domenica 29 giugno 2014
Bloccati o zoppi per imparare a camminare
giovedì 26 giugno 2014
Le ragioni del malessere
Perché succede, cosa vuole questo malessere
interiore, questo tormento? Spesso chi lo vive lo tratta con preoccupazione
crescente e con insofferenza. Teme sia, oltre che un ostacolo, una minacciosa
presenza. Lo vive come un accidente sfavorevole, una sorta di corpo estraneo,
che lavorerebbe contro i propri interessi, pur così interno, intimo, addentro
il proprio essere. E' convinzione assai diffusa che il malessere sia provocato
o indotto da circostanze e da condizionamenti sfavorevoli, che sia la
manifestazione o la conseguenza di un meccanismo, fisico o psicologico, logoro
o guasto. Dirò subito che il malessere interiore, nelle sue diverse possibili
espressioni, tutte significative e da comprendere attentamente, è viceversa la
manifestazione di una forte, risoluta presa di posizione interna della parte
intima e profonda, che non vuol tacere, che vuole che la verità e l'attenzione
a se stesso diventino per l'individuo questioni centrali e esigenze
prioritarie. Pensa che sia un’anomalia, vuoi la manifestazione di un meccanismo
guasto, vuoi la conseguenza di un distorto modo di vedere la realtà e di
reagire, vuoi ancora una pena intima indotta da qualcosa, esterno a sè, nocivo,
risalente al passato o attuale, chi, pur con diverse spiegazioni circa il
presunto "guasto", concepisce la superficie come fosse il tutto.
Pensa al guasto e alla necessità della riparazione per la ripresa del normale,
chi pensa la modalità solita e presente di esistere e di procedere come l’unica
possibile, chi non comprende il malessere interiore come intervento e
espressione, non cieca, del profondo. Liquida sbrigativamente il malessere
interiore come disturbo e basta, chi pensa che emozioni, vissuti, sentire e
vita interiore, che tutto ciò che non è ragionamento e volontà, sia solo un
accessorio irrilevante e subalterno, un po’ colorito, ma poco o nulla
affidabile quanto a intelligenza e a capacità di dare orientamento. Nel nostro
essere il profondo, l'inconscio c’è e non è certo presenza di poco peso e
valore. Tutto ciò che accade nel nostro sentire e nel corso della nostra
esperienza interiore è governato, in modo mirato e intelligente, dal nostro
inconscio, è sua voce, non è affatto casuale, non è semplice risposta
automatica, riflessa a situazioni e a stimoli esterni. Che accada di sentire
inquietudine, timore e apprensione insistenti e pervasivi, persistente pena,
senso di fragilità, di vuoto, di infelicità e quant’altro definito come ansia,
depressione o altrimenti, non è frutto del caso, non è traduzione
meccanica di logorio subito, nè sgangherato modo di reagire, non è insana o
abnorme risposta, è viceversa lucida e consapevole, ferma e irremovibile
espressione di capacità e di volontà interiore e profonda, di una parte non
irrilevante di se stessi, di intervenire perché si guardi dentro di sè,
nell‘intimo vero, cosa sta accadendo della propria vita, perché non ci siano
stasi e assenza di consapevolezza, lontananza da se stessi e passivo
adattamento. Basta, con l'aiuto giusto, di chi sappia guidare ad avvicinarsi a
se stessi e al proprio mondo interiore, risolversi a cercare rapporto,
ascolto e dialogo con se stessi e col proprio profondo, basta risolversi a
dargli voce, a riconoscergli voce, senza squalificarlo in partenza come
dannoso, negativo o malato, perché il malessere, perchè l'intimo sentire faccia
ben intendere e vedere cosa sa, cosa riesce efficacemente e puntualmente a
evidenziare, a far conoscere di se stessi, a smuovere. Basta disporsi, come si
è aiutati e incoraggiati a fare dentro una buona esperienza analitica,
all’ascolto, aperto e disponibile, senza pregiudizi, alla ricerca del senso
piuttosto che del rimedio che spazzi via, con impazienza e ciecamente, tutta
l’esperienza interiore disagevole, per rendersi conto (sempre meglio via
via che dialogo e ricerca procedono), che non c’è guasto e meccanismo rotto,
che non c’è caos o irrazionalità dentro se stessi, che il malessere non è
maledetta sorte o accidente, patologia o altro, ma specchio per vedersi e per
capire. E' potente richiamo, invito fermo a lavorare su di sé, a prendere
coscienza di come si è e di come si procede, di ciò che manca, che va
finalmente costruito, che mai finora è stato cercato e costruito. Non ci sono
cause e responsabilità da cercare altrove da se stessi, in altro e in altri,
come odiosi impedimenti al proprio star bene, non c'è stupida incapacità di
vivere normalmente e felicemente, c'è semmai prima di tutto consapevolezza da
trovare, senza sconti e senza equivoci, del proprio stato attuale, verità anche
scomode da riconoscere e da non rimpallare. L'inconscio, sia con le tracce vive
del sentire sia coi sogni, non tace nulla e cerca l'intimo vero, il senso, non
usa nè pregiudizio nè camuffamento. L'inconscio, che richiama in modo così
forte l'individuo alla partecipazione al dentro prima che al fuori, esercita
una spinta formidabile, che, se saputa comprendere e condividere, offre visione
lucida e appassionata, consapevolezza profonda di sè e del proprio da mettere
al centro e a fondamento della propria vita. L'inconscio col malessere
interiore smuove e turba il quieto vivere per uno scopo riconosciuto nel
profondo del proprio essere come irrinunciabile: far vivere se stessi, il
proprio potenziale vero. Per realizzare questo scopo, non già in tasca e
traducibile in un attimo, come spesso si pretende, è necessaria una graduale e
profonda trasformazione. Ci sono fondamenta nuove da gettare, nuovo rapporto da
creare pazientemente con se stessi, nuove scoperte, originali e utili, anzi
essenziali, da fare dentro sè e col proprio sguardo, ci sono vicinanza al
proprio sentire, comprensione intima e unità d’essere con se stessi, mai
possedute e mai cercate, da trovare e rafforzare finalmente. Era sufficiente
infatti in precedenza, prima della stretta più decisa del malessere, andare per
la strada segnata, fare come si usa in genere e in genere si dice, bastava quel
riferimento comune, bastava un po’ di ordine mentale regolato dal ragionamento,
che chiarisce e oscura contemporaneamente ciò che fa comodo oscurare o che non
si comprende, bastava tutto questo per sentirsi a posto e "normali".
Capitava in realtà, non raramente, che il proprio sentire complicasse
l'esperienza, che inserisse elementi dissonanti, veri richiami per vedere le
cose più nitidamente, per non trascurare implicazioni, non certo dettagli insignificanti,
ma tutto questo lo si trattava come un inutile rumore di fondo, come fastidiose
interferenze di una parte emotiva "irrazionale". Era sufficiente
darsi un pò di quieto vivere, di adattamento, bastava variare qualche luogo,
abitudine o altro per convincersi che la questione decisiva per il proprio
"star bene" fosse solo la scelta delle circostanze e delle persone
giuste, delle opzioni esterne che avrebbero cambiato tutto per sè, deciso le
proprie fortune in bene o in male. Bastava un pò di allineamento al modello
comune, un pò di parvenza di buon funzionamento, di possesso delle cose o delle
espressioni ritenute in genere irrinunciabili o da molti apprezzate, non
importa se portandosi interiormente mille segnali diversi e incompresi, non
importa se senza mai sentirsi davvero su terreno saldo di consapevolezza, su
sostegno di desiderio profondo, di corrispondenza con se stessi.
Procedere in quel modo bastava alla parte di sé cosiddetta conscia, ma non
bastava di certo alla parte profonda, meno illusa dalle apparenze, meno
preoccupata di stare in linea e al passo con la normalità, meno timorosa di
perdere quel treno, più preoccupata di non perdere se stessi. Quel che sto
dicendo lo dico dopo lunga ricerca e dialogo col profondo, dopo aver fatto
cammino di ascolto e di ricerca con chi accompagno da oltre trent’anni nella
ricerca di comprensione della radice del perché, del senso e dello scopo del
proprio malessere interiore. Quando davvero gli si dà retta, come si fa in una
buona esperienza analitica, il profondo prende a dire subito il perché e il
senso del malessere. Bisogna ascoltarlo sia dentro il sentire, che il profondo
muove e orienta, sia nei sogni. Da subito nei sogni l’inconscio comincia
a far vedere dov’è la ragione del malessere e della crisi, da subito
conduce a vedersi allo specchio nel proprio modo d’essere e di procedere, da
subito comincia a evidenziare i nodi mai avvicinati, i vuoti, le illusorie
verità che non reggono, da subito, con grandi forza e fiducia, apre il cantiere
della costruzione del proprio originale modo di essere, di esistere, di pensare
e di progettare. E’ un cantiere dove serve fare un lavoro serio e paziente,
perché la normalità è maschera o vestito già confezionato che basta indossare,
mentre essere individui pensanti di pensiero e di visione propria e coerente
con se stessi richiede molto, molto di più e comprensibilmente. Si pensa la
psicoterapia e la si pratica spesso come officina di riparazione per tornare
normali, per trovare da qualche parte qualche ipotetica causa attuale o
preferibilmente remota, che avrebbe ingrippato il meccanismo. Non c’è, per ciò
che, pur difficile e sofferto, vive oggi interiormente, da cercare causa o
fattore avverso di cui si sia o si sia stati vittime, c’è semmai da comprendere
ciò che l’intimo sentire oggi dice e fa vedere di se stessi. C'è da
intendere ciò che la propria interiorità spinge, attraverso sentire e sogni, a
formare di consapevolezza, di pensiero proprio e di progetto, che finora sono
mancati e che sono prezioso e indispensabile bagaglio, per non perdere davvero
scopo e valore della propria vita. So che questa mia lettura del significato
della crisi e del malessere interiore, non filosofica o inventata, ma frutto di
esperienza e di confronto con l’intima esperienza e sofferenza, di dialogo e di
lavoro quotidiano col profondo, non coincide con l‘immediata attesa di molti
che vivono disagio interiore, che chiedono, come proprio bene, prima di
tutto l'annullamento del malessere e la normalizzazione, come so che non è
omogenea a modi assai frequenti di intendere la cura, il prendersi cura di chi
vive simili esperienze interiori. L’atteggiamento curativo, che, in apparenza
benevolo e favorevole, cerca il rimedio, che col farmaco vuole sedare o
mitigare, che con prescrizioni e suggerimenti vuole riplasmare i comportamenti
e le reazioni, abbattere "l'ostacolo" interiore o che va a caccia di
ipotetiche cause per costruire una sorta di spiegazione logica del perché del
malessere, per tornare a chiudere il cerchio, lasciando tutto, del procedere e
del rapporto con se stessi, come prima, rischia, malgrado le buone intenzioni,
di diventare una barriera, se non una vera pietra tombale messa sopra una parte
di sé intima e profonda, tutt’altro che malintenzionata, certamente non
compresa nella sua intenzione e non valorizzata nella sua capacità propositiva.
Rischia di perpetuare paura e incomprensione di se stessi, di ciò che vive
dentro se stessi, di bloccare sul nascere o di non favorire, come la spinta
interiore richiede, un necessario, utilissimo processo di cambiamento, di
rinnovamento. Prendersi davvero cura di sè significa aprire a se stessi e
scoprire che ciò che di sè si temeva può diventare la fonte, il fondamento
della propria salvezza, del proprio vero benessere.
lunedì 2 giugno 2014
A te, che vuoi capirti
Rigenerare il pensiero
Non c'è altro
mezzo per rigenerare davvero i nostri pensieri che non sia legarli a filo
doppio, di fedeltà e passione, al nostro sentire e non una tantum, ma sempre.
Quando i pensieri viaggiano scissi e distanti dal sentire intimo,
considerandolo casomai roba inaffidabile che non serve a capire o che toglie
lucidità al ragionamento, accade che o cerchino di fare acrobazie impossibili o
che, più facilmente, ricadano nel già conosciuto e in ciò che, unanimemente o
quasi, è considerato realistico. Il pensiero scisso dal sentire è anche quello
che, dando l'illusione di tenerne conto e di comprenderlo, non lo rispecchia
fedelmente, non lo segue con piena aderenza nei percorsi di ricerca e di verità
che, a volte scomodi e impegnativi, sa aprire, ma gli costruisce sopra e gli
ricama addosso ciò che fa comodo pensare, a tutela dei soliti equilibri e dei
più rassicuranti convincimenti. Non è un caso che il sentire dentro di noi
spesso alzi la voce e provochi. In genere la cosiddetta ansia e tutto ciò che
in svariati modi ed espressioni interiormente capita di patire, sono
considerati fastidi o malattia. Che siano l'invito, senza far tanti
complimenti, a mettersi finalmente con i piedi per terra, sulla terra dei
propri vissuti, richiamando attenzione e pensiero a occuparsi di esperienza
vissuta, di materia viva, tutt'altro che futile o astratta? Se ben ascoltati
l'esperienza interiore, il sentire, le emozioni, gli stati d'animo, tutti senza
esclusioni, dicono, tracciano percorsi vivi, propongono e in modo affatto
impreciso, sbilenco o insensato. Anzi sono davvero l'unica opportunità per
vedere e per vedere nuovo, non cessano mai di spingere e di condurre verso ciò
che va assolutamente conosciuto, pena il rischio di rimanere sospesi e in balia
del pregiudizio, di idee incallite e di comodo che non favoriscono certo la
propria crescita, di idee date per scontate, che il coro unanime o quasi
vorrebbe uniche e univoche. Senza idee fondate su di noi, guidate e alimentate
dal nostro sentire, coerenti con noi e in continuo divenire e crescita, finiamo
per non avere alternativa al pensare la vita come cosa già più o meno chiarita
e detta e per accodarci al "normale", di pensieri e scelte.