domenica 15 maggio 2016
Disturbo?
Ci complica la vita convivere con una parte di
noi stessi intima e profonda, che non rinuncia a interferire, a
intervenire nella nostra esperienza, dando segnali, plasmando
vissuti, che, scomodi e in apparenza inopportuni, vogliono però
perseguire uno scopo, in genere incompreso. Quando le risposte
interiori risultano deludenti o addirittura (in apparenza)
sciagurate e fallimentari rispetto a
attese di buona prestazione o di “normale” funzionamento, sono
subito esposte al rischio di squalifica e di rifiuto. Diventano ai propri
occhi, prima ancora che a quelli di altri, un
disturbo, un'insufficienza, soprattutto un ostacolo, un preoccupante
motivo di insuccesso. Se le cose sono viste unilateralmente dalla
parte conscia, se pensate e giudicate in un'unica accezione, in modo
univoco nel verso dell’ottenere risposte efficaci secondo principi
di pretesa normalità e di buona prestazione, le sensazioni provate,
come, per fare un esempio,
quelle di timidezza, di impaccio, di ansietà e paura in presenza
d'altri e particolarmente di figure ritenute d'autorità, sono
prontamente squalificate,
considerate solo come risposta difettosa e dannosa per i propri
interessi,
controproducente. In realtà risposte interiori e vissuti, niente
affatto sgangherati e frutto di malfunzionamento, di fragilità o di
storture nel modo di pensare e di funzionare, vogliono invece dare base
intelligente per capire, per capirsi. Ogni espressione del
sentire evidenzia, marca con vigore questioni su cui lavorare non
già per ottenere subito risultati funzionali, ma per capire in
profondità, per favorire, su basi realmente consapevoli, importanti
e profonde trasformazioni, robusti processi di crescita. Per rimanere
all'esempio di prima, per chi vive quelle cocenti sensazioni cosa c'è in gioco nel suo rapporto con gli altri, con chi
particolarmente occupa posizioni di cosiddetta autorità, quanta
dipendenza c’è dagli altri nel farsi indicare obiettivi e nel farsi
riconoscere abilità, qualità, meriti? Cosa copre e (malamente) sostituisce di mancante, di non cercato dentro
sè, di non generato da sè questa dipendenza? Quanta mancanza di
conoscenza di se stessi, quanta incapacità di guidarsi e di
legittimarsi nelle proprie scelte, c'è alla base di questa dipendenza
da
altri, quanta poca ricerca e esercizio del proprio sguardo c'è in
quell'incombere e dominare continuo dello sguardo e del giudizio altrui,
particolarmente se di persone comunemente considerate autorevoli? Non può e non deve, questo ciò
che anima il profondo nel suo dettare quelle risposte interiori, passare
inosservata e ignorata una simile
condizione di dipendenza, il cui prezzo è farsi tirare i fili,
dirigere e
definire da altri in ciò che si è e in cosa va perseguito e come. Se
sfugge di mano la consapevolezza della propria reale condizione e di come si procede, non si è
liberi, si va a testa bassa, casomai con la convinzione illusoria di
essere già sufficientemente maturi e arrivati a buon punto nel capire e nel
conoscere se stessi, nell'essere liberi e indipendenti nel definire i propri scopi. Se non si comincia a vedere
riflessivamente, come guardandosi allo specchio, il proprio stato e modo di procedere (senza travisamenti di comodo), si
rischia di rimanere ingabbiati in una condizione cieca, senza consapevolezza e senza verifiche,
casomai inseguendo altro dai propri veri scopi, tutti sommersi, ancora da
scoprire. Chi si è e cosa ha valore per sé, se non c’è convergenza
con se stessi per trovare lì, nell’incontro e nello scambio con la propria interiorità, chiarimenti e risposte, possono rimanere verità e
scoperte inaccessibili. Se la parte interiore interviene e
interferisce è per donare occasione di presa di coscienza, casomai
con più dispendio di impegno, di tempo e di energie per capire, del
semplice cercare di proseguire in buon ordine come si ritiene facciano tutti, ma
con la opportunità di attrezzarsi con chiarimenti e con risposte più mature e vicine
ai propri interessi. La scelta del profondo, che mobilita il
sentire, che detta le risposte interiori per ottenere lo scopo di
guardare dentro se stessi, di vedere nitidamente, senza veli, senza illusioni o
infingimenti, i propri modi di procedere è scelta assai più provvida e
fruttuosa
dell’incaponirsi a cercare subito "normali" e buone prestazioni (particolarmente in pubblico), del
trovare subito riscontri di buon funzionamento. Spingere a senso
unico nella direzione della normalizzazione non aiuterebbe certo a trovare intesa
con se stessi, anzi
rafforzerebbe il dissidio e l’incomprensione già presenti col
proprio
intimo e profondo. Il rischio è di non capire che ciò che si sente, anche se risulta arduo e non piacevole, anche se complica il procedere, è
espressione di una parte di se stessi che non vuole fare danno, anzi
tutt’altro, che vuole viceversa aiutare a trovarsi, a trovare, in
dialogo e d'intesa col prorio profondo, risposte proprie, a sviluppare
su questa base
forza e autonomia vere, a costruire capacità di autogoverno della
propria vita.
L'abitudine a pensare nel modo in cui si fa comunemente o dando
retta a presunte autorevoli fonti, a dare per scontati i significati, unita alla
mancata capacità di stabilire un rapporto con le proprie sensazioni,
vissuti, esperienze interiori che non sia il brutale mettere loro
addosso definizioni e giudizi di valore, senza concedere loro dignità,
senza prestare loro attenzione e ascolto, rischiano di rendere
incrollabile e inossidabile l'idea del disturbo, vera arma letale usata
contro se stessi e a proprio danno. Per sostituire modi sbrigativi di
sentenziare contro e sul conto del proprio sentire, come con l'idea del
disturbo, per aprire la strada del conoscersi e del capirsi dentro e
attraverso ciò che si prova interiormente, serve un lavoro nuovo e diverso dal solito dare spiegazioni col ragionamento, serve acquisire e sviluppare capacità di ascolto e
riflessiva per entrare in rapporto con la propria interiorità, per
rispettarla e per comprenderla in ciò che dice. Per trovare fondata
fiducia dove ora c'è timore e diffidenza verso ciò che si vive
interiormente, per aprirsi a uno scambio pieno e fecondo con la propria interiorità, per imparare a lavorare su ciò che i suoi richiami (nel sentire e nei sogni) indicano come i nodi da sciogliere, come i temi
vitali da approfondire, essenziali per favorire la propria crescita e autentica realizzazione, può rendersi necessario l’aiuto di chi
sappia accompagnare in una
simile ricerca, di chi non abbia in testa solo idee di
aggiustamento e normalizzazione, di pronta rimessa in efficienza.
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