La vita interiore, il suo linguaggio, ciò che propone, lo
scopo che persegue sono ben altro e si collocano in tutt'altra prospettiva
rispetto al modo abituale e comune di considerare e di trattare l'esperienza
interiore. Frequentemente chi è investito da malessere interiore da un lato non
ha strumenti per capire ciò che la sua interiorità sta cercando di dirgli e di
condurlo a conoscere, dall'altro non si astiene dal sovrapporre e dall'imporre
a ciò che sente rapide spiegazioni e sbrigativi giudizi, che, riportando e
forzando tutto dentro schemi già noti, non sanno rispettare e comprendere il
significato originale e lo scopo di ciò che sta vivendo interiormente. Accade
così che da una parte l'individuo cerchi spesso in primo luogo di stare al sicuro
e nella conferma del suo modo di condursi e di pensarsi, ritenendo che tutto
interiormente debba svolgersi concordemente con le sue attese, senza sorprese e
"normalmente", mentre dall'altra la sua interiorità, la parte intima
e profonda di se stesso (che, pur non essendo affatto irrilevante, è in genere
misconosciuta nel suo valore e nella sua affidabilità) spinge invece per fargli
fare, attraverso tutto ciò che nel sentire mette in movimento all'interno del
suo spazio interiore, esperienza significativa che lo porti a aprire gli occhi
su se stesso, a conoscersi davvero, al di là delle apparenze. L'attività del
profondo, i segni della sua presenza sono incessanti. Se durante la notte,
quando non c'è nulla che distrae e che porta via, quando nel sonno la parte
conscia si ritrae, la parte profonda ha l'incontrastato prevalere e nei sogni
fa sentire la sua voce, offrendo perle di ingegno e stimoli a guardare dentro
se stessi, di giorno non cessa di far sentire la sua presenza, regolando stati
d'animo e emozioni e tutto ciò che il sentire propone. Il proprio sentire,
l'insieme degli svolgimenti interiori, tutto guidato dal profondo, vuole
indirizzare la consapevolezza, dare base e terreno valido su cui poggiare per
capire, per entrare nel vivo e nel vero della propria esperienza, per
riconoscere il proprio stato e modo d'essere. Anche se contrastante con le
proprie attese e preferenze, il sentire non dice cose assurde, anche se
spiacevole e fastidioso, non mostra segni di anomalia, parla con un linguaggio
che non è quello concreto e convenzionale. E' necessario imparare a conoscere
le particolarità di questa parte di se stessi, a comprenderne lo specifico
linguaggio, ben diverso da quello razionale, se si vuole far proprio ciò che
sta dicendo e che vuole far capire, se si vuole evitare di liquidare come
malfunzionante o disfunzionale ciò che non si ha capacità di comprendere nel
suo vero significato e valore. Per potersi avvicinare a se stessi e per non
rimanere sulla difensiva nei confronti della propria interiorità, per scoprire
che l'esperienza interiore difficile e sofferta non è una minaccia da
contrastare, una fonte di danno, bensì un contributo e una guida fondamentale
per capirsi e per crescere, si ha necessità di essere aiutati a comunicare con
se stessi. Ci vuole una mentalità diversa rispetto a quella solita e comune per
capire le vicende interiori, per non fraintenderle, per non correre il rischio
di ridurre tutto a questione di mancato funzionamento normale, etichettando ciò
che non rispecchia i canoni di presunta normalità semplicemente come
espressione di un guasto, come malato. Ciò che si spaccia per evidenza, l'idea
che ciò che è sofferto e spiacevole interiormente sia dannoso e contrario ai
propri interessi, svela solo l'incapacità di capire l'esperienza interiore.
Siamo individui complessi, fatti non solo di superficie razionale, ma anche di
vita e di intelligenza profonde. La parte profonda di noi stessi bussa, a volte
con molto vigore e insistenza, vuole farsi ascoltare, vuole coinvolgere tutto il
nostro essere, lo fa coi sogni, lo fa con vissuti e con esperienze interiori,
anche ben poco agevoli, come l'ansia, a volte con richiami potentissimi e
estremi come gli attacchi di panico, si tratta di imparare a ascoltarla e a
intenderla, a dialogare con essa. La parte profonda del proprio essere,
tutt'altro che primitiva, sprovveduta o cieca come si pensa sia tutto ciò che
non è di matrice razionale, non è curante di mantenere la corsa, di inseguire
l'adattamento, l'efficienza nel condursi avanti secondo i criteri resi scontati
solo perchè abituali e ricorrenti. Il profondo è curante di capire cosa si sta
facendo di se stessi e perchè, di aprire a tutto l'essere una simile
riflessione, di comprendere le proprie vere potenzialità, di rompere il legame di
dipendenza da altro che sembra dare le guide e i limiti, ma di fondare su basi
proprie di consapevolezza il proprio modo di procedere e i propri scopi.
Invocare come condizione positiva e ideale l'assenza di tensione interiore,
cercare di evadere da ciò che si sente giudicandolo anomalo e nocivo quando
doloroso e difficile, affidarsi a rimedi che allontanino e che mettano a tacere
ciò che si prova è come dissociarsi da se stessi, è come erigere un muro contro
parte viva di sè, che ha tutt'altra intenzione che di recare confusione e
danno, che ha ben altra e forte potenzialità e capacità di dare rispetto a ciò
che comunemente si pensa. Un percorso, quando ben fatto, di analisi serve
proprio a questo, non a rimettere tutto in riga per insistere nel solito modo
di concepire il proprio bene e il proprio procedere a senso unico, ma a trovare
capacità di incontro e di dialogo col proprio profondo, a intendere ciò che il
proprio sentire e i propri sogni sanno dire e guidare a conoscere in modo
aperto e senza veli di se stessi, a trasformare per non essere ciechi
ripetitori di senso comune e prevalente, ma creatori del proprio pensiero e del
proprio destino. E' un percorso che consente di scoprire, di toccare con mano
che, quando si impara a ascoltarlo e a comprenderlo fedelmente, non c'è fonte
di danno in tutto ciò che vive e si propone interiormente. Solo l'ignoranza, la
non conoscenza e la lontananza da se stessi, spesso sostenuta da presunzione di
sapere cosa interiormente sia ammissibile e non, normale e non, può fare danno,
serio danno.
mercoledì 28 aprile 2021
Non fa danno
domenica 18 aprile 2021
La vita interiore, capire senza preconcetti
E’
molto diffusa la tendenza a fare uso disinvolto e sicuro di diagnosi e di
autodiagnosi, unito all’idea di malattia, della sofferenza interiore come
disturbo e intralcio. Supporre malattia, dell'anima o del cervello, nei confronti di parte di sè con cui, volendo, procurandosi l’aiuto necessario e
utile, si potrebbe cercare incontro e dialogo, impegnativo, ma
possibile, credo sia l'equivalente della pretesa di capire un altro individuo,
di dirne, senza entrarci in rapporto e in ascolto. Voglio però ora considerare
non tanto ciò che accade a chi si ferma subito e confida solo nella chimica
come arma e correttivo del proprio sentire, che ormai tratta come presenza
nemica, come patologia da scacciare, salvo ritrovarselo cocciuto e ribelle
dietro ogni angolo e piè sospinto, non perché perfido, ma semplicemente perché
non ci sta a farsi imbavagliare e bistrattare. Voglio ora considerare quel che
può accadere a chi cerchi di avvicinare le cose in altro modo, a chi decida di
impegnarsi a capire. Anche qui accade non di rado che la scelta di capire
discenda e sia tutt’uno con la pretesa di scovare l’inghippo, la causa del
"male", il perché del patimento, che dovrebbe avere alle spalle
qualche esperienza e fattore avverso, qualche spina mai tolta. Si torna anche
in questo caso a supporre, a definire a priori, a pensare l’esperienza
interiore e lo stato ideale con preconcetto. L’approccio stesso all’esperienza
interiore, ai propri vissuti, al proprio sentire, risentono di un simile
preconcetto. Capita che l’esperienza interna e vissuta venga guardata
sbrigativamente, per andar presto a spiegare, a cercare ipotetici perché.
Questo è un modo assai frequente di procedere e di pensare, significativo di una
difficoltà, spesso di un vuoto d'esperienza di rapporto con le vicende
interiori e di ricerca. Seguire il percorso interiore, impegnarsi, accettando
il coinvolgimento pieno nell'esperienza interna, ad avvicinare senza
pregiudizio, ad ascoltare e a fare proprio quello sguardo intimo, è cosa
certamente inusuale, come lo è la capacità di riflessione vera. Spesso si
intende la riflessione semplicemente come rielaborazione e riordino di
pensieri; è già più raro che si intenda la riflessione come il sostare con più
attenzione sull'esperienza in corso, sull'esperienza vissuta. Anche in
quest'ultimo caso di fatto la riflessione spesso si traduce nel lavorio del
ragionamento, che, in separata sede rispetto al vissuto, al sentire, costruisce
ipotesi e spiegazioni sul suo conto, confeziona un vestito cui fare stare
dentro, adattare cio' che si sente, che interiormente si sperimenta. La
quadratura del ragionamento, unico appiglio per non ritrovarsi persi o in balia
dell'incertezza, spesso tanto offre momentanea quiete e dà apparente
soddisfazione quanto coincide, a starci ben attenti, con la sensazione di non
aver trovato vero incontro col sentire, di cui, malgrado il tentativo di
spianarlo o di metterlo in gabbia, si continua a percepire l'estraneità,
l'essere altro e potenzialmente ribelle rispetto al marchingegno della
spiegazione e del chiarimento costruiti, escogitati. Persino la psicoterapia e
il chiarimento o la presunta presa di coscienza che in essa si cerca e si
sviluppa, rischia non di rado, se affidata allo sforzo di spiegare facendo leva
su teorie già fatte e pronte e su sforzi o acrobazie del ragionamento, di
cadere nella stessa trappola. Purtroppo succede che rispetto a cio' che accade
interiormente si sia pronti e inclini in partenza ad applicare mezzi e strategie
per accomodare, per riportare le cose al dritto, supponendo di aver già chiaro
quale debba essere il verso giusto, normale delle cose. Frequentissima la
ricerca, attraverso lo scandaglio di esperienze del proprio passato, di
qualcosa che finalmente faccia trovare la presunta causa di tutto, del
"distorto" modo d’essere e di percepire, dello stato d’afflizione
interno che non dà quiete. Non appena all’orizzonte compare qualcosa che
verosimilmente potrebbe spiegare, giustificare, essere la chiave di volta, ecco
che finalmente pare d’aver trovato il perché liberatorio. Peccato che tutto
questo lavorio nasca e sia conseguenza di un preconcetto circa il significato
dell’esperienza e della sofferenza interiore, che tutto il lavorio di ricerca
si muova stando dentro riferimenti e pregiudizi soliti, che il chiarimento sia
più un ragionato, pur sottilmente, teorema, che una vera scoperta. La
sofferenza interiore non è affatto scontato, come invece pare ai più, che sia
sintomo, segnale di un danno patito, di cui, rintracciate l’origine e le cause,
ci si possa liberare, riportando così dentro se stessi quiete e equilibrio,
benessere. Spesso la sofferenza interiore è frutto e espressione di iniziativa
del proprio profondo, è rottura di equilibri, per generare qualcosa che non
c’è: prima di tutto avvicinamento a se stessi, capacità di capirsi, costruzione
di un proprio modo di vedere e di conoscere, che non ci sono, capacità, che non
c’è, di autogoverno, di farsi interpreti di sé, di avere pensiero e capacità di
condursi autonomi, che rompano con il sostanziale fare leva e rimasticare idee
e modalità comuni, con la dipendenza da convalida e da considerazione altrui,
con la dipendenza dall’offerta di soluzioni preconfezionate e percorsi segnati.
La sofferenza interiore è soprattutto proposta, specchio di verità per
conoscere se stessi e il proprio stato e modo di procedere, è pungolo e guida
di ricerca, inizio di ricerca e di trasformazione. Comprenderla non è facile,
ma offrendole ascolto e non pregiudizio è possibile. Purtroppo la ricerca e la
concezione della cura in ambito psicologico coincidono non di rado con
l'elaborazione di un'ingegneria di risposte e di soluzioni volte, protese dal
principio a mettere in ordine, a sistemare, a manipolare, a contrastare, correggere,
piuttosto che ad ascoltare e a capire veramente la vita e l’esperienza
interiore. In partenza e a priori l’idea che questo modo d’essere e di sentire
o corso d’esperienza interna sia anomalo, che quell’altro sia inopportuno, che
quest’altro ancora sia il più conveniente e giusto. Che presunzione! La psiche
pero' è fatta di espressioni continue che sfuggono, che non stanno dentro lo
schema, è fatta di ostinata intraprendenza e pressione profonde che non si
fanno zittire. L'interiorità che si presume di spiegare e all’occorrenza di
mettere in riga, dice, sollecita, produce, anche in modo disturbante o
dissonante rispetto a gusti o attese, torna a premere anche se inascoltata,
anche se, quando torna decisa a bussare, si parla di “ricaduta” di malattia. E’
raro che le si dia retta, che ci si impegni in un incontro disponibile e
attento con la propria interiorità, nel suo ascolto vero. Purtroppo è persino
possibile che ci siano esperti della psiche e della sua "riparazione"
che hanno avuto accesso più a libri e a insegnamenti, ad apprendimento di
tecniche, che, prima di tutto, al rapporto con la propria interiorità, con cui
non hanno avuto e non hanno esposizione, contatto, apertura vere. L'interiorità
apre percorsi, non casualmente, non disordinatamente o insensatamente, traccia
solchi che, se seguiti e compresi, se riconosciuti in cio' che dicono, che
mostrano, che rivelano, offrono la possibiltà preziosissima di avvicinarsi a se
stessi, di lavorare su se stessi, di vedere con i propri occhi cose importantissime
e di vitale importanza per sè . Se si impara a cercare l'intimo di cio' che si
sente, se si impara a lasciarsi prendere e segnare dal sentire e nello stesso
tempo a cercare di prendere visione di cio' che lì dentro, in cio' che si sta
provando, sta prendendo forma e si sta rivelando di se stessi, ecco che si fa
riflessione vera (come guardandosi dentro uno specchio), ecco che il dialogo
con sè, con la propria interiorità, con cio' che dice anche di sofferto,
comincia a ricomporsi. Non è facile, ma è possibile. Non accade in un attimo,
bisogna lavorarci tanto e a lungo, con pazienza e coraggio, con estrema cura.
Può diventare necessario e utile farsi aiutare a formare e a sviluppare questa
capacità di incontro e di dialogo con se stessi, con la propria interiorità da chi sappia farlo. Se si fa
questo si ha occasione di scoprire che l'interiorità, che la propria
interiorità dice, anima, rivela, crea, anche passando per percorsi insoliti o
accidentati, ma necessari, illuminanti, veri, opportuni, intelligenti. Si puo'
smetterla di fare ipotesi da fuori o congetture circa cio' che è o che vale la
sofferenza o circa le sue ipotetiche cause e se ne comprende la proposta, il
messaggio vero. Si puo' fare. Non c'è cosa che ho scritto che non venga da
rapporto con l'esperienza interiore, mia prima di tutto e d'altri con cui da
molti anni mi confronto, nel tentativo di sostenerne lo sforzo di aprirsi a se
stessi, di prendersi cura di se stessi.
domenica 11 aprile 2021
Accade che il tuo profondo scelga in modo diverso dalla tua volontà
Accade che il tuo profondo scelga in modo diverso dalla
tua volontà, che non concordi con il perseguimento di ciò che la parte di te
cosiddetta conscia vorrebbe ottenere, persuasa che l’ideale, che lo scopo da raggiungere
sia, ad esempio, quello di vivere libero da tensioni, da inquietudini giudicate
anomale e non dovute, insieme al possesso immediato della sicurezza, della
capacità di reazione pronta, di perseguimento dell'obiettivo che pare, per idea
tua e comune, valido e desiderabile, favorevole. Capita che alla parte di te
profonda non sfugga la necessità di un diverso modo, non apparente, non affidato
a guide e a conferme esterne, ma ben fondato su conoscenza profonda di te, di realizzare
te stesso. Capita che il tuo profondo non ignori del tuo stato presente e del
tuo modo di condurti i vuoti, la mancanza di scoperte di significato e di
valore tue, di un tessuto vivo di pensiero non dissociato dall’intima
esperienza, ma fondato su vissuti, su sentire, la necessità e la priorità di formarlo, di svilupparlo, perché essenziale,
non per dare prova, non per dimostrarti all'altezza delle comuni e abituali
pretese, ma per avere del tuo che ti guidi e sostenga, un tuo in cui tu creda e
in cui ti riconosca, che diventi modo di procedere, scelte e progetto che vuoi
realizzare. Oggi avere fiducia in te è quasi una pretesa, lo vivi come un
diritto, come se si trattasse di un'ovvietà, come se i giochi fossero già
fatti, come se un pò d'anagrafe e di esperienze fatte di per sè dovessero già
darti forza e maturità di risposta nelle diverse situazioni. Al tuo profondo
preme la sostanza, non cade vittima delle illusioni, se la fiducia in te va
fondata su reale possesso di risposte tue, guadagnate da incontro e da
confronto con te, da scoperta con i tuoi occhi di significati che abbiano
radice in ciò che vivi dentro l’esperienza, che senti, che non siano quelli
presi in prestito, già codificati e comuni, subito disponibili per essere usati
e rimasticati, ridetti senza capire alla radice nulla, ecco che il tuo profondo
non ci sta e vuole per te e con te un percorso, casomai più lungo e graduale,
più impegnativo, ma certamente più appassionante, oltre che promettente, per
conquistare capacità tua autonoma di pensiero e di scelta. Non è uno sfizio
questa autonomia, è la base per esistere, per non essere gregario rispetto a
principi e a idee comuni, per essere pensante e capace di concepire il tuo,
coerentemente con te stesso, è la base per sentirti appassionatamente
consapevole di ciò che dici e che ti proponi e libero di non infilarti nel
percorso segnato da altri e da altro, ma di intraprendere e seguire percorso
tuo originale e verso scopo tuo, da te compreso e concepito. Capita che il tuo inconscio,
che il tuo profondo ti neghi percezione di sicurezza e di fiducia, per
rifondarle su basi nuove, per non insistere nell'andare avanti con fiducia
fittizia e immeritata, non agli occhi altrui, ma ai tuoi. Capita che il tuo profondo
ti spunti l'arma della replica pronta, della parola e dell'affermazione
efficaci, per far sì che, tacendo, incassando la tensione, tu ti chieda cosa
quella domanda ha mosso in te, cosa significa dare risposta e alla ricerca di
che cosa, di tradurre qualcosa in cui credi davvero e che davvero comprendi e
puoi sostenere o sforzandoti solo di convincere altri, sventando cattivo
giudizio, meritando buona considerazione. Al tuo profondo preme la tua crescita
vera e sostanziale, non gliene frega di vittorie di pirro, di buone riuscite in
pubblico, di successi del cavolo, che non hanno sotto davvero la capacità di
concepire idee fondate e appropriate all’esperienza vissuta, di pensare
autonomamente e non di rimasticare roba incompresa. E’ una capacità che va
formata e sviluppata gradualmente, è la capacità di capire e di capirti, che si
fonda sul non tacerti nulla, anche se scomodo, è la capacità di formare
qualcosa di tuo, di tessere filo di pensiero tuo. La visione del profondo è
straordinariamente più saggia e lungimirante di quella della parte cosiddetta
conscia, che spesso, pretendendo di fare da sola, si fa bastare illusioni e che
è così incline al cieco aderire a modelli prevalenti, all'impazienza. L'ansia e
quant'altro che interiormente crea instabilità, che segnala crisi e che non dà
quieto vivere, vogliono proprio rilanciare la tensione del cambiamento,
mostrare crepe, invitare con forza, talora con prepotenza, come con gli
attacchi di panico, alla priorità dell'avvicinamento a se stessi, del lavoro su
se stessi, rispetto al cieco andare avanti con pretesa che tutto sia già a
posto. Quando coinvolti da disagio e da malessere interiore, è
frequentissima, come fosse reazione ovvia, la risposta vittimistica, fatta di
tutto un susseguirsi di lagne, di recriminazioni, di attacchi ostili all'ansia
e a quant'altro interiormente di disagevole vissuto, liquidato come
disturbo e squalificato come patologia, fraintendendone e ignorandone il vero
significato e valore di forte richiamo al compito di guardare dentro se stessi
e di formare quel che ancora non c'è: consapevolezza e tessuto umano e di
pensiero propri, unità con se stessi. Hai la responsabilità verso te stesso di
fare una scelta. Puoi continuare a metterti al riparo da dubbi, cercando
conforto nell'idea di malattia e di cura che tolga di mezzo, come fosse un
disturbo, ciò che interiormente ti coinvolge e non ti dà tregua o viceversa
puoi scegliere, raccogliendo l’invito e la proposta che origina dal tuo
profondo di prenderti davvero cura di te e delle tue necessità di crescita e di
trasformazione profonda. Puoi scegliere se impegnarti a costruire, col
contributo di chi sappia aiutarti a metterti in sintonia e in ascolto del tuo
profondo, a comprenderne il linguaggio e la proposta, le basi della tua vera
realizzazione, della tua, non apparente e illusoria, capacità di dire la tua
alla vita, di generare e di mettere al mondo il tuo o rivendicare, in nome di
un malinteso benessere, il rapido ritorno alla normalità e alla continuità
solita, a quello di cui disponevi e che eri prima che la crisi e il malessere,
che l'iniziativa del tuo profondo ti coinvolgessero.
martedì 6 aprile 2021
Le emozioni
Le emozioni chiedono di essere prima di tutto
avvicinate e comprese da chi le vive. Spesso prevale invece la pretesa e
l'attesa di dare loro espressione, come se non ci fosse altro scopo utile e
interessante che mettere fuori ciò che si prova, come se non ci fosse da
chiedere a se stessi, da perseguire altro che di avere coraggio o meno,
disinvoltura o meno di farlo. E’ ricorrente l’invito a non tenersi tutto dentro
di emozioni e stati d’animo, come se questo portasse solo danno o come se
andasse sprecato, se non espresso e messo fuori, il valore e il potenziale di
ciò che si prova. Le emozioni, gli stati d'animo, ogni moto interiore non ha
contenuto e significato banale, non è di evidente e immediata comprensibilità,
non è la copia e la ripetizione di altro analogo, di cui si presume di
conoscere già il significato. Ogni emozione, moto interiore, ogni vissuto ha un
significato e un intento originali e unici, ha un senso, vuole rendere
tangibile e riconoscibile qualcosa di vero di se stessi, mai scontato o
presumibile. Ogni momento e espressione della propria vita interiore, ogni
emozione interviene non casualmente, racchiude una proposta e un suggerimento
che ogni volta vanno intesi nel loro originale e unico, perciò ogni emozione va
avvicinata e partecipata intimamente da chi la vive e non prontamente liquidata
e messa fuori, va ascoltata con attenzione e senza impazienza perché sia
compresa. E' intelligenza assai fine quella del sentire, che vuole guidare alla
consapevolezza, nulla di vago e di aleatorio, di freddo e di meccanico, come
accade con i pensieri costruiti col ragionamento. Ciò che il sentire, ciò che
le emozioni e i moti interiori sanno svelare è molto vicino e corrispondente a
se stessi, è fondato, è vero. Scaricare, mettere fuori, liberarsi di emozioni a
volte difficili e non piacevoli è come sbarazzarsi di un che di prezioso, farne
solo uno scarto. Le emozioni possono essere usate, per compiacere, per attrarre
consenso, per ottenere vantaggi, possono essere enfatizzate o addirittura
manipolate o recitate per simulare ciò che piace, che stupisce, per coprire e
mistificare ciò che è più autentico. Sia che ci si voglia sfogare, che ci si voglia
liberare, scaricando ciò che interiormente pare sgradito, che malamente si
giudica a sè dannoso e insopportabile solo perchè risulta poco piacevole, sia
che si dia priorità all'istanza di manifestare e di esprimere il proprio
sentire rispetto a quella di custodirlo nell'intimo per ascoltarlo con
attenzione, per comprendere ciò che le proprie emozioni vogliono davvero condurre a
capire, si rischia di fare sciupio, di scaricare nei rifiuti, di banalizzare e
di fraintendere, di manipolare e di strumentalizzare qualcosa che viceversa va
saputo salvaguardare, rispettare e acquisire nelle sue autentiche forme e
intenzioni, valorizzare nella sua capacità di dire e far capire, riservandogli
la miglior cura e il più degno destino.