Le
nostre paure prima di tutto vanno tenute e avvicinate nel loro
spazio, nello spazio intimo, non vanno scaricate, non vanno a priori combattute e trattate come corpo estraneo, messe a distanza e giudicate, non vanno commentate senza dare loro ascolto. Le nostre paure ci prendono, ci
stringono a noi stessi. Le nostre paure ci vogliono dire e la difficoltà è quella di
ascoltarle, di raccoglierne il messaggio, la proposta. Non sono esperienza
solita. Non è impiegando il senso comune o chiudendosi nei
ragionamenti che si dialoga con le paure. Paure "irrazionali"
si dice assai spesso e, dicendo questo, si pretende di ridimensionarle e di negare loro dignità e valore. Certamente sono fuori dal quadro, dal modo di
esprimersi e di operare razionale. Non per questo le paure sono
insensate, incapaci di dire, inespressive, anzi! Sono testimoni di qualcosa di intimamente valido e vero, non sono mai infondate, sono non solo testimoni e segno, ma anche luogo di esperienza, di incontro e di riconoscimento di qualcosa di ignorato e sviato nel modo di condursi abituale, sono luogo di elaborazione e di ricerca. Sono dunque tramite e occasione per avvicinarci al vero che ci riguarda, che ci compete, per dare volto chiaro, per ritrarre
efficacemente ciò che abbiamo necessità di riconoscere, di fare
nostro, di capire. Il problema è la difficoltà, spesso l'incapacità
di esercitare la riflessione, la riflessione vera, mezzo e modo di porci in rapporto rispettoso, di aprirci cioè
all'incontro, al dialogo con la parte di noi stessi intima, che vive, che sente, che
accoglie, che elabora l'esperienza. Trattare in partenza come nemico,
come molesto, come ospite indesiderato, perchè spiacevole, perchè inatteso e incoerente o
dissonante con la visione e col programma razionali, ciò
che invece è parte di noi più sensibile, viva, attenta e partecipe,
può essere un grave errore. Ciò che sentiamo è ciò che ci è più
vicino, più aderente a noi stessi. Spesso invece siamo tentati di
trattarlo come un ostacolo, come un assurdo, come faccenda da regolare e da sanare al
più presto, da soli o con l'aiuto di qualcuno che inventi o ci
faccia applicare strategie per ricondurci nel solito rassicurante
senso-andazzo comune. Se è comprensibile che ciò che è ignoto e inusuale
faccia paura, assai meno comprensibile è che qualcosa di così intimo e proprio lo si tratti con pregiudizio, che lo
si voglia liquidare e estromettere senza appello. E' parte viva di noi stessi, parte tutt'altro che superflua o nociva. Il nostro sentire in genere, quello
che ci risulta molesto o che ci appare patologico ancora di più, punta
dritto a noi, ci parla di noi, non ci dà chiacchiera e non ci incoraggia all'evasione, ci dà indicazioni molto vere, importanti. Le nostre paure segnano il
percorso da seguire se vogliamo davvero conoscere, conoscerci. Se ci si cala sul terreno vivo segnato dalle paure, se si regge la tensione di un sentire non facile e non piacevole, se stando in rapporto e lasciandosi coinvolgere le si ascolta e comprende, ci si accorge che non sono limitanti, che non sottraggono possibilità, che non conducono alla deriva. Ci si può rendere conto che, a dispetto delle diffidenze iniziali, riescono a portare vicino alla consapevolezza che rende più vicini e in sintonia piena con se stessi, che rafforza. Ci si rende conto che, ben comprese e valorizzate, le paure non invalidano, non bloccano e non fanno smarrire la strada, ma ridanno orientamento e fanno trovare il proprio cammino, cammino di scoperte vitali e utili, cammino di ricerca, vivo, coerente con se stessi, sensato. E finalmente si arriva a vedere con i propri occhi, a scoprire, a pensare non astrattamente e, se su queste nuove basi si dice, si sa cosa si sta dicendo, perché si sta dicendo ciò di cui si è fatta intima esperienza e conoscenza.
domenica 12 maggio 2019
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