per scontato che ciò che si sta provando sia il rovescio
di ciò che sarebbe auspicabile e normale. Gli stessi tecnici della cura e
esperti della psiche sono pronti, non certo in pochi, a offrire soluzioni per
mettere le cose a posto, vuoi prescrivendo farmaci, vuoi offrendo tecniche
d'aiuto che vorrebbero togliere e sostituire ciò che è penoso e che non
permette di procedere a cuor leggero, con qualcosa di più felicemente positivo
e funzionale a ritrovare quello star bene che si ha pena d'aver perso o di non
aver mai raggiunto. Terapie che vorrebbero risistemare le cose, togliere le
spine nel fianco, sconfiggere modi di reagire e di sentire giudicati
disfunzionali, che farebbero solo danno, che non avrebbero scopo utile e nulla
di valido da dire, che non saprebbero far altro che creare ostacoli e limitazioni,
pene inutili e superflue. Sarebbero solo il residuo di modi sbagliati di vedere
e di pensare, insomma scorie e difettosi modi di funzionare, casomai dettati da
cattivi condizionamenti educativi e culturali o da adattamenti a situazioni
sfavorevoli divenuti via via sconvenienti e controproducenti. Questo modo di
leggere l'esperienza interiore è conforme e parte di una visione dell'individuo
tutta a senso unico di marcia e piatta. Se non si sta in buon equilibrio
apparente, se non si procede in modo sciolto e senza freni e ostacoli
interni, bisogna adoperarsi per correggere gli attriti e le disfunzioni, perché
tutto giri a meraviglia. L'individuo deve usarsi al meglio e esprimersi come
serve per stare in buona armonia con l'esistente e con le idee di normalità e
di buon funzionamento comuni e prevalenti, questa la regola e il principio
della concezione piatta. La vita fatta e concepita con prioritario e unico
riferimento all'esterno, all'esistente, all'insieme organizzato e pensato,
confermandone, passivamente, il disegno, il linguaggio e i significati,
rendendo cruciali, essenziali i legami con altro e con altri, consacrando il
tutto come "la realtà", da non perdere mai di vista e con cui non
perdere mai contatto pena il rischio di sentirsi persi, psicologicamente come
senza guida e senza risorse, senza ossigeno da respirare, tutto questo delimita
e consente, senza alternative, la concezione piatta. Che l'individuo abbia
facoltà e necessità irrinunciabile, pena il rischio di non esistere come
soggetto, di vedere in proprio e riflessivamente (come guardandosi allo
specchio) ciò che sta facendo di se stesso, di cercare risposte su ciò che è
come individuo unico e originale e non fatto in serie, su ciò che porta dentro
se stesso, risposte non certo già confezionate e a pronto uso, ma da trovare, è
questione e esigenza fondamentale che spesso sfugge. Sfugge la necessità di
crescita personale, di sviluppo di autonomia non di facciata, ma sostanziale e
vera, che implica scoprire ciò che secondo se stessi e riconosciuto con i
propri occhi ha senso e valore, senza farsi imbeccare e imboccare da idee già
pronte e in corso, ma attingendo e mobilitando tutto il proprio potenziale
interiore, lavorando con attenzione, di concerto con la propria interiorità,
sulla propria esperienza, attivando il proprio sguardo e capacità di ricerca.
Ciò che più profondamente si sarebbe inclini a amare e a desiderare di far
vivere, ciò che davvero darebbe senso, valore e pienezza alla propria vita può
rimanere sepolto, inaccessibile, tirando dritto e seguendo la concezione piatta
dell'esistenza e delle possibilità che concede. Cercando di zittire col
malessere interiore anche la pressione della propria interiorità a prendere
visione del proprio vero stato e di se stessi, a sviluppare finalmente la
consapevolezza che finora non ci si è curati di formare, si finisce per pensare
e per muoversi nell'unica direzione che la visione piatta a senso unico
consente. Che l'individuo sia fatto oltre che di una superficie di volontà e di
capacità di pensiero razionale (che lavorando da solo, senza la guida del
sentire, più spesso di quanto non si creda, nella conoscenza di se stessi,
ricalca e rigira il già conosciuto, copre la verità anziché svelarla) anche di
una parte profonda, di gran peso e presenza, che nel sentire parla di continuo
e spinge al vero, che nei sogni offre occasioni di pensiero assai vicino e
corrispondente a se stessi, non ripetitivo di altro, aperture lucidissime di
sguardo riflessivo attento e affidabile, tutto questo sembra ignorato. Sembra ignorato
e sembra stare fuori dalla visione e dalla concezione sia di chi sente
malessere e che è alle strette con i richiami e con le pressioni della sua
parte profonda, sia di chi, non in piccola schiera, si offre come terapeuta. La
visione piatta vuole che tutto giri in un'unica direzione, nel verso del buon
regolare funzionamento, ignorando che il complicarsi della vicenda interiore è
espressione di un intervento della parte profonda che non vuole tacere, che
vuole richiamare l'individuo al compito di capirsi e di capire dove sta
conducendo la sua vita e dentro quali vincoli e modalità, di prendere atto di
quanto ignora ancora di se stesso e non ha ancora formato come capacità di
vedere e di concepire a modo proprio. Altro che disfunzioni! Ansia, attacchi di
panico, fobie o cadute depressive, grovigli ossessivi, tutte queste espressioni
della vita interiore hanno da dire e da richiamare a compiti di presa di
coscienza e di uscita da un modo inconsapevole, passivo, uniforme con altro,
incapace di mettere d'accordo il proprio pensare e il proprio sentire, un modo
spesso perdente e vano di spendere la propria vita, a dispetto delle apparenze
e del conforto di opinioni esterne a sé. Nel rapporto con la propria esperienza
interiore, nel modo di considerarla e di trattarla, c'è necessità di liberarsi
da automatismi di pensiero e di risposta, non importa se ampiamente condivisi,
che accecano e che portano lontano da se stessi, c'è necessità di affrancarsi
da una concezione piatta di se stessi e della propria vita, che accredita e che
spinge verso un presunto star bene, che umilia il proprio essere anziché
esaltarlo.
domenica 11 febbraio 2018
La concezione piatta
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